Cure personalizzate, sistemi di monitoraggio e dispositivi sempre più sofisticati, grande spinta alla ricerca e alla valorizzazione dei giovani talenti, e soprattutto un appello alla prevenzione: sono i temi del 54° Congresso dell’European Association for the Study of Diabetes (EASD) che si è da poco concluso a Berlino. Il diabete, hanno ricordato gli esperti, è una malattia gravissima, fonte di complicanze cardiovascolari, renali, respiratorie, che uccide nel mondo una persona ogni 7 secondi, e che in Italia, dove i colpiti sono circa 4 milioni, provoca ogni anno 75mila infarti, 50mila ictus, 10mila amputazioni, 50mila problemi alla vista.
Contro questi dati inaccettabili, la prima arma è la prevenzione. Un’arma ancora poco utilizzata per motivi culturali, sociali, perfino economici, visto che mangiare bene può non essere alla portata di tutti, ma comunque è possibile, risulta vincente e alla fine anche conveniente, se si considerano i costi della malattia a livello di SSN. Da qui l’annuncio del presidente della SID (Società Italiana di Diabetologia), Francesco Purrello, di voler organizzare al più presto una grande Campagna nazionale contro il diabete tipo 2 che coinvolga tutti gli attori in campo, dalle istituzioni agli operatori sanitari, dalle industrie ai pazienti, con iniziative d’urto come la detassazione delle palestre o la sovrattassa di distributori di bibite dolci e cibi spazzatura. «L’esperienza dimostra che le grandi campagne funzionano», precisa Purrello. «Quella contro il fumo, ad esempio, pur non eliminando le sigarette, ha cambiato radicalmente l’approccio italiano al problema. In Finlandia, proprio grazie ad una forte azione di persuasione, la modifica di alimentazione e stile di vita ha addirittura ridotto del 70% in 10 anni l’altissimo rischio cardiovascolare della popolazione. E negli ultimi quattro anni l’incidenza del diabete si è ridotta di circa il 15%. Stile di vita e riduzione del peso del 5-10% possono comportare benefici più duraturi, anche rispetto ai farmaci, che si mantengono con il passare degli anni».
Ma da Berlino arrivano novità anche sul fronte della ricerca e delle terapie, farmacologiche e hi-tech. Occorre investire sulla prevenzione, ma anche intervenire presto e bene con farmaci sicuri e meglio tollerati, e questo consentirebbe di evitare pericolosi abbandoni della terapia, tenendo sempre conto del quadro complessivo e delle esigenze personali di ogni singolo paziente. La nuova edizione delle Linee guida di ADA (American Diabetes Association) e EASD (European Association for the Study of Diabetes) contiene a questo proposito due importanti indicazioni: dopo la metformina (che resta il primo farmaco da utilizzare per il diabete2), è necessario indirizzare la scelta verso farmaci anti-diabete più sicuri, quelli cioè che non provocano ipoglicemia; e per questo le sulfoniluree vengono accantonate a favore di classi terapeutiche più moderne e sicure (inibitori di DPP-4, gliflozine, analoghi di GLP-1, pioglitazione). La seconda indicazione è che la terapia va personalizzata anche in base al rischio cardiovascolare eventualmente presente: in un paziente cardiopatico sono da preferire quei farmaci che nei trial clinici hanno dimostrato non solo di avere una buona sicurezza, ma anche di riuscire a ridurre il rischio cardiovascolare. «I farmaci per il quali, al momento, sono più solide le evidenze in questo senso sono empagliflozin e canagliflozin per gli SGLT2 inibitori e fra gli antagonisti del GLP-1 spiccano liraglutide e semaglutide (quest’ultimo non ancora in commercio in Italia)», afferma il professor Agostino Consoli, presidente eletto della Società Italiana di Diabetologia.
E, ancora: si fa sempre più largo la tecnologia, diretta a ottenere sistemi di monitoraggio glicemico, facili da gestire e “mirati” alla situazione di ogni singolo paziente. Fra le novità, l’annuncio di un progetto di intelligenza artificiale messo a punto dall’Università di Bari, in collaborazione con Roche Diabetes Care: lo sviluppo di un algoritmo che possa integrare tutte le informazioni derivanti dai monitoraggi glicemici e dalle reazioni ai farmaci, per aiutare il medico a scegliere terapie sempre più personalizzate. «Oggi il medico diabetologo si trova di fronte alla necessità di gestire in tempi brevi tutte le informazioni generate dal monitoraggio glicemico nei pazienti di tipo 2 e di considerare le caratteristiche di efficacia dei tanti farmaci disponibili per raggiungere l’obiettivo terapeutico desiderato», spiega il professor Francesco Giorgino, dell’Università degli Studi “Aldo Moro” di Bari. «L’algoritmo su cui stiamo lavorando con Roche riuscirà a mettere insieme tutte queste informazioni per offrire al medico diabetologo un quadro più chiaro della malattia del proprio paziente, così da poter gestire in modo sempre più personalizzato il monitoraggio glicemico e la terapia farmacologica».
Sul fronte delle iniziative di sostegno, prosegue l’impegno dell’EFSD (European Foundation for the Study of Diabetes), che in 18 anni di attività ha elargito oltre 100 milioni di euro per promuovere la ricerca in campo diabetologico e supportare la valorizzazione di giovani talenti. Per il programma “Mentorship” per i giovani, che punta a far crescere nuovi talenti affiancandoli a tutor internazionali, spicca il primato italiano, con tre premi su 5, mentre una novità è rappresentata dal programma “Future leaders”, messo a punto con Novo Nordisk Foundation, che assegnerà 4 premi all’anno ad altrettanti medici e scienziati di base, indirizzati verso la docenza universitaria, per un importo di oltre 600mila euro per la durata di cinque anni.
di Marilisa Zito
Maculopatia e retinopatia diabetica: pochi le conoscono e le curano
Lo confermano le allarmanti rilevazioni dell’OMS: il diabete è una malattia in forte crescita, tanto da rischiare di diventare una vera e propria pandemia, e con essa le sue complicanze, tra cui la maculopatia e la retinopatia diabetica che possono, a lungo andare, portare alle cecità. Per questo il Centro Ambrosiano Oftalmico (CAMO), in collaborazione con l’Ospedale San Raffaele di Milano, hanno promosso un sondaggio nazionale nel mese di settembre, realizzato da AstraRicerche, con 1.052 interviste su un campione di 50-70enni, tra cui 400 diabetici, per stabilire il livello di conoscenza riguardo a questa patologia. È emerso un quadro quanto meno desolante: scarsa conoscenza della malattia, dei comportamenti di prevenzione e totale ignoranza sulla necessità di seguire diagnosi precoci per la maculopatia e la retinopatia diabetica. Più del 40 per cento degli intervistati (addirittura il 30 per cento tra il campione dei diabetici) ignora una qualsiasi grave conseguenza del diabete. Solo il 23 per cento riferisce genericamente di danni agli occhi e il 16 per cento indica la cecità, ma solo il 6 per cento sa precisare, come conseguenze più gravi, la retinopatia e la maculopatia. Quando vengono approfondite queste due tematiche, il campione interpellato rivela imbarazzanti lacune e imprecisioni. «Alla luce di questi dati diventa fondamentale un’azione di informazione e soprattutto di diagnosti su tutto il territorio», commenta Lucio Buratto, direttore scientifico del Centro Ambrosiano Oftalmico, che ha promosso il sondaggio nazionale. «Insieme al professor Francesco Bandello, ordinario di Oftalmologia dell’Università Vita e Salute del San Raffaele, è stata programmata un’iniziativa di grande impegno sociale, il Mese della Prevenzione che dal 2 febbraio prossimo vedrà 25 centri di eccellenza in Italia a disposizione per visite e diagnosi gratuite su maculopatia e retinopatia diabetiche».
Paola Trombetta