Sono sempre più frequenti (10-12%) le disfunzioni cardiache nelle donne operate di tumore al seno, provocate da farmaci chemioterapici (ciclofosfamide), ma anche da alcune terapie biologiche e dalla radioterapia. Se da un lato queste cure sono vitali per sopravvivere al tumore, spesso purtroppo producono miocarditi reattive, che interferiscono con i cicli di terapia. In questi ultimi due o tre anni si sono fatti studi importanti, soprattutto nel controllo delle pazienti con tumori alla mammella.
«All’inizio e al termine di ogni ciclo di terapia si è capito come sia cruciale il monitoraggio cardiologico per quelle pazienti che si sono sottoposte al trattamento chemioterapico, non solo per il controllo delle aritmie, ma anche per la valutazione della contrattilità cardiaca», spiega il professor Alessandro Capucci, direttore della Clinica di Cardiologia e Aritmologia dell’Università Politecnica delle Marche, Ospedale Torrette di Ancona e promotore del Progetto “Salva Vita” per dotare la città di Piacenza di defibrillatori. «Molte sostanze anticancerogene non solo influenzano la contrattilità, ma anche la ripolarizzazione ventricolare (tratto QT dell’elettrocardiogramma) e, pertanto, possono essere pro-aritmogene. Uno studio recente che abbiamo condotto presso la Clinica Cardiologica dell’Ospedale di Ancona, su 130 donne affette da cancro alla mammella, ha dimostrato come anche la patologia stessa possa provocare un danno cardiaco, con disfunzioni contrattili ventricolari, già in condizioni basali, non presenti nel gruppo sano di confronto, evidenziando come la neoplasia di per sè possa essere fonte di alterazioni cardiache in modo diretto. Le cause sono probabilmente riconducibili a interazioni tra il nuovo assetto ormonale, conseguente al tumore, e la funzione del sistema renina-angiotensina che interviene sui meccanismi di contrattilità del muscolo cardiaco».
Da poco è entrata a regime una speciale valutazione, utilizzabile attraverso l’ecocardiogramma, lo Spekle Tracking, in grado di valutare la motilità del cuore in maniera segmentaria e tridimensionale. Cosa significa? «Che “vede” il cuore diviso in singoli segmenti ed è in grado di conoscerne la motilità in 3D: si tratta di una tecnica molto più sensibile nel valutare deficit contrattili, in grado di scoprire in anticipo una riduzione della funzione contrattile del cuore», risponde il professor Capucci. «Nei casi in cui si evidenzia che il ventricolo sviluppa una precoce compressione contrattile è opportuno che il ciclo successivo di chemioterapia venga quantomeno ritardato, per dare la possibilità al cuore di riposizionarsi su ritmi più regolari. Questo garantisce al paziente la possibilità di reagire e di rispondere alle cure chemioterapiche in misura ottimale».
In questi ultimi anni si è posto l’accento sull’importanza del monitoraggio ECG in persone con malattie oncologiche, prima e durante il trattamento, ma la novità è nell’applicazione di un sistema di misurazione tridimensionale e nel valore della sua decodificazione.
«Lo Spekle Tracking è già in uso con successo presso l’Ospedale Le Torrette di Ancona e si è rivelato un sistema di cura eccellente, anche grazie alla sinergia tra oncologo, immunologo e cardiologo: laddove ci sono dialogo e confronto, la terapia per il paziente oncologico diventa sempre più mirata, personalizzata ed efficace, riducendo gli effetti collaterali che possono vanificare il ciclo di cure», conclude il professor Capucci. «Purtroppo però la presenza di un cardiologo nelle Breast Unit non raggiunge il 40%. Per questo si caldeggia, oltre al’incremento di queste fondamentali figure professionali nei Centri di Oncologia, l’esecuzione precoce di una diagnosi con Spekle Tracking nelle pazienti affette da tumore al seno, già in condizioni basali. E non si esclude per il futuro anche l’utilizzo del Loop Recorder, un impianto sottopelle che registra di continuo il battito e le eventuali anomalie cardiache, oggi utilizzato in soggetti con gravi aritmie, che possono mettere in pericolo la vita».
di Paola Trombetta