“Mi chiamo Dilba Jira e abito a Wolisso. Sono sposata e madre di due bambini, un maschio e una femmina, il primo di sei anni e l’altra di un anno e mezzo. Lavoro come infermiera all’ospedale Saint- Luke di Wolisso da circa 12 anni e sono molto felice di essere nel reparto di Pediatria. Mi occupo specialmente del supporto alle comunità, lavoro con le mamme, educandole, sensibilizzandole, prendendomi cura della loro salute. Tutto per abbattere quel muro culturale che ha tenuto le donne in silenzio per tanto tempo, ha ostacolato la loro educazione e il miglioramento della loro condizione. Ecco perché il nostro lavoro è principalmente quello di creare consapevolezza, capacity bulding, informare, diffondere testimonianze, incoraggiare, sensibilizzare, coinvolgere nell’utilizzo di servizi sanitari. Per aiutare le donne e i loro bambini ad avere un futuro di speranza”.
Per supportare le donne e i loro figli nella lotta quotidiana per sopravvivere, a Wolisso in Etiopia, è stato avviato il progetto “Con il futuro nel cuore”, promosso da Medici con l’Africa CUAMM, con il contributo non condizionante di MSD, nell’ambito del programma Global Giving di MSD for Mothers.
Proteggere la salute di una donna significa non solo proteggere la sua vita, ma anche dare concretezza alla parola futuro, della sua famiglia e di quello di un intero Paese. E’ il cosiddetto “Mom Effect”. Ed è una responsabilità di tutti, una sfida di salute globale che si può vincere solo se istituzioni, organismi non governativi e soggetti privati mettono in gioco risorse, competenze e volontà. «Con questo progetto, che è già operativo, vogliamo essere sul campo “con” le donne e “per” le donne», ha precisato don Dante Carraro, direttore di CUAMM, in occasione della Tavola rotonda di presentazione del progetto a Roma. «La tutela della salute materno- infantile richiede servizi e infrastrutture, ha bisogno che le donne possano accedere a un’assistenza sanitaria di qualità, ma richiede anche un grande lavoro culturale sulle popolazioni: insieme vinceremo questa sfida affinché nessuna donna debba più morire nel dare alla luce una nuova vita».
L’Etiopia è un Paese che negli ultimi anni ha sempre più attirato l’attenzione della comunità internazionale, perché sta crescendo rapidamente dal punto di vista economico e anche demografico. «Ma in Etiopia ci sono aree rurali dove gli stessi diritti umani sono messi in discussione e dove le donne sono vincolate alle decisioni del marito o della famiglia, persino per quanto riguarda la loro salute. Bisogna agire dal punto di vista culturale per far crescere nelle donne la consapevolezza che la salute è un diritto inalienabile. Occorre educare le donne a prendersi cura di sé, ma anche dei figli, a saper chiedere aiuto, ad avere fiducia. Per questo ci teniamo a formare il personale, aiutiamo le donne a diventare ostetriche, infermiere: lavoriamo per lasciare che la gestione passi nelle mani del personale locale. E’ il nostro modo di stare “con” l’Africa», conclude don Dante.
La riduzione della mortalità materno-infantile nel mondo è una sfida di salute globale, urgente e fondamentale. Perché non si può immaginare di raggiungere gli obiettivi di sostenibilità fissati dall’OMS per il 2030 se non si interviene in modo adeguato su questo fronte. «L’Etiopia è tra i cinque Paesi in cui si registra la più alta mortalità materno-infantile», conferma Ranieri Guerra, assistente del Direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. «Per raggiungere gli obiettivi auspicati dall’OMS di ridurre del 70% la mortalità entro il 2030, occorre arrivare a un tasso di diminuzione almeno del 7% all’anno: purtroppo il tasso attuale è del 2-3%. L’azione di intervento non è solo a livello sanitario, ma deve essere più radicale e incidere sull’alfabetizzazione delle donne: è indispensabile far capire alla donna e alla sua famiglia l’importanza di chiedere aiuto e assistenza, soprattutto nel periodo della gravidanza e del parto. E’ un po’ lo stesso problema delle mutilazioni genitali: non basta formare medici e ostetriche, occorre un cambiamento culturale. Da una parte è necessario portare i servizi medici quanto più vicino al domicilio della donna, dall’altra però bisogna incidere sulla cultura convincendola a sottoporsi alle visite ginecologiche durante la gravidanza e all’assistenza ostetrica per il parto. E per far questo occorre una stretta collaborazione con le strutture e gli organismi che conoscono bene le esigenze del territorio, come CUAMM».
«Parlare di salute, a qualsiasi latitudine, senza parlare di “persone” è impossibile, perché la tutela della salute è un valore sociale e va oltre le politiche sanitarie», afferma Nicoletta Luppi, presidente e amministratore delegato di MSD Italia. «Credo davvero che aiutare una donna significhi aiutare un popolo intero. Questo progetto dell’ospedale di Wolisso è un esempio di cosa sia per noi la Corporate Social Responsabilty: conosciamo il bisogno di salute e cerchiamo di risolverlo con le nostre competenze. E lo facciamo con impegno, lavoro e dedizione. Mi piace ricordare una frase: “Se vuoi andare veloce, vai da solo; se vuoi andare lontano, vai insieme”. Ecco a noi piace andare lontano e per questo cerchiamo di percorrere la strada insieme a partner distintivi, che conoscono i territori, i bisogni e sanno come intervenire in quei luoghi. Come con CUAMM in Etiopia per il progetto di Wolisso, che rientra nel programma Global Giving di MSD for Mothers».
«Attraverso MSD for Mothers, ci impegniamo a porre fine alle morti materne legate a cause prevenibili, incrementando il numero di donne che accedono a cure appropriate e a una sicura contraccezione. Un’esperienza positiva durante la gravidanza e il parto può costruire la fiducia di una donna nei confronti del sistema sanitario, e quindi spronarla a chiedere assistenza sanitaria per se stessa, il suo neonato e la sua famiglia. È quello che chiamiamo “Mom Effect”», spiega Mary-Ann Etiebet, Direttore Esecutivo di MSD for Mothers. «Le donne devono essere educate su tematiche di salute, rafforzando il sistema di controllo, in modo che i casi più complessi siano inviati a strutture adeguate, grazie alla formazione di ostetriche preparate a riconoscere un’emergenza. Per questo è stata attivata la scuola per Ostetriche e Infermieri all’Ospedale Saint-Luke di Wolisso. Con un finanziamento di 750 mila dollari, saranno introdotti strumenti innovativi: l’e-partograph per monitorare il travaglio e il monitor cardiotocografico per identificare i casi di sofferenza fetale. Si spera nei prossimi anni di raggiungere più di 10 mila visite prenatali e il 90% dei parti assistiti, rispetto al 59% attuale. Un altro proposito è seguire il 55% delle emergenze ostetriche in modo adeguato e portare al 5% i parti cesarei in ospedale, rispetto al 2,7% attuale. Obiettivi che speriamo tutti insieme di poter realizzare».
di Paola Trombetta