Alla nascita, intorno ai 2-3 anni, in età prescolare: sono queste le tre tappe per scoprire in tempo, correggere e proteggere la vista dei bambini. Perché, nel 60% dei casi, i difetti della vista o altre alterazioni sono diagnosticabili prima che il bambino metta la cartella sulle spalle e si sieda sui banchi di scuola, quando eventuali difficoltà visive, prevenibili, potrebbero invece manifestarsi o aggravarsi. «La visita oculistica alla nascita consente di rilevare alcune malformazioni, sia a carico degli annessi, cioè delle palpebre, che potrebbero mostrare un abbassamento superiore alla norma (ptosi) o dei bulbi che potrebbero non essere correttamente posizionati nelle cavità orbitali, sia difetti propri dell’occhio», spiega il dottor Antonio Mocellin, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Oculistica dell’Ospedale Vito Fazzi di Lecce e vice-presidente della SOI (Società Oftalmologica Italiana), che proprio in questi giorni (16-19 maggio) organizza il VI Congresso internazionale al MiCom, presso la Fiera di Milano. «Già in culla si possono manifestare difficoltà visive, associate a ipermetropia, cioè a un occhio più piccolo dell’altro, o astigmatismo. Un “mezzo” efficace per effettuare diagnosi più accurate, anche nei piccolissimi e nei neonati, è l’instillazione di poche gocce di collirio (se l’iride è perfettamente integro e non presenta anomalie), che dilatano la pupilla, per poter osservare eventuali problemi di cataratta congenita, anomalie del cristallino o alterazioni della retina». Da questa prima tappa preventiva per la vista non sono esenti neppure i bimbi prematuri, nei quali sarebbe necessario eseguire un esame del fondo oculare per rendere visibili anomalie del corpo vitreo, della retina e del nervo ottico. «Una delle patologie più gravi, oggi per fortuna rare, che può colpire i bimbi nati pretermine – aggiunge l’esperto – sono le ROP (Retinopatie del prematuro). Spesso negli stadi iniziali si risolvono spontaneamente, mentre nei casi più importanti richiedono un trattamento con il laser che consente di scongiurare il rischio di distacchi di retina e altre problematiche, causati proprio dall’immaturità della retina periferica».
I problemi di vista non si fermano all’età neonatale, anzi alcuni possono comparire nei primi 2-3 anni di vita. «A questa età – dichiara Mocellin – è possibile eseguire una visita più accurata che permette di diagnosticare, ad esempio, un difetto di vista di tipo ipermetropico, spesso associato ad altre anomalie della posizione dello sguardo, come gli strabismi. Questi ultimi possono essere corretti nelle forme accomodative con gli occhiali, prevenendo la comparsa di pigrizie funzionali, il cosiddetto occhio pigro. Una condizione che si sviluppa tra i 3 e i 6-7 anni, e si riferisce a una capacità visiva diversa tra un occhio e l’altro. Più semplicemente l’occhio destro vede meglio e quello sinistro peggio o viceversa». L’indicazione degli esperti è unanime e raccomanda di non “perdere di vista” alcun controllo nella pre-infanzia, perché è in età prescolare (e non scolare!) che i principali difetti visivi si fanno chiaramente vedere ed è sempre in quest’arco di tempo che vanno correttamente diagnosticati e adeguatamente trattati. Difetti che sono valutabili anche senza la collaborazione della lettura a distanza da parte del bambino. «L’oculista – aggiunge lo specialista – può infatti utilizzare specifici strumenti come i retinoscopi, gli autorefrattometri portatili, indolori per il bambino e preziosissimi per il medico. Tuttavia ci si deve rivolgere solo a figure competenti, come l’oculista o l’oftalmologo, soprattutto in questa fase così critica per la vista e non ad altre figure professionali improvvisate».
Oltre al calendario delle visite, esistono chiari segnali, facili da osservare anche da mamma e papà, che possono far “diagnosticare in anticipo” un’imperfezione della vista: sono postura e comportamenti. «Un bambino svogliato o disattento a scuola – commenta Mocellin – è spesso un alunno che vede male, senza trascurare i movimenti del capo che ha un suo “linguaggio visivo”. Ad esempio, l’assunzione di una posizione storta della testa tende a correggere un problema di astigmatismo, se troppo vicina al foglio spesso riferisce la presenza di una miopia, mentre un disallineamento dei bulbi, che rende difficoltosa anche la lettura, è indice di una ipermetropia». In età prescolare le visite devono avvalersi, quasi obbligatoriamente, dell’uso del collirio che dilata la pupilla: «Occorre infatti bloccare la grande capacità accomodativa di cui gode l’occhio del bambino – fa sapere ancora lo specialista – il quale facendo uno sforzo può annullare anche tre-quattro diottrie di ipermetropia, rischiando così di non diagnosticare difetti di vista ipermetropici rilevanti».
Dopo i tre anni, le visite devono proseguire con due altri appuntamenti importanti: uno in età scolare e l’altro adolescenziale. Due periodi nei quali può comparire soprattutto la miopia, un problema sempre più ricorrente e sviluppato nei giovanissimi, con maggiore attenzione per bambini e ragazzi, figli di genitori con problemi visivi. «I difetti di vista – precisa l’oculista – come un occhio troppo corto in caso di ipermetropia, o un occhio troppo lungo, in caso di miopia o una cornea con curve diverse sugli assi, hanno spesso alla base una componente genetica, che si tramanda di generazione in generazione».
E lo stile di vita? Conta anche quello! Ad esempio la tavola può dare una mano a mantenere la vista più buona, fin da piccoli: sono un toccasana abbondanti quantità di acqua e di frutta, così come una dieta varia e bilanciata che apporta vitamine, proteine e gli antociani contenuti in diversi alimenti soprattutto di origine vegetale, precursori di vitamine utili agli occhi, proteggendone il corretto sviluppo e la funzionalità visiva.
Non ultima una raccomandazione estiva. «Durante le vacanze, ovunque andiate – conclude Mocellin – fate indossare ai vostri bambini gli occhiali da sole, con buoni filtri solari marchiati CE: sono la migliore e la più efficace arma per proteggere gli occhi sia dalle radiazioni solari, soprattutto nelle ore calde della giornata (a cui i bambini non andrebbero esposti), sia da eventuali allergeni che potrebbero indurre in bambini predisposti a reazioni allergiche, quali le congiuntiviti allergiche. E infine, i cappellini con la visiera, poco amati dai bambini, eppure indispensabili per attenuare l’azione delle radiazione solari, anche nei confronti della cute palpebrale, della cornea e della superficie oculare».
di Francesca Morelli