«Non serve coraggio per vivere con l’emofilia: serve coraggio per vivere bene. Per lanciarsi con una corda da un albero. Per tuffarsi mano nella mano. Per mangiare piselli e verdure bollite. Per chiedere un abbraccio che ti aiuti a dormire. Ci vuole coraggio per fare tutte queste cose che si fanno durante la vacanza estiva: per la prima volta soli, senza genitori, superando l’ansia e le angosce della lontananza. E imparando anche a farsi l’infusione autonomamente. Chiamando poi la mamma per comunicare questo successo: Ho fatto la puntura da solo!». Sì perché anche in vacanza i ragazzi con emofilia devono iniettarsi un farmaco, che permette loro di far coagulare il sangue e non rischiare emorragie, in caso di ferite.
Il vissuto di alcuni ragazzi emofilici in vacanza, con i disagi, le ansie, ma anche i successi e le soddisfazioni sono stati descritti da Alessandro Marchello, nel suo racconto “Guardami! Sto volando!”, che ha vinto la terza edizione di #afiancodelcoraggio, il premio letterario promosso da Roche con l’intento di far conoscere bisogni e desideri delle persone con malattie rare e dare sostegno a chi vive al loro fianco. Protagonista di questa edizione è stata l’emofilia, grave disturbo emorragico ereditario (generalmente trasmesso dalla madre ai figli maschi) caratterizzato da un’alterazione del processo della coagulazione del sangue. In Italia, oggi, sono circa 5 mila le persone che convivono con l’emofilia, diagnosticata nella maggior parte dei casi in età precoce; il tipo più grave, Emofilia A, colpisce 3.500 persone nel nostro Paese e circa 320 mila nel mondo.
Padri, fratelli, amici, parenti, conoscenti hanno affidato alle parole le loro emozioni, condividendo storie i cui protagonisti sono minori con emofilia. Alessandro Marchello ha raccontato l’emofilia attraverso gli occhi di un gruppo di giovani ragazzi che si allontanano dal porto sicuro della famiglia per vivere la spensieratezza e la gioia di una vacanza estiva e, con coraggio, sperimentano l’auto-infusione: un racconto che diventerà uno spot di sensibilizzazione sociale, realizzato da Medusa, e sarà proiettato nelle sale cinematografiche in autunno. In occasione della cerimonia di premiazione, a Palazzo Venezia a Roma, alla presenza di Gianni Letta, presidente della Giuria (composta da Marco Belardi, Angela Coarelli, Marco Costa, Giovanni Parapini, Daniele Preti, Carlo Rossella, Domenica Taruscio e Enrico Vanzina) e di tre testimonial, Valentina Lodovini e Fabio De Luigi, protagonisti del film “10 giorni senza mamma”, e Lucrezia Lante Della Rovere, è stato presentato #afiancodelcoraggio “Il Fumetto”, nato dai 21 racconti del concorso che, con il coordinamento di Alessandro Baronciani, sono stati interpretati e illustrati da fumettisti affermati e giovani promesse, con lo scopo di parlare di un tema complesso come l’emofilia, attraverso il linguaggio semplice del fumetto, vicino al mondo dei ragazzi. I primi 100 che manderanno una mail all’indirizzo monza.info@roche.com, con oggetto #afiancodelcoraggio “Il Fumetto”, riceveranno in omaggio una copia del volume.
«Il racconto premiato in questa edizione ha focalizzato il tema delle vacanze dei ragazzi emofilici, lontano dall’ambiente protetto della casa e della famiglia», ha sottolineato Cristina Cassone, presidente di FedEmo (Federazione delle Associazioni Emofilici). «Come Federazione stiamo pensando di preparare delle linee-guida per mettere in condizioni i campi-scuola di gestire questi bambini che possono richiedere l’intervento urgente di un medico per fermare, in caso di ferite anche lievi, le emorragie provocate dalla malattia. Noi organizziamo ogni anno un campo scuola, in provincia di Pesaro/Urbino, dove ospitiamo 20/25 ragazzi con emofilia. In questo caso è garantita l’assistenza medico-infermieristica e gli accompagnatori sono informati sulla malattia. Non vorremmo però “ghettizzare” i ragazzi portatori di questa malattia, consentendo loro di partecipare ad altri campi-scuola, in cui però deve essere garantita la presenza di un medico per il pronto intervento. E vorremmo anche rassicurare i genitori nella pratica delle attività sportive: anche in questi casi la presenza di personale medico deve essere prevista, per intervenire tempestivamente in caso di bisogno».
«Lo sport aiuta a migliorare la salute di tutti, anche delle persone con emofilia», ha aggiunto Giovanni Malagò, Presidente CONI. «Crea relazioni e legami tra ragazzi, il che significa inclusione, capacità di superare ogni ostacolo e rappresenta un formidabile strumento di prevenzione e di benessere. L’attività fisica, naturalmente, deve essere svolta sotto controllo medico, ma non va negata a nessuno in modo aprioristico. Confermo la vicinanza del nostro mondo ai ragazzi con emofilia, ribadendo il massimo impegno, attraverso un’attività sinergica con le istituzioni preposte e con Fedemo, per garantire a tutti il diritto allo sport».
di Paola Trombetta
Parte da Trieste il programma Koala
In occasione del Convegno appena concluso a Trieste, “Emofilia. La certezza della cura” è stato annunciato il programma Koala, realizzato e gestito da Domedica, con il supporto non condizionante di Kedrion, pensato per rendere sempre più indipendenti e competenti i pazienti, e far sì che la terapia sia più semplice da seguire. Il modulo di infusioni a domicilio non si limita a far arrivare a casa l’infermiere, ma comprende un training attraverso il quale, seduta dopo seduta, il paziente acquisisce le competenze e la sicurezza necessarie per farsi le infusioni da solo. Viene attivata inoltre una linea diretta per supportare i pazienti in caso di dubbi, paure, necessità. Previsti prelievi e fisioterapia a domicilio per facilitare l’aderenza alla profilassi e rendere gradualmente autonomo il paziente, anche per quanto riguarda gli esercizi da seguire per preservare la salute delle articolazioni. L’Emofilia di tipo A, caratterizzata dall’alterazione del normale processo di coagulazione del sangue, a causa dell’assenza o ridotta attività del Fattore VIII, colpisce complessivamente circa 3.500 pazienti in Italia. La terapia può essere di due tipi: “on-demand (al bisogno), per il trattamento di emorragie in atto, oppure di “profilassi”, al fine di prevenire o ridurre la frequenza degli episodi emorragici, sia a livello delle articolazioni sia nei casi più gravi che possono mettere a rischio la vita del paziente. In entrambe le tipologie, la terapia standard consiste nella somministrazione di Fattore VIII. In Italia circa il 60-65% dei pazienti emofilici segue una profilassi continuativa.
«Oggi è di grande attualità capire come utilizzare il Fattore VIII, anche alla luce delle nuove terapie che possono associarsi o combinarsi ad esso», spiega la professoressa Elena Santagostino, Fondazione IRCCS Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano. «La diffusione di nuove terapie rende ancora più necessario il confronto tra specialisti su questo tema per impostare una cura sempre più “personalizzata”. Dose, numero e frequenza delle infusioni vanno calibrate considerando non solo gli aspetti legati alla gravità della condizione del paziente, ma anche al momento della vita che sta attraversando. Alla base di questo approccio deve esserci una costante comunicazione tra medico e paziente. Ad esempio, qualsiasi modifica dello stile di vita andrebbe condivisa con il proprio medico, in modo da costruire insieme una profilassi “su misura”. Si tratta di un approccio di cui dovrebbero beneficiare tutti i pazienti e che auspichiamo si diffonda sempre di più, ma che è ad oggi ancora spesso disatteso sia per motivi di tempo che per remore di tipo culturale». P.T.