Compie 15 anni la “Legge antifumo”, più conosciuta come Legge Sirchia, dal nome del suo promotore, l’allora Ministro della Salute Girolamo Sirchia, che sancisce il divieto di fumare nei luoghi pubblici, sensibilizzando l’opinione pubblica anche sui danni del fumo passivo. Nonostante questa legge, sono aumentate in Italia le malattie correlate al tabacco, in particolare BPCO, tumore al polmone e patologie cardiovascolari. Ad essere colpite sono soprattutto le donne, incallite fumatrici e poco propense a smettere.
Quante donne fumano realmente in Italia? Perché fumano e, soprattutto, perché non smettono? Per rispondere a queste domande la Fondazione Umberto Veronesi ha commissionato ad Astra Ricerche l’indagine “Le donne e il fumo in Italia”. La ricerca, che ha coinvolto un campione di 1.502 donne tra i 15 e i 65 anni, ha riportato dati allarmanti: dieci donne su 100 accendono almeno 16 sigarette al giorno; il 34.7% fuma 3 o più sigarette; il 9.7% fuma 1-2 sigarette al giorno. Praticamente fuma quasi la metà delle donne intervistate. L’abitudine al tabacco è più diffusa fra le donne mature (fuma la metà delle donne fra i 55 e i 65 anni d’età, contro il 39% delle ragazze sotto i 24), più al Sud che al Nord (fumano quotidianamente almeno 3 sigarette il 40% delle donne al Sud, il 35% al Centro, il 30% al Nord). Le intervistate delle Regioni meridionali dichiarano addirittura di fumare di più rispetto a 3 anni fa. Un terzo delle italiane fuma da almeno vent’anni. La metà delle fumatrici accende una sigaretta entro mezz’ora dal risveglio, il 67% entro un’ora; in generale gli indicatori di dipendenza dal tabacco si rivelano medi o alti per la maggioranza delle intervistate.
Perché fumano? Si inizia per provare, spinte dalla curiosità (58,5%) o per imitare gli amici (46,6%). E perché continuano? Le ragioni sono le più varie, ma sempre più fumatrici attribuiscono alla sigaretta proprietà antistress, la vedono come uno strumento per convivere con le tensioni della vita quotidiana (“mi rilassa, mi distende” 42,3%; “mi calma quando sono nervosa/arrabbiata” 37%). Smettere interessa alla gran parte delle fumatrici: l’85% dice che vorrebbe, ma solo il 32% la considera una priorità (soprattutto per le donne oltre i 55); ci hanno provato i tre quarti delle fumatrici, ma solo il 27,6% “con impegno”; fra loro, il 22% non ci è mai riuscita; il resto ha smesso, ma poi ha ricominciato, nel 31% dei casi addirittura dopo qualche anno. Chi è riuscita, nella maggior parte dei casi, non ha cercato il supporto di persone o prodotti specifici (72,8%), poco meno del 7% ha usato sostitutivi della nicotina, il 4,5% agopuntura o altri approcci non convenzionali, il 2,5% ha cercato un supporto psicologico, il 2% si è rivolta a un centro antifumo. Tredici su cento hanno sostituito la sigaretta con la sua versione elettronica. Perché non smettono? Soprattutto perché pensano di non riuscirci (quasi il 40%) o si sentono dipendenti; fra le giovani pesa il confronto con il gruppo; una donna su 10 (il doppio rispetto a dieci anni fa) ha paura di ingrassare se abbandona le sigarette.
«Le donne fanno più fatica a decidere di smettere, ma quando lo fanno sono più determinate», commenta il dottor Roberto Boffi, responsabile della Pneumologia e del Centro Antifumo dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. «Il motivo principale è la dipendenza dalla nicotina, un potente anti-stress molto gradito soprattutto dalla donna multitasking. Un’altra ragione della resistenza a rinunciare al fumo potrebbe essere la mancanza di esperienza diretta di malattie gravi nelle mamme e nonne, come invece è avvenuto per gli uomini. Sono infatti le 40-50enni di oggi le prime ad essere colpite da malattie serie come quelle cardiovascolari, la BPCO o il tumore al polmone, in effettivo aumento nelle donne».
«In particolare la prevalenza della BPCO nel sesso femminile sta aumentando più rapidamente che nel sesso maschile, soprattutto nelle donne giovani», puntualizza il professor Francesco Blasi, ordinario di Malattie Respiratorie presso il Dipartimento di Fisiopatologia medico-chirurgica e trapianti dell’Università degli Studi di Milano e Direttore della Pneumologia all’IRCCS Fondazione Cà Granda- Policlinico di Milano. «Negli Stati Uniti le ospedalizzazioni e le morti delle donne correlate con la BPCO hanno già superato quelle degli uomini. Probabilmente nelle donne si verifica una maggiore suscettibilità al danno da fumo, ma dobbiamo anche tenere presente altri possibili fattori come le dimensioni più ridotte del polmone, l’impatto degli estrogeni che amplifica gli effetti del fumo, la riduzione della funzionalità polmonare dopo la menopausa. In compenso diversi studi hanno dimostrato come sia migliore nel sesso femminile la risposta al trattamento con i broncodilatatori. Ecco perché è fondamentale una diagnosi precoce di queste patologie, per adottare al più presto una terapia efficace. Un metodo diagnostico fondamentale è la spirometria, a cui però ben poche persone si sottopongono». Per questo motivo, in occasione della Giornata senza Tabacco del 31 maggio, torna in Piazza della Scala, a Milano, la sigaretta gigante della Campagna «Spegni l’Ultima» e la mostra sui danni del fumo al corpo umano, «Cosa succede al tuo corpo quando fumi?». Il 31 maggio, dalle 10 alle 16, i fumatori potranno sottoporsi a una spirometria gratuita per verificare la salute dei loro polmoni.
di Paola Trombetta
“Spegnila e respira”: al terzo anno la Campagna di prevenzione nelle farmacie lombarde
Ha 50 anni, fuma 15 sigarette al giorno da 30 anni, ha un moderato indice di dipendenza da nicotina e nella maggior parte dei casi vuole smettere di fumare: è l’identikit del tabagista secondo i dati della Campagna “Spegnila e Respira”, promossa da Federfarma Milano, Lodi e Monza Brianza con la collaborazione dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, che ha elaborato i risultati dei test, della Fondazione Muralti e Adakta. L’iniziativa di screening ha coinvolto, dal 23 al 28 aprile 2018, le farmacie di Milano, Lodi, Monza e Brianza. «In pochi giorni sono stati compilati 1322 questionari da 689 donne e 633 uomini, di cui 986 fumatori, 252 ex fumatori e 84 non fumatori», ha spiegato il dottor Roberto Boffi. «Sono numeri importanti perché manifestano una chiara volontà dei cittadini lombardi di partecipare alle attività di prevenzione, uno degli strumenti più efficaci per combattere il tabagismo, che è il principale fattore di rischio per l’insorgenza dei tumori, e non solo di quelli polmonari. Per valutare lo stato di salute dei fumatori lombardi, sono stati utilizzati due questionari: il test di Fagerström, che ha consentito di stabilire il grado di dipendenza da nicotina, e il CAT, COPD Assessment Test, che ha permesso di valutare l’impatto della broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) sullo stato di salute del paziente. Dalle risposte è emerso che, tra i 986 fumatori partecipanti, 560 hanno una dipendenza moderata da nicotina, 303 una dipendenza alta; per quanto riguarda il CAT, quasi la metà dei pazienti (469) è stata indirizzata verso i Medici di Medicina Generale, perché il valore finale del test indicava una sospetta BPCO, da diagnosticare attraverso spirometria e una visita pneumologica approfondita. Il primo passo per smettere di fumare è essere consapevoli dei danni che le sigarette provocano alla salute», ha affermato Annarosa Racca, Presidente di Federfarma Lombardia. «Di qui l’impegno delle farmacie lombarde che hanno reso disponibili i test e indirizzato i fumatori, a seconda dei risultati, ai medici di Medicina generale e ai Centri Antifumo». Dai dati elaborati dall’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano è risultato che il 61% dei fumatori coinvolti esprime la volontà di smettere di fumare, e il 64% è stato indirizzato dai farmacisti ai Centri Antifumo di competenza, per guarire dalla dipendenza. P.T.