Nella ricorrenza di San Valentino, dedicata a tutti coloro che amano, una buona notizia “riscatta” i tanti mariti, conviventi, compagni, figli, ma anche amici e fratelli che, nell’85% dei casi, non si defilano davanti alla diagnosi di tumore delle loro donne, ma le seguono e le assistono durante il percorso di cura. Il dato emerge, a sorpresa, dall’indagine “Il ruolo del caregiver maschile durante il periodo di cura oncologica femminile”, promossa da Salute Donna Onlus e Salute Uomo Onlus, con il patrocinio di Fondazione AIOM e CIPOMO e il contributo incondizionato di Amgen.
Lo studio, il primo e unico nel suo genere in Italia, ha voluto indagare come vivono e hanno vissuto le pazienti con tumore, durante e dopo la malattia, quali persone le hanno assistite, focalizzando l’attenzione sul caregiver maschile. La ricerca che ha coinvolto 422 pazienti oncologiche, con età media di 56 anni e diagnosi di tumore al seno nel 63% dei casi, afferenti a 11 Centri distribuiti sul territorio nazionale, ha smentito lo stereotipo dell’uomo in fuga di fronte al tumore che colpisce la donna. La figura maschile è invece una costante nel racconto delle donne, una presenza che cresce nei diversi momenti del percorso oncologico: raggiunge il 65% alla diagnosi, sfiora il 92,5% al primo intervento per crescere, fino al 93,5%, al secondo intervento.
Fondamentale è dunque il supporto del caregiver maschile nelle diverse fasi della malattia. L’uomo aiuta la donna ad affrontare le attese, le incertezze (68,2%), a sopportare gli effetti collaterali delle terapie (65,1%); è l’uomo che decide ciò di cui la donna ha bisogno (64,2%) ed è ancora lui a dare un senso a quello che la paziente sta vivendo (57%). Ma l’uomo, che sia coniuge o convivente, figlio o amico, placa l’ansia e le paure, alleggerisce l’atmosfera in casa, pensa a migliorare l’alimentazione e lo stile di vita, si affaccenda per trovare i medicinali e risolvere la questioni lavorative e burocratiche, si fa carico dei lavori domestici e della spesa.
«Troppo spesso abbiamo ricevuto dai media il messaggio che gli uomini non sarebbero abbastanza presenti quando le donne si ammalano», dice Annamaria Mancuso, Presidente Salute Donna Onlus. «Per capire come stanno veramente le cose abbiamo deciso di promuovere una ricerca focalizzata sul caregiver maschile in Oncologia, indagando diversi aspetti dell’assistenza. In primo luogo, la presenza della figura maschile nel percorso di cura della donna; poi in quali fasi di questo percorso l’uomo è accanto alla donna e, da ultimo, come vivono la malattia le pazienti e da chi si sentono più supportate. Il dato più bello e interessante è la presenza costante di un caregiver maschile durante il percorso diagnostico-terapeutico della paziente, che proprio da questo sostegno trae più forza nell’affrontare la malattia e i trattamenti. Nella dura battaglia contro il cancro femminile vince ancora la famiglia».
Metà del campione dell’indagine ha ricevuto una diagnosi di tumore negli ultimi due anni; trattandosi di donne, prevale come numerosità il cancro della mammella (63%), mentre il restante 37% è affetto da altre neoplasie (ovaio, utero, colon retto, tumori del sangue, melanoma, mieloma). La maggior parte delle donne del campione ha un’età media di 56 anni; tante le pazienti sopra i 65 anni (28,4%), elevata la percentuale delle giovani donne sotto i 45 (27,5%).
«Il caregiver, ovvero la persona che accompagna e assiste la paziente con tumore, ha un ruolo chiave all’interno del nucleo familiare, ma è importante anche per gli oncologi che curano la persona malata – sostiene Mario Clerico, Presidente CIPOMO. Ricordiamo che la storia del malato oncologico è strettamente connessa alla sua vita, al suo contesto familiare, sociale ed economico. I risultati emersi dalla ricerca sono confortanti e confermano ciò che noi clinici osserviamo nella pratica quotidiana: la presenza e l’affetto nella maggioranza dei casi dell’uomo verso la propria compagna in difficoltà».
L’indagine rivela inoltre che per una minore percentuale di donne (15%) il principale caregiver è femminile (madre, sorelle, amiche) e che a volte la paziente preferisce non coinvolgere il marito/compagno per motivi di tipo psicologico (non accetta la malattia, non è in grado di sostenere il peso emotivo), di salute o lavorativi. Un dato questo che rivela come sia ancora più importante il lavoro delle Associazioni pazienti e di Salute Donna Onlus nel supportare le donne malate.
«Essere vicino nel momento della diagnosi di tumore, nel percorso di cura lungo e fatto di tante attese, essere vicino quando ogni esame è un enigma sul futuro del malato, godere della guarigione oppure continuare il percorso in una malattia cronica, sono momenti che rendono arduo il compito del caregiver», commenta Alessandro Comandone, Consigliere Fondazione AIOM. «Oggi, con l’invecchiamento della popolazione, assistiamo a due fenomeni un tempo meno frequenti: l’uomo che assiste la donna o entrambi i membri della coppia ammalati di patologia cronica che si assistono reciprocamente e che rischiano l’abbandono, soprattutto se non hanno figli o se questi sono lontani. Si tratta dunque di introdurre una nuova cultura del “sapere curare” e del “sapere stare vicino” al proprio coniuge o partner malato».
La ricerca fa emergere un profilo di donna molto forte/forte (90%), in grado di affrontare il momento della diagnosi e la malattia con grande forza d’animo e fiducia, che aumentano nelle pazienti con accanto un uomo (marito, convivente, figlio o amico) e in quelle che lavorano. Appaiono più fragili le donne single, le donne prive di una rete amicale e familiare, le donne che non lavorano. Dall’indagine emergono altri dati importanti: tra i fattori che trasmettono alle donne malate il coraggio necessario per affrontare la malattia ci sono i figli (28,5%), la fede e la preghiera (17,5%); la spinta a non arrendersi arriva anche dai nipoti, dal voler veder crescere i figli piccoli, da viaggi e hobby, dalla famiglia e dagli amici, dai medici e dalla ricerca scientifica e, non ultimo, dalla speranza di guarire.
«L’esperienza comune e i dati di numerose indagini ci dicono che sono soprattutto le donne ad assistere familiari malati, figli, partner o più spesso genitori non autonomi», spiega Paolo Colombo, Research Manager dell’Istituto Doxa. «Questa indagine, al contrario, ci mostra quello che accade quando è la donna a dover ricevere aiuto e assistenza. È confortante sapere che nella grande maggioranza dei casi le pazienti non vengono lasciate sole, ma ricevono dal caregiver maschile il supporto necessario per affrontare la malattia con maggiore forza e determinazione. I dati emersi dall’indagine hanno permesso di dare evidenza a un aspetto importante e non ancora esplorato del percorso di diagnosi e cura delle donne con tumore. Doxa non sarebbe mai riuscita a condurre lo studio in tempi così brevi, un anno e mezzo, senza la collaborazione di Salute Donna e dei suoi volontari che sono stati abilissimi nel coinvolgere i Centri oncologici, i medici e le pazienti».
di Paola Trombetta