Giornata AIDS: terapie efficaci, ma bisogna migliorare l’aderenza

In questi ultimi anni, sono aumentate le nuove diagnosi di HIV tra i giovani, in particolare nella fascia d’età sotto i 24 anni, nonostante i dati disponibili mostrino che le nuove infezioni siano diminuite del 20% nel 2018 rispetto al 2017 e le morti ridotte di un terzo; In Italia nel 2018 sono state riportate 2.847 nuove diagnosi di infezione da HIV pari a 4,7 nuovi casi per 100 mila abitanti. Tra le regioni con incidenza più alta: Lazio, Toscana e Liguria. Le persone che hanno scoperto di essere HIV positive nel 2018 sono maschi nell’85,6% dei casi (dati Centro Operativo AIDS, Istituto Superiore di Sanità).
Resta dunque forte l’esigenza di tornare a dare valore a una patologia per cui, al momento, non esiste ancora una cura risolutiva, nonostante i passi avanti fatti dalla ricerca scientifica. L’HIV è diventata una malattia cronica e ciò significa che non sia possibile abbassare la guardia. In occasione della Giornata Mondiale contro l’AIDS (1°dicembre), il Ministero della Salute ha organizzato diversi appuntamenti per fare il punto della malattia. «Il fatto che l’incidenza più alta di nuove diagnosi di HIV sia registrata tra i giovani, di età compresa tra i 25 e i 29 anni, ci deve preoccupare», ha dichiarato il viceministro della Salute Pierpaolo Sileri. «Tra le nuove generazioni c’è scarsa consapevolezza e conoscenza del virus, di come si trasmette e di cosa fare per difendersi dal rischio di infezione. Molti confondono la prevenzione delle gravidanze indesiderate, mediante l’uso della pillola contraccettiva, con la prevenzione HIV e dalle altre malattie che si possono contrarre durante un rapporto sessuale non protetto, contro cui l’unica arma efficace è il profilattico. Sarebbe importante introdurre l’educazione sessuale nelle scuole, prevista tra l’altro da un protocollo d’intesa del 2015 tra il ministero della Salute e il MIUR».

Le attuali Linee Guida Italiane per la cura dell’AIDS prevedono l’accesso di tutti i soggetti sieropositivi alle terapie e questo ha anche un effetto preventivo di nuove infezioni. «La persona HIV-positiva in terapia antiretrovirale, con viremia soppressa, non trasmette l’infezione e questo fondamentale principio epidemiologico, definito con il termine di “Terapia come Prevenzione”, è alla base della riduzione delle nuove diagnosi osservata in alcuni Paesi europei», conferma il professor Andrea Antinori, Direttore dell’Unità di Immunodeficienze Virali dell’Istituto Lazzaro Spallanzani di Roma.  «Inoltre, esistono sul territorio nazionale diverse iniziative di accesso al test HIV, sia nei centri clinici che al di fuori dell’ambiente ospedaliero, in programmi di collaborazione tra centri di Malattie Infettive e Associazioni per la lotta contro l’AIDS, e i risultati iniziano a vedersi. Occorre potenziare queste iniziative di accesso al test e di inizio precoce della terapia antiretrovirale, come pure di ampliare e promuovere l’uso della profilassi pre-esposizione, strumento indispensabile per arrivare alla progressiva riduzione di incidenza delle nuove diagnosi. Nel 2018 si è osservata per la prima volta una evidente diminuzione (20% rispetto all’anno precedente) delle nuove diagnosi di HIV in Italia. Questa riduzione è da attribuire in larga parte all’efficacia delle terapie antiretrovirali e alle nuove Linee guida terapeutiche che prevedono un inizio precoce del trattamento».

«Nonostante questo – sottolinea il professor Claudio Mastroianni, Segretario SIMIT (Società Italiana Malattie Infettive)  dell’Università Sapienza, Roma – restano alcuni dati preoccupanti di cui bisogna tenere conto: l’aumento del picco di incidenza tra le persone sotto i 30 anni, a testimonianza che occorre ripensare alle strategie di prevenzione tra i giovani; un aumento della percentuale di persone che scoprono di essere sieropositive nella fasi avanzata della malattia (57% nel 2018) collocando l’Italia al di sopra della media Europea; l’aumento del numero delle persone sieropositive viventi è di circa 130mila».

«L’HIV può restare asintomatico e silente per molti anni prima della comparsa dei primi sintomi», evidenzia la dottoressa Barbara Suligoi, del Centro Operativo Aids presso Istituto Superiore di Sanità. «È pertanto cruciale fare una continua informazione sulla diffusione di questa infezione. Il test HIV, da eseguire ogni qualvolta ci si sia esposti a rapporti sessuali non protetti con persone di cui non si conosce bene lo stato di salute, e l’uso del preservativo, che consente di proteggersi dall’HIV e da altre infezioni sessualmente trasmesse, costituiscono due strumenti cardine per la prevenzione dell’infezione».

Si stima che in Italia vivano circa 130mila persone con HIV, di cui 110mila diagnosticate, 94mila seguite, 82mila in terapia antiretrovirale, e 73mila virologicamente soppresse: questo significa una differenza di quasi 60mila persone (il 44%) fra chi ha l’infezione e chi ha l’infezione sotto controllo. «La ricerca condotta in tutti questi anni ha portato alla scoperta di vere pietre miliari che hanno cambiato il destino di questa tragica infezione, riducendo drasticamente la mortalità dei pazienti sieropositivi, aumentando l’aspettativa di vita», afferma Nicoletta Luppi, Presidente e Amministratore Delegato MSD Italia. «Nonostante i grandi passi in avanti compiuti nel trattamento dell’HIV e la possibilità di cronicizzare la malattia, rimangono ancora bisogni insoddisfatti legati da un lato alla necessità di garantire una buona qualità di vita nel lungo termine ai pazienti in terapia, e, dall’altro, all’urgenza di promuovere una prevenzione efficace. Potremmo idealmente aggiungere questi due obiettivi a quelli già posti da UNAIDS per il 2020, per abbattere le nuove infezioni attraverso l’informazione e poter ottenere la prima “HIV-free generation”».

di Paola Trombetta

Al via la sperimentazione di un nuovo vaccino

È un nuovo vaccino che ha raggiunto i risultati degli studi di fase 1/2 in termini di sicurezza e immunogenicità e si appresta ad esser sperimentato all’interno di una popolazione più ampia. Il regime vaccinale in questione, che possiamo definire “a mosaico”, è stato sviluppato per essere potenzialmente un vaccino con approccio globale per la prevenzione dell’infezione da un’ampia varietà di ceppi virali, responsabili della malattia. Lo studio è europeo e americano, ma l’Italia ha una parte importante: si chiama Mosaico ed è realizzato da Janssen, la società farmaceutica del gruppo Johnson&Johnson: si propone di valutare l’efficacia di un regime vaccinale preventivo anti HIV per il quale è già stata chiesta alle autorità competenti l’autorizzazione all’esecuzione dello studio clinico. «La prova della sua efficacia la potremo avere solo a studio concluso», spiega il professor Adriano Lazzarin, dell’Ospedale San Raffaele di Milano. «La complessità e variabilità dei processi di risposta immune innescati da HIV (linfociti B, linfociti T, cellule accessorie) nel singolo individuo lasciano purtroppo  margini di imprevedibilità, e questo trial sarà una buona opportunità per conoscerli meglio».

«Purtroppo sono tante le difficoltà di trovare un vaccino in grado di indurre un risposta immunitaria efficace contro un virus che muta velocemente e possiede un’evidente capacità di eludere i meccanismi di controllo immunologico da parte dell’ospite: questo ha rallentato la realizzazione di trial vaccinali nelle popolazioni a rischio. Soltanto nel 2009 sono stati pubblicati i risultati della vaccinazione con ALVAC ed AIDSVAX per prevenire la infezione da HIV in Thailandia, che purtroppo hanno dimostrato come l’efficacia del vaccino fosse del 31%, lontana dal limite del 60% che avrebbe reso convincente un piano vaccinale. Un aggiustamento del candidato a un successivo piano vaccinale in Sud Africa ha poi fornito risultati più convincenti e ha dato qualche informazione in più sui correlati immunologici di una risposta immune efficace».

Mosaico è uno studio clinico internazionale, che prevede l’arruolamento di 3.800 persone, in circa 55 centri in otto Paesi distribuiti in tre continenti. L’inizio dello studio è previsto negli Stati Uniti nelle prossime settimane e potrà poi estendersi ad Argentina, Brasile, Italia, Messico, Perù, Polonia, Spagna. Questo studio è condotto da Janssen in partnership, a livello globale, con il National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID), l’HIV Vaccine Trials Network (HVTN) e la U.S. Army Medical Research and Development Command (USAMRDC), che con uno sforzo congiunto, lavorano per avanzare il progresso scientifico affinché sia possibile rendere disponibile un vaccino preventivo per l’HIV.

P.T.

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