Una nuova arma per il tumore al seno avanzato

«Il tumore non può certo essere considerato “un dono”, come ha di recente affermato Nadia Toffa, giornalista delle “Iene”, provocando non poche polemiche. È piuttosto un “momento” molto particolare nella vita di una donna, che incute sicuramente paura, ma anche coraggio, voglia di reagire per sopravvivere. E questo anche nei casi di tumori in fase avanzata. Io stessa ho sperimentato, pur in modo indiretto, questa situazione. E sono rimasta sbalordita dalla vitalità e dall’energia di una mia parente che aveva un tumore già diffuso».

La testimonianza di Valeria Mafera, pur vissuta indirettamente nella realtà, si concretizza direttamente sullo schermo come protagonista del cortometraggio “Tempo di vita”, per la regia di Stefano Landini, del Centro sperimentale di Cinematografia di Roma. Il personaggio da lei interpretato è Paola che scopre per caso, attraverso l’autopalpazione, di avere un tumore al seno a uno stadio già avanzato. Nonostante la paura e la sofferenza, prevale il coraggio. Rivaluta il senso della vita e alla fine arriva a brindare con la sua famiglia in una scena che, dal bianco e nero della paura, diventa tutta a colori. Un segno di speranza per tutte le donne che hanno ricevuto questa diagnosi. Con questo tumore si può oggi “convivere”, anche per tanti anni.
(Per visualizzare il cortometraggio, https://youtu.be/75HBHEn7RaQ )

In occasione della Giornata dedicata al tumore al seno in fase avanzata (13 ottobre), per fare il punto su questo tumore e sulle novità terapeutiche, abbiamo intervistato la professoressa Lucia Del Mastro, oncologa all’Università degli Studi di Genova, Ospedale San Martino.

In quale percentuale sono diffusi i tumori al seno in fase avanzata e quale la sopravvivenza?
«Ogni anno in Italia i casi di tumore al seno metastatico sono circa 12 mila, su un totale di 50 mila donne che si ammalano di tumore. Attualmente si calcola che nel nostro Paese vivano circa 40 mila donne con diagnosi di questo tumore avanzato, di cui il 70% hanno un tumore con recettori ormonali positivi e quindi possono beneficiare di un trattamento di tipo ormonale. Il tumore al seno è il più riscontrato anche nelle donne giovani: il 19% di tutti i casi riguarda infatti donne con meno di 50 anni. I dati di sopravvivenza nel tumore al seno in generale sono buoni: 87% a 5 anni dalla diagnosi, 80% a dieci anni. La mortalità è in diminuzione (-0,8% all’anno), anche per il tumore al seno in fase avanzata: in questi casi la malattia tende a “cronicizzare” e questo grazie ai nuovi farmaci sempre più mirati ed efficaci».

Tra queste terapie, l’ultima arrivata è Ribociclib, che sembra rivoluzionare il trattamento di questo tumore, con minori effetti collaterali e maggiore efficacia…
«Si tratta di un’opzione terapeutica in grado di aumentare l’efficacia dei trattamenti ormonali standard. Contribuisce infatti a rallentare la progressione del tumore: questo nuovo farmaco inibisce l’azione di due enzimi  le cicline chinasi dipendenti 4-6 che promuovono la proliferazione delle cellule tumorali. Ciò vuol dire avere a disposizione per queste donne un trattamento in grado di mantenere sotto controllo la malattia per un periodo di tempo molto più lungo rispetto a quello che era possibile ottenere con la terapia ormonale standard. Anche per i medici l’introduzione degli inibitori selettivi delle cicline chinasi dipendenti 4-6, come Ribociclib, rappresenta la possibilità di effettuare un trattamento caratterizzato da un’efficacia superiore che allo stesso tempo prevede una bassa tossicità, consentendo a queste donne di poter vivere una vita pressoché normale».

Quali i principali vantaggi di questa nuova terapia e gli eventuali effetti collaterali?
«La disponibilità di questi farmaci consentirà la riduzione dell’impiego della chemioterapia e degli effetti collaterali ad essa correlati. In aggiunta all’ormonoterapia, questo farmaco sembra garantire un’efficacia migliore della chemioterapia, senza particolari effetti collaterali: non provoca nausea e vomito, né la tanto temuta perdita di capelli. Potrebbe invece causare una lieve diminuzione dei globuli bianchi e leggere alterazioni del ritmo cardiaco: per questo si consiglia di monitorare le donne con un elettrocardiogramma periodico. Attualmente questo farmaco viene utilizzato nelle donne con tumore al seno ormonodipendente, in stadio avanzato, in associazione all’ormonoterapia. Non si esclude per il futuro anche la sua sperimentazione in fase precoce come terapia adiuvante dopo l’intervento chirurgico. Quello che ci aspettiamo dalle ricerche attualmente in corso è l’individuazione di marcatori in grado di predire in maniera molto precisa la sensibilità a tali trattamenti e quindi la possibilità di somministrare una terapia sempre più personalizzata, in base sia alla tipologia di tumore che alla tipologia di paziente».

Poiché il tumore al seno colpisce anche le donne giovani, quali vantaggi ha per loro questa nuova terapia? Questo nuovo trattamento interferisce con la fertilità?
«Ribociclib è stato studiato in maniera specifica anche nelle donne giovani con tumore mammario metastatico, dimostrando un’elevata efficacia in questo sottogruppo di pazienti. Un risultato che è particolarmente rilevante, in quanto queste donne, proprio in relazione alla giovane età, vengono oggi trattate con la chemioterapia. La dimostrazione che possono essere trattate efficacemente anche con terapia ormonale più Ribociclib vuol dire avere a disposizione un’opzione terapeutica a bassa tossicità ed elevata efficacia. Vale a dire un’opzione importantissima per donne in una fase della vita molto attiva, sia dal punto di vista familiare che sociale e lavorativo. Questa terapia consente infatti a queste donne di continuare a condurre una vita pressoché normale. Quindi un grosso guadagno sia in termini di quantità che di qualità del tempo di vita. Per quanto riguarda la fertilità non dovrebbe interferire, anche se nel caso di giovani donne con tumore in fase precoce, si consiglia sempre, per preservare la fertilità e poter realizzare un progetto procreativo dopo il tumore, di effettuare tecniche specifiche di preservazione della funzione ovarica, prima di iniziare le terapie antitumorali».

di Paola Trombetta

 

“E’ tempo di vita” si colora di viola

Accendere i riflettori sul tumore al seno avanzato e, soprattutto, sulle pazienti e chi sta loro accanto. Per farlo, sabato 13 ottobre, in quella che da tempo negli Stati Uniti è la Giornata di sensibilizzazione sul tumore al seno avanzato, verranno illuminati di viola diversi monumenti, tra cui la Torre dell’orologio di Palazzo Giureconsulti a Milano. E’ un evento che fa parte di È tempo di vita”, la Campagna nazionale di informazione e sensibilizzazione sul tumore al seno avanzato, promossa da Novartis in collaborazione con Salute Donna Onlus e la Società Italiana di Psico-Oncologia, con il patrocinio di Fondazione AIOM.

Il tumore al seno si definisce avanzato quando cellule provenienti dal tumore primitivo, inizialmente localizzato alla mammella, si sono diffuse in altre parti del corpo. Complessivamente sono circa 30 mila le pazienti malate di tumore al seno avanzato in Italia. Sebbene non si possa parlare di guarigione, grazie ai progressi della ricerca scientifica, oggi è sempre più possibile avvicinarsi alla cronicizzazione di questo tumore. Negli ultimi dieci anni i miglioramenti sono stati rilevanti grazie all’introduzione di nuove molecole efficaci, come la classe delle chinasi ciclina-dipendenti che stanno portando a un controllo sempre maggiore della fase di “sopravvivenza libera da progressione”, che va via via prolungandosi. Questi farmaci, in aggiunta alla terapia ormonale nelle donne con tumore al seno avanzato HR+/HER2-, hanno dimostrato di migliorare i risultati rispetto alla sola terapia ormonale e di prolungare la sopravvivenza. La campagna È tempo di vita” mette in campo una serie di strumenti concreti, come il sito web www.tempodivita.it, uno spazio pensato per offrire informazioni sulla patologia e per fornire strumenti utili per la sua gestione.Un decalogo sugli aspetti psicologici della patologia, messo a punto dalla Società Italiana di Psico-Oncologia, è disponibile anche nella versione di opuscolo a due percorsi di lettura, uno per il paziente, l’altro per chi le sta vicino, con consigli pratici per affrontare insieme la difficile esperienza del tumore. L’opuscolo è il primo di una collana dedicata al tumore al seno avanzato che nei prossimi mesi si arricchirà di altri prodotti editoriali. Sono state realizzate delle video pillole, brevi filmati disponibili sul sito, che forniscono elementi utili per comprendere i comportamenti da mettere in atto per evitare l’isolamento di queste donne. La campagna, nel 2018, ha avuto un intenso programma di incontri nei centri italiani di oncologia, con il coinvolgimento delle due figure chiave dell’oncologo e dello psico-oncologo, per guidare pazienti e famiglie a convivere con la patologia.  P.T.

 

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