Si tratta di una “vecchia conoscenza” per gli infettivologi. Il nuovo Coronavirus (battezzato 2019 n-CoV) è in realtà un “cugino lontano” dei più comuni virus che provocano raffreddore e febbre. Ma è anche “cugino” di quei virus che hanno causato epidemie come la SARS nel 2003 e più di recente nel 2012 la MERS (Sindrome Respiratoria Mediorientale). Meno grave però è l’impatto sulla popolazione: se l’indice di mortalità della MERS era del 30% (858 decessi su 2500 contagi) e della SARS del 10% (813 decessi su 8400 casi), quello del nuovo Coronavirus è al momento solo del 3%. I dati ufficiali, provenienti dalla Commissione Sanitaria Nazionale Cinese, attestano oltre 7700 casi accertati di contagio, con 170 decessi, concentrati nelle zone a rischio, quasi tutti nella città di Wuhan, 11 milioni di abitanti, sede dell’iniziale focolaio. Da lì “l’incendio” si sta però propagando in altre città della Cina, come Hong Kong (7 casi), nella regione del Tibet, in Giappone e nelle Filippine. Particolarmente colpita è la Thailandia con 14 contagi e sembra che il virus sia approdato negli Stati Uniti, in Australia e anche in Europa con 4 casi in Germania, 5 in Francia e uno in Scandinavia. E’ notizia di oggi la conferma di due casi di contagio in Italia di due turisti cinesi ricoverati allo Spallanzani di Roma.
«Se il contagio iniziale sembra essere avvenuto da animale (pipistrello o serpente) a uomo, ora il Coronavirus ha subito delle mutazioni che lo hanno adattato all’organismo umano che è in grado di trasmetterlo a un altro uomo, attraverso il particolato emesso da uno starnuto o da un colpo di tosse, come avviene del resto per il comune virus dell’influenza», spiega il professor Fabrizio Pregliasco, virologo all’Università degli Studi di Milano e direttore Sanitario dell’Istituto Galeazzi. «In più è di questi giorni la notizia che anche le persone asintomatiche, provenienti da Wuhan, possono essere fonte di contagio. Come è avvenuto a Monaco di Baviera, dove una donna cinese asintomatica, che era appena rientrata da Wuhan, pare abbia trasmesso il virus a un collega che è risultato positivo al Coronavirus». Come si evidenzia la presenza del virus? Quali i sintomi caratteristici? «I sintomi sono simili a quelli dell’influenza: tosse, raffreddore, febbre, difficoltà respiratoria: quest’ultima però è molto più accentuata e può degenerare in una forma di polmonite virale, ben più grave di quella batterica che è invece una complicanza dell’influenza e si cura solitamente con gli antibiotici», aggiunge Pregliasco.
«Nei centri specializzati, come l’Ospedale Sacco di Milano e lo Spallanzani di Roma, nei casi di sospetto contagio, vengono effettuati appositi test di biologia molecolare che evidenziano la presenza del virus. Non esistono al momento farmaci specifici contro questo Coronavirus, né tanto meno vaccini efficaci. Si sta riconsiderando il vaccino contro il Coronavirus della MERS, ma la sperimentazione richiederà da sei mesi a un anno. Nel frattempo, l’unico “rimedio” è l’isolamento dei casi infetti, come sta avvenendo negli Ospedali cinesi dove ci sono la maggior parte delle persone contagiate dal virus. Per la prevenzione vale la raccomandazione adottata a Wuhan di uscire il meno possibile da casa ed evitare contatti con altre persone. Per questo motivo sono stati temporaneamente sospesi i voli provenienti da Wuhan e da altre città della Cina e negli aeroporti internazionali sono stati intensificati i controlli dei passeggeri provenienti dalla Cina, con l’obbligo di misurare la temperatura. In più viene consegnata una scheda per monitorare lo stato di salute nei 15 giorni successivi, tale è il tempo d’incubazione del Coronavirus. E per informazioni o timori è stato istituito il numero 1500».
Nei giorni scorsi si è organizzata una Task force, a cui partecipano il Ministero della Salute e le istituzioni sanitarie preposte, come l’Istituto Superiore di Sanità. La Farnesina ha inviato un volo speciale per rimpatriare i nostri concittadini che lavorano a Wuhan. Si sconsigliano comunque viaggi nelle zone infette, e in altre città della Cina, se non strettamente necessari. E in Italia, dopo i due casi di contagio, possiamo stare tranquilli? «Direi proprio di sì», rassicura Pregliasco. «Le procedure da adottare per scongiurare l’infezione sono le stesse che consiglio ripetutamente per evitare di contrarre il virus dell’influenza: lavarsi di frequente le mani e non portarle alla bocca, soprattutto quando si soggiorna in luoghi affollati o si è a contatto con superfici toccate da tutti, come maniglie e sedili sui tram e sui treni. Evitare locali pieni di gente e mantenere le distanze da chi ha sintomi influenzali. Si tratta di semplici accorgimenti, non tanto per evitare il Coronavirus, un rischio molto remoto nel nostro Paese, ma soprattutto per non essere contagiati dal virus dell’influenza, che proprio in questi giorni raggiungerà il suo picco, aumentando ancor di più il numero dei casi che in Italia ha raggiunto i tre milioni e mezzo, dall’inizio della sorveglianza».
di Paola Trombetta