In Italia 127mila donne e 98mila uomini muoiono ogni anno per malattie del cuore, tra cui infarto, scompenso cardiaco e ictus, anche prima dei 60 anni. A livello mondiale, si arriva a un tasso di ben oltre 17 milioni di morti premature. Numeri “da infarto” quelli che sono stati diffusi in occasione della Giornata Mondiale del Cuore (che si celebra ogni anno il 29 settembre), a cui si associa la Campagna di sensibilizzazione e prevenzione per la salute del cuore, promossa dalla World Heart Federation e sostenuta in Italia dall’Associazione “Fondazione Italiana per il Cuore” (FIpC) e Conacuore, quest’anno in collaborazione con Regione Lombardia. Un dato è inconfutabile: gran parte dei casi le malattie del cuore sono prevenibili, adottando ogni giorno scelte di salute, come smettere di fumare (o non fumare affatto), fare esercizio fisico (muoversi per almeno 30 minuti al giorno, con attività fisica moderata, di tipo aerobico, per 150 minuti alla settimana), mangiare e bere in modo sano (ridurre il sale, l’alcool, i cibi grassi, gli zuccheri semplici, consumando invece 5 porzioni di frutta e verdura quotidiane). Azioni che indeboliscono il potere dei fattori di rischio modificabili, quelli associati ad abitudini voluttuarie. La prevenzione nasce “in embrione”, viene addirittura preparata dai genitori nei primi cento giorni di vita, quelli che vanno dal concepimento al compimento del secondo anno, con benefica influenza sulla salute dell’infanzia, dell’età adulta e senior. «Numerosi fattori ambientali, anche legati agli stili di vita possono modificare “epi-geneticamente”, in maniera positiva o negativa, alcune molecole che hanno capacità di influenzare la salute – spiega il professor Sergio Pecorelli dell’Università degli Studi di Brescia e Presidente della Giovanni Lorenzini Medical Foundation di New York. Se ciò avviene fin dallo stadio embrio-fetale e postnatale, queste modificazioni (buone o cattive) potranno persistere e avere un importante ruolo nello sviluppo di diverse malattie, prevalentemente cronico-degenerative, comprese quelle cardiovascolari».
Purtroppo, gli italiani, non solo non fanno prevenzione prima, ma neppure dopo. E neppure un evento cardiovascolare riesce a far modificare radicalmente lo stile di vita. Da un’indagine nazionale che ha riguardato quasi 800 pazienti con problemi di cuore, aggravati da ipertensione, diabete, arteriopatie periferiche e malattia renale cronica- importanti fattori di rischio per il cuore, insieme a obesità e dislepidemie – emerge che il coinvolgimento nella gestione della salute è un evento molto variabile. Ma c’è di più: solo il 38% di pazienti ad alto rischio mostra una buona consapevolezza della propria condizione e la capacità di mettere in atto concretamente comportamenti e stili di vita adeguati, compresa la maggiore aderenza alle terapie. Lo stile di vita da solo però non basta: deve essere affiancato da una “prevenzione cardiovascolare personalizzata”. «Oggi la medicina di precisione studia soluzioni diagnostico-terapeutiche su misura del paziente, valutando lo stato di salute, l’ambiente familiare e sociale, lo stile di vita, il lavoro e la condizione economica, lo status psicologico, alcuni parametri biochimici e il patrimonio genetico – aggiunge Paolo Magni dell’Università degli Studi di Milano e Associazione Fondazione Italiana per il Cuore. E’ stato dimostrato che strategie apparentemente più aggressive, anche in prevenzione secondaria, contribuiscono a ridurre sensibilmente la mortalità per cause cardiovascolari».
Un obiettivo che è stato pienamente condiviso dalla Regione Lombardia, con l’implementazione di programmi istituzionali integrati nel Piano Regionale della Prevenzione (Reti per la promozione della salute negli ambienti di lavoro; Scuole che promuovono salute; Promozione della salute del bambino e della mamma nel percorso nascita; Promozione di stili di vita favorevoli alla salute nelle comunità; Prevenzione della cronicità), che mirano a rendere sempre più consapevoli i cittadini su cosa si deve fare per proteggere la salute del cuore. In occasione della Giornata del Cuore, tante le iniziative come quella di Croce Rossa Milano che organizza la manifestazione “Prevenzione, il cuore della vita”. Si svolgerà da venerdì 28 a domenica 30 settembre in piazza Beccaria a Milano, all’interno di una cittadella della salute di 250 mq accessibile dalle ore 10 alle 19: tutte le persone potranno sottoporsi a un percorso di screening gratuito, effettuando test e analisi cliniche sotto la guida di medici e infermieri (esami rapidi del sangue, misurazione della pressione arteriosa e della saturazione periferica di ossigeno, elettrocardiogramma…) finalizzati a individuare i fattori di rischio per patologie cardiovascolari e a correggere stili di vita errati. Saranno previsti anche spazi per un “viaggio” all’interno del cuore, un’esperienza di realtà in 3D, oltre a giochi e laboratori per bambini (http://www.vita.it/it/event/2018/09/28/prevenzione-il-cuore-della-vita/4430/).
La Giornata Mondiale del Cuore aderisce alla campagna “25by25”, promossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che sollecita tutti i Paesi a mettere in atto alleanze e le migliori strategie per ridurre, entro il 2025, il 25% dei decessi prematuri causati dalle malattie croniche non trasmissibili come le malattie del cuore, dei vasi e delle patologie strettamente collegate, tra cui il diabete. Insomma agendo su più fronti -personale, istituzionale, locale – con iniziative di sensibilizzazione sparse sul territorio (a partire da settembre e nei mesi successivi), un impegno e una promessa (di salute) al proprio cuore, da condividere all’#World HeartDay.
di Francesca Morelli
“TAVI è VITA”, per conoscere meglio la stenosi aortica
È nato “TAVI è VITA”: un progetto ideato e realizzato da GISE (Società Italiana di Cardiologia Interventistica), in collaborazione con SIC (Società Italiana di Cardiologia) e SICCH (Società Italiana di Chirurgia Cardiaca), per sensibilizzare alla stenosi aortica, una problematica che interessa un milione di persone solo in Italia, di cui 10% oltre i 65 anni. Grave e invalidante, la stenosi aortica resta una patologia sottostimata e sottotrattata, che oggi ha nuove opportunità di intervento. Tra le tecniche più innovative c’è la TAVI (Transcatheter Aortic Valve Implantation, impianto transcatetere di valvola aortica), una procedura mini-invasiva che si esegue nella maggior parte dei casi senza anestesia generale, inserendo un impianto della nuova valvola attraverso l’arteria femorale, con un risparmio dei tempi di ricovero (la dimissione è dopo 3-4 giorni in assenza di particolari complicanze procedurali) e un guadagno per il paziente nel post-operatorio. Inizialmente destinata solo a casi non trattabili con la chirurgia tradizionale, è oggi indicata anche per i pazienti a rischio più moderato, con una prospettiva di migliore qualità e aspettativa di vita rispetto al trattamento chirurgico o alla sola terapia medica. Eppure i pazienti candidabili alla TAVI sono solo 80 ogni milione di abitanti, prevalentemente a causa di una mancata o (s)corretta informazione sulla tecnica da parte dei medici di medicina generale, primi referenti con cui il paziente condivide la scelta terapeutica migliore, oltre a ostacoli finanziari, organizzativi e di competenza esecutiva. «Se la stenosi aortica venisse trattata correttamente – ha concluso Francesco Musumeci, presidente SICCH – il paziente potrebbe tornare ad avere una vita normale, sia come qualità che come aspettativa». Da qui la necessità di far conoscere la TAVI e la stenosi aortica, oltre ai pazienti e familiari, anche a figure “istituzionali di riferimento”, con iniziative di sensibilizzazione sul territorio. Il Piemonte sarà la regione pilota, a cui seguiranno altre regioni, perché la vita di chi soffre di stenosi aortica nella TAVI può trovare una “valvola” di salvezza. F. M.