“Sentivo la depressione crescere dentro di me, ancor prima di capire cosa fosse questa malattia e conoscerne le manifestazioni, le tante sfaccettature”, racconta L., 62 anni, insegnante di scuola media. “Già a dodici anni, nel mio diario, mi descrivevo a seconda delle mie fasi umorali come “L. su o L. giù”. Ho imparato a convivere con queste “alternanze”, sempre presenti nel corso degli anni, fino all’esplosione del problema con la menopausa, culminato con un grave episodio nel 2011, quando decisi di non voler più vivere. Un ricovero in un reparto di psichiatria, la cura e le attenzioni da parte di medici e di tutto il personale sanitario, il senso di condivisione con altre persone che, come me, vivevano esperienze simili mi hanno consentito a poco a poco di rimpossessarmi della mia vita, di pesare meno sulla mia famiglia e sul tessuto sociale. Ora i periodi di benessere sono più lunghi, quelli di malessere più brevi, meno ricorrenti. Talvolta riesco anche a piangere: segno che comincio a stare meglio. Prima non lo facevo mai, rinchiusa come ero nella mia disperazione abissale”. La storia di L. accomuna, in Italia, almeno 2 milioni di donne: coloro che soffrono di forme di depressione, in gran parte “maggiore”, su un totale di 3 milioni di depressi. Il 18% in più, negli ultimi 10 anni, con una prevalenza nelle fasce di età tra i 25 e i 29 anni e i 15-19 anni. La depressione è una problematica fortemente invalidante per l’elevato impatto sulla qualità di vita della persona, dell’intero nucleo familiare, sui costi socio-assistenziali (oltre 2.600 euro a paziente di costi diretti, a cui si sommano oltre 7.100 euro di costi indiretti, pari a circa il 70% del costo totale della patologia)e professionali, con una perdita media di 42 giorni di lavoro l’anno.
Prima causa di disabilità, secondo l’Oms, la depressione è destinata a diventare la prima voce di spesa sanitaria entro il 2030, anche in funzione delle comorbidità associate: diabete, obesità, disturbi cardiovascolari, malattie sistemiche in primo luogo. Perché si impossessa dell’intero organismo, alterandone struttura e funzionalità, depauperando la qualità e la quantità della vita. Infatti i danni possono spingersi oltre i sintomi e raggiungere conseguenze estreme: se non correttamente trattata, la depressione maggiore si associa a un’elevata mortalità, stimata intorno al 15%, con la messa in atto di almeno un tentativo di suicidio nel corso della vita da parte di una persona ogni 3, con un picco maggiore fra i ragazzi di 15-19 anni o gli anziani maschi, nel 25% donne. Evento possibile soprattutto per i 130 mila pazienti con forme di depressione severe che non rispondono ai trattamenti, nonostante una corretta aderenza alle terapie. Sono questi alcuni dati presentati in occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale, che si celebra il 10 ottobre, quest’anno dedicata alla prevenzione del suicidio. «Circa 1/3 dei pazienti affetti da depressione, che non ottiene una risoluzione dei propri sintomi – spiega Claudio Mencacci, Presidente della Società Italiana di Neuropsicofarmacologia e Direttore del Dipartimento di Neuroscienze del Fatebenefratelli di Milano – va incontro a cronicizzazione del disturbo, con persistenza e aggravamento di apatia, anedonia (incapacità di provare piacere), insonnia, pensieri di colpa e ideazione suicidaria. “Sintomi” che generano una frattura sempre più marcata tra la persona e la vita precedente all’episodio depressivo». Con costi umani ed economici, dunque, pesanti e tali da richiedere una “call to action”, rivolta alle istituzioni affinché si attuino misure preventive contro il rischio e il numero dei suicidi e il miglioramento dell’assistenza ai pazienti con depressione e disturbi psichiatrici in genere.
Sono prioritarie, secondo il Manifesto presentato da Fondazione Onda (Osservatorio Nazionale sulla salute della donna e di genere): la sensibilizzazione alla conoscenza e non alla stigmatizzazione della depressione; gli investimenti nella ricerca scientifica, l’attivazione e diffusione di campagne di screening e prevenzione per intercettare un maggior numero di pazienti e un tempestivo avvio a terapie mirate; l’informazione di tutti gli operatori che si prendono cura e assistono la depressione, dai medici di medicina generale, agli specialisti, agli psichiatri, agli infermieri e operatori socio-sanitari; la migliore accessibilità alle cure; il potenziamento delle reti territoriali dedicate alla salute mentale; l’attenzione al paziente e al contesto familiare, specificatamente ai care-giver (di norma o più probabilmente una donna), a favore dei quali è stata emanata una legge di tutela attualmente in Parlamento. «Non è sufficiente che la depressione rientri in un Piano Nazionale dei Disturbi Mentali – fa sapere Rossana Boldi, Vice-Presidente della Commissione Affari Sociali, Camera dei Deputati – ma occorre predisporre un “piano” dedicato». L’azione di sensibilizzazione è già cominciata con la presentazione del “Libro bianco sulla salute mentale, verso un Piano Nazionale di gestione della malattia”, promosso da Fondazione Onda che sarà portato all’attenzione delle Istituzioni delle principali Regioni italiane nel corso del 2020. Un gesto che vuole testimoniare l’impegno condiviso e concreto,volto a combattere gli stereotipi, facilitare l’accesso alle cure anche innovative e a migliorare la qualità della vita di chi soffre. «La presentazione del Libro Bianco – dichiara Francesca Merzagora, Fondatrice e Presidente di Fondazione ONDA – è il nostro messaggio alle Istituzioni affinché potenzino gli investimenti in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale e si possa arrivare ad avere nel nostro Paese un Piano Nazionale di lotta alla depressione». «Oggi – conclude Enrico Zanalda, Presidente della Società Italiana di Psichiatria (SIP) e Direttore del Dipartimento Integrato di Salute Mentale ASL San Luigi Gonzaga di Torino – la nostra Società vuole ribadire la necessità di un costante impegno di tutti gli attori coinvolti nella problematica perché non c’è salute senza salute mentale».
E così il 10 ottobre, 140 strutture fra ospedali del circuito Bollini Rosa, rilasciati da Fondazione Onda e servizi territoriali, aprono le porte alla popolazione con consulti, colloqui psicologici, sportelli di ascolto, info point, conferenze, distribuzione di materiale informativo sulla salute mentale e poster specifici su schizofrenia e suicidio giovanile. L’(H)-Open day salute mentale gode del Patrocinio della Società Italiana di Psichiatria (SIP), della Società Italiana di Neuropsicofarmacologia (SINPF) e della Società Italiana di Psichiatria Geriatrica (SIPG). Le strutture aderenti sono consultabili al sito www.bollinirosa.itdove sarà possibile trovare anche indicazioni su date, orari e modalità di prenotazione.
di Francesca Morelli
Una nuova molecola per i casi di depressione maggiore più resistenti
Si chiama Esketamina ed è una nuova molecola in formulazione intranasale, studiata in via sperimentale nell’ambito di un programma mondiale, per il trattamento della depressione maggiore in adulti che non hanno risposto ad almeno due trattamenti tradizionali e in pazienti con lo stesso disturbo e intento al suicidio. Diversi studi scientifici in fase avanzata (fase II e fase III) ne avrebbero dimostrato l’efficacia, la rapidità d’azione, mantenendo un alto profilo di sicurezza e tollerabilità. Esketamina, in combinazione con un antidepressivo orale iniziato ex-novo, sembrerebbe in grado di ridurre i sintomi depressivi già dal giorno 2, con una diminuzione anche del rischio di ricaduta del 70% nei pazienti responsivi alla terapia. Si è anche osservato una riduzione dei sintomi depressivi con intento suicidario dopo 24 ore dalla prima somministrazione in pazienti sottoposti a terapia con Esketamina associata a un farmaco standard. In funzione dei promettenti risultati raggiunti negli studi clinici è stata avviata la Richiesta di Autorizzazione all’Immissione in Commercio all’Agenzia Europea del farmaco (EMA). «I risultati degli studi di Fase III attualmente condotti – ha concluso Husseini K. Manji, Responsabile Mondiale Area Terapeutica Neuroscienze di Janssen (l’azienda produttrice della molecola) – confermano il potenziale di Esketamina come nuova terapia in pazienti che non rispondono alle cure disponibili, e ci auguriamo anche in tutti coloro che ne hanno bisogno». F. M.