Per chi ha un disturbo dell’udito, comunicare con gli altri è come leggere senza occhiali per un miope. Il World Hearing Day 2019 (Giornata mondiale dell’Udito), che si è celebrata domenica 3 marzo, ha posto l’accento sullo stretto legame tra udito e relazioni sociali, sottolineando la necessità di controllare periodicamente le proprie funzioni uditive, per mantenere una vita sociale attiva. Un tema di grande attualità, considerando che nei prossimi 30 anni le persone con un calo dell’udito raddoppieranno e dai 466 milioni di oggi arriveranno a 900 milioni.
La centralità dell’udito nei rapporti relazionali è confermata anche da un recente studio italiano pubblicato su Human Brain Mapping: il deficit uditivo, anche non grave, si associa a una riduzione del metabolismo cerebrale proprio dove si origina la percezione uditiva. Ciò significa che un disturbo dell’udito, non solo rende difficile percepire le parole degli altri, ma anche comprenderne il significato, con un impatto pesante a livello sociale ed emotivo. Oltre 8 persone su 10 ritengono che la perdita di udito abbia effetti negativi sulla qualità di vita; un udito non trattato accresce la probabilità di demenza (+21%) e di depressione (+43%).
In occasione della Giornata mondiale, gli esperti italiani hanno messo a punto il piccolo vademecum “Proteggi l’udito, comunica meglio”, promosso da Amplifon, che raccoglie i consigli per prendersi cura del proprio udito e mantenere così una vita sociale attiva. Quando comunichiamo con gli altri, infatti, udito e cervello collaborano tra loro: il suono delle parole viene “sentito” nella corteccia uditiva e “compreso” in altre aree del cervello. Attraverso tecniche di “brain imaging”, la ricerca ha dimostrato come i problemi di udito creino danni metabolici alle vie uditive centrali situate nel cervello, a causa di un minore afflusso di sangue. Ciò si traduce in alterazioni del network neurologico, che a loro volta possono portare a difficoltà di comprensione del significato delle parole ed esporre al rischio di patologie come demenza e Alzheimer.
«Gli studi scientifici non lasciano dubbi: non sentiamo solo con le orecchie, ma anche con il cervello, attraverso le vie uditive centrali situate nel lobo temporale. Si tratta di aree cerebrali che hanno un impatto sia sugli aspetti quantitativi dell’udito, sia su quelli qualitativi ossia di comprensione del discorso», spiega Ettore Cassandro, Professore Ordinario di Otorinolaringoiatria e Direttore del Dipartimento Testa-Collo, Università degli Studi di Salerno e Past President della Società italiana di Otorinolaringoiatria e Chirurgia Cervico-Facciale. «Ciò significa che un calo di udito può tradursi in difficoltà a comunicare con gli altri, problematiche che a loro volta possono causare la comparsa di depressione o, nei casi più estremi, di patologie neurologiche come la demenza o l’Alzheimer».
Se la scienza conferma l’importanza di prendersi cura del proprio udito per comunicare efficacemente con gli altri, mantenersi attivi e prevenire alcune patologie, i numeri mostrano come ci sia ancora molto da fare per risolvere i disturbi uditivi. Si stima infatti che nel 2050 le persone con un calo dell’udito toccheranno quota 900 milioni contro i 466 milioni attuali. «Oggi siamo esposti a numerose situazioni che possono mettere a rischio il nostro udito», commenta il professor Cassandro. «Per prevenire la comparsa di un problema è bene seguire piccoli accorgimenti, come usare gli auricolari solo per periodi di tempo limitati, tenere una distanza di sicurezza da fonti di rumore come altoparlanti e controllare periodicamente il proprio udito. In caso di un calo uditivo, comprovato da un test dell’udito, è fondamentale intraprendere un percorso clinico di riabilitazione guidato dall’otorinolaringoiatra o dall’audiologo, in sinergia con l’audioprotesista, personalizzato in base alle cause e alla possibile evoluzione del disturbo, sfruttando, se necessario, le potenzialità dei device acustici di ultima generazione. Oltre a essere praticamente invisibili, questi dispositivi sfruttano le ultime tecnologie per consentire un recupero dell’udito sia quantitativo che qualitativo, garantendo inoltre alte performance».
Vademecum “Proteggi l’udito, comunica meglio”: è stato realizzato con la consulenza del professore Ettore Cassandro dell’Università di Salerno e promosso da Amplifon.
Otto consigli per prendersi cura del proprio udito, comunicare efficacemente con gli altri e avere una vita sociale attiva.
- Effettuare controlli periodici dell’udito dopo i 30 anni, soprattutto in presenza di familiarità per disturbi uditivi o di episodi flogistici ricorrenti (otiti).
- Tenere il volume di mp3 e smartphone a un livello sonoro adeguato, in modo da sentire i suoni circostanti.
- Utilizzare le cuffie e gli auricolari solo per periodi di tempo limitati.
- Controllare i foglietti illustrativi dei medicinali per verificare che il farmaco non abbia effetti ototossici.
- Mantenere una distanza di sicurezza da fonti di rumore come casse e altoparlanti.
- Indossare protezioni uditive in contesti particolarmente rumorosi come stadi e concerti.
- Controllare l’udito anche in presenza di acufeni (fischi nell’orecchio) o di vertigini.
- Se si avverte un calo dell’udito, intraprendere un percorso di riabilitazione uditiva continuativa che prevede l’utilizzo di device acustici di ultima generazione (evitando semplici amplificatori) e la collaborazione attiva con lo specialista e l’audioprotesista.
di Paola Trombetta