Si celebra, il prossimo 20 Novembre, la Giornata Mondiale della Bpco, Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva: una malattia infiammatoria cronica delle vie aeree che riduce e affatica il respiro, accompagnandosi a tosse e stanchezza generale e a un elevato impatto, progressivamente negativo, sulla qualità della vita. Spesso misconosciuta e sottostimata anche dagli stessi fumatori, i primi a poter sviluppare la malattia nel corso della vita, la Bpc ha invece una presenza e un peso importante in Italia: quarta causa di morte, conta all’incirca 3,5 milioni di casi, di cui quasi 11% fra gli ultrasettantacinquenni, 3% circa tra la popolazione generale e 10% di casi “giovani” tra i 20 e 44 anni con iniziali segni di malattia. Dalla Bpco non si guarisce, ma sintomi e manifestazione possono essere tenuti sotto controllo rispettando “l’alfabeto” educazionale: Alt alla sigaretta, Buona diagnosi, Corretta terapia, Decidi per la riabilitazione, Esigi continuità della cura, Fai presente la tua fragilità, ovvero i 6 caposaldi contenuti nel Manifesto, diffuso quest’anno durante il XX Congresso Nazionale della Pneumologia Italiana, per sensibilizzare malati e popolazione sana alla migliore conoscenza della Bpco.
In occasione della Giornata, abbiamo intervistato la dottoressa Sara Tomassetti, dell’Unità Operativa di Pneumologia degli Ospedali GB Morgagni di Forlì affrontando il tema della Bpco e malattie respiratorie al femminile.
La Bpco ha caratterizzazioni di genere?
«La Bpco non è certo una malattia ad appannaggio maschile: le donne sono maggiormente esposte allo sviluppo a causa di un incremento dell’abitudine al fumo, che invece si sta abbassando negli uomini. Le differenze di genere potrebbero influenzare diverse manifestazioni cliniche, come la frequenza delle complicanze infettive, e sembra che nella donna questa malattia possa insorgere in età più precoce e avere una più rapida progressione».
Esistono patologie respiratorie esclusivamente femminili?
«Sì, la linfangioleiomatosi (LAM): si tratta di una malattia rara, pochi casi per 100 mila abitanti e solo in donne in età premenopausale. È una patologia ad alta componente genetica, tuttavia influenzata dall’azione ormonale che ne spiega la totale esclusività nel sesso femminile. I meccanismi del binomio ormoni-malattia, non ancora chiari, sono oggetto di studio della ricerca clinica e di base. Anche i sintomi della malattia sono aspecifici, rendendo difficoltosa la diagnosi per i non esperti: tosse insistente che perdura per diverse settimane, non produttiva, cioè senza catarro, e fuori stagione, accompagnata da dispnea, la fatica a respirare, dapprima solo sotto sforzo, ad esempio dopo aver salito diverse rampe di scale a piedi. Inoltre la complessità della malattia è legata anche alla possibile estensione ad altri organi con alterazioni cutanee, angiomiolipomi a livello renale o meningiomi cerebrali».
Quali sono i sintomi che devono allarmare?
«Oltre la tosse particolare, soprattutto la dispnea che la donna spesso imputa ad altri fattori come l’eccessiva sedentarietà, il sovrappeso, problemi di tiroide, stili di vita errati o altre problematiche più comuni. È importante indagare la causa della mancanza o del fiato corto perché potrebbe nascondere diverse problematiche: respiratorie, cardiologiche o di altra natura».
Una patologia complessa anche dal punto di vista diagnostico-terapeutico.
«Sì, nell’ambito delle malattie rare, la linfangioleiomatosi viene inquadrata come malattia sistemica, per la sua possibile diffusione a più organi, ma anche a livello polmonare le classiche lesioni cistiche potrebbero essere scambiate per un enfisema o altra malattia. In ambito di cure, benché sia orfana di terapia approvate, oggi è trattata con farmaci che ne possono rallentare il declino funzionale e che sono indicati in pazienti con manifestazioni di patologia avanzata o progressiva. Sono farmaci, dunque, che aiutano a tenere sotto controllo anche le manifestazioni extra polmonari».
Ci sono altre malattie respiratorie “al femminile”?
«Tutte le malattie respiratorie possono colpire il genere femminile con manifestazioni a volte un po’ diverse da quelle degli uomini. A parte le patologie più comuni quali asma e Bpco e le neoplasie polmonari, spesso correlate all’abitudine tabagica, ci sono anche malattie più rare che possono colpire le donne non fumatrici, come la polmonite da ipersensibilità legata a inalazioni di muffe di antigeni organici o all’esposizione a volatili. Mentre tra le malattie fumo-correlate, ricordiamo la Istiocitosi a cellule di Langerhans, malattia rara caratterizzata da manifestazioni polmonari cistiche che può migliorare o addirittura guarire con la sospensione del fumo o progredire fino a richiedere un trapianto o essere mortale anche in pazienti molto giovani se l’abitudine tabagica viene continuata. Poi, ancora, la bronchiolite respiratoria, sempre presente nella donna fumatrice, la polmonite interstiziale desquamativa, la fibrosi interstiziale fumo-relata, a volte difficile da distinguere dalla classica fibrosi polmonare idiopatica».
Come sta evolvendo il tumore al polmone nella donna?
«A dispetto del calo dell’abitudine al fumo e della riduzione dell’incidenza del tumore polmonare nell’uomo, nella donna il trend è tutt’altro che in riduzione: anzi si stima un lieve aumento e in pochi anni il tumore polmonare potrebbe diventare anche nella donna la prima causa di morte per neoplasie. Ciò è in relazione all’aumento di donne fumatrici: 4,5 milioni, in crescita soprattutto nel Sud Italia, rispetto agli 11,6 milioni di fumatori totali secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità. Mentre l’evoluzione è in positivo in termini di terapia: il tumore al polmone è meglio curabile grazie alla chirurgia e a nuovi farmaci immunoterapici».
di Francesca Morelli