Le donne italiane fanno poca contraccezione e non sono molto informate sulle soluzioni contraccettive, soprattutto quelle a lunga durata. Lo rivela l’indagine “Pulse Survey – Italy 2018”, commissionata da Bayer al Centro ricerca Epiphany Research e presentata i giorni scorsi a Milano, che ha coinvolto un campione rappresentativo di 600 donne dai 18 ai 49 anni. La conoscenza si limita a cinque metodi: preservativo, pillola, sistemi intrauterini, cerotto, anello vaginale. Molto basso il loro utilizzo: 13,9% i contraccettivi ormonali (pillola, cerotto e anello) e solo 2,3 % i dispositivi e sistemi intrauterini. Per fare il punto sulla conoscenza delle donne dei metodi contraccettivi e il loro utilizzo, abbiamo intervistato la dottoressa Manuela Farris, specialista in Ginecologia e ostetricia, consigliere della Società Italiana di Ginecologia dell’Infanzia e dell’Adolescenza (SIGIA) e membro della Società Italiana della Contraccezione (SIC).
Come si pone l’Italia a livello di utilizzo dei contraccettivi rispetto al resto d’Europa?
«Nel nostro Paese, solo il 14% delle donne utilizza un contraccettivo ormonale sicuro, contro il 23% della Gran Bretagna, il 30% della Francia, e addirittura il 40% di Belgio, Olanda e Paesi Scandinavi. In Italia il 34% delle coppie usa il preservativo e il 7% usa metodi naturali, incluso il coito interrotto. Allo scarso utilizzo dei metodi contraccettivi si affianca però una bassa percentuale di gravidanze, desiderate e non, un fenomeno difficilmente spiegabile».
Cosa chiedono le donne nella scelta di un contraccettivo?
«L’89% delle intervistate chiede che sia comodo e facile da usare, l’86% la garanzia di efficacia contraccettiva, l’80% la protezione da malattie infettive, il 73% che contenga bassi livelli ormonali; il 72% che non interferisca con il ciclo, il 67% che venga ripristinata la fertilità subito dopo l’interruzione. I due aspetti che preoccupano maggiormente le donne sono dunque la sicurezza sul controllo della fertilità e il timore di dimenticanze, che vengono totalmente scongiurati dall’uso dei dispositivi intrauterini, poco conosciuti e poco usati dalle donne».
A proposito dei dispositivi e sistemi intrauterini, esistono ancora falsi pregiudizi sul loro utilizzo?
«Molte donne conoscono solo la spirale al rame che viene ancora associata al rischio di infezioni. Ma non solo. E’ ancora diffusa l’errata convinzione che i dispositivi intrauterini possano mettere a rischio la fertilità e pertanto debbano essere utilizzati solo da donne che hanno già avuto figli. Il colloquio con il ginecologo annulla questi dubbi e crea nella donna la curiosità di sapere di più di questi dispositivi, alcuni dei quali sono in commercio da qualche anno, e di optare per questo metodo contraccettivo, pratico da usare, senza il rischio di incorrere in dimenticanze».
E’ da poco in commercio in Italia un nuovo sistema intrauterino che garantisce una sicurezza contraccettiva per 5 anni: di cosa si tratta?
«È un dispositivo intrauterino molto piccolo (3,8 cm) che rilascia 19,5 microgrammi di levonorgestrel, un progestinico che viene rilasciato localmente e impedisce l’ovulazione. A differenza di quello precedente, che contiene 13,5 microgrammi dello stesso progestinico, questo nuovo dispositivo ha un’efficacia di cinque anni, anziché di tre. Ovviamente se la donna decide di toglierlo, la fertilità si ripristina nel giro di poche settimane. Per questo viene consigliato come contraccettivo nelle giovani, che sono più a rischio di dimenticanze. Non sembra avere controindicazioni per le donne con problemi di trombosi venosa o per le fumatrici, né per le mamme che allattano. L’unica controindicazione è per le donne che hanno avuto un tumore al seno ormono-dipendente, per le quali si consiglia ancora la spirale al rame non medicata».
di Paola Trombetta