Dai recenti dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità nell’ambito sanitario, le donne rappresentano il 70% della forza lavoro; tuttavia solo il 25% occupa posizioni di leadership. Mai come ora, donne e leadership sono argomenti attuali. Oggi, viene premiato chi ha qualità come la determinazione, la tenacia, l’empatia, la resilienza, l’essere multitasking, prerogative delle donne, che sembrano, proprio per questo, essere più adatte ai ruoli guida. Per incentivare il riconoscimento della professionalità delle donne, nasce “Women Network in HealthCare”, il primo network di donne leader nel contesto sanitario per implementare una rete, ideare e realizzare progetti innovativi sulla leadership al femminile nella sanità.
Il progetto è stato presentato nel corso dell’incontro promosso da Medtronic “Women Leader in HealthCare”, in occasione della Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza, promossa dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Nove donne, che ricoprono ruoli apicali in ambito sanitario, hanno affrontato temi come l’empowerment, la conciliazione famiglia-lavoro, il fare squadra, il networking e la mentorship.
In ambito sanitario, l’affermazione delle donne è storicamente complessa e per molti anni le differenze di genere hanno evidenziato una difficoltà di accesso alla sala operatoria e da lì alle posizioni dirigenziali, alle quali molte sono state costrette a rinunciare. Un dato che fa riflettere, laddove le ricerche sul lavoro ospedaliero sono concordi nell’affermare che, non solo le donne ottengono risultati indistinguibili da quelli dei colleghi uomini, ma mostrano anche maggiori capacità relazionali ed empatiche con pazienti e colleghi rispetto ai maschi, permettendo in molti casi migliori cure per il paziente. Recenti dati del Ministero della Salute confermano che in Italia nel 2017 i medici assunti erano 125.307, di cui solo 45.701 donne (poco più di un terzo). Quasi tutti i medici erano a tempo pieno, ma dei 956 assunti part-time, ben 873 erano donne.
«È stato molto difficile diventare chirurgo in un contesto prevalentemente maschilista come la sala operatoria e soprattutto avere un ruolo dirigenziale», conferma Micaela Piccoli, primario di Chirurgia generale d’Urgenza all’Ospedale Baggiovara, Azienda Ospedaliera di Modena e vice presidente della Società Italiana di Chirurgia. «Su circa 300 primari uomini, solo 5 sono donne. E chi riesce a diventarlo, deve dimostrare doti eccezionali: essere capace di organizzarsi, essere “autorevole”, determinata e riuscire a farsi rispettare dall’intero gruppo. In più c’è la formazione continua, lo studio, i corsi di aggiornamento che spesso costringono le donne a sacrificare la vita privata. E poi la dimestichezza con le nuove tecnologie: oggi per diventare un bravo chirurgo non basta la manualità, ma ci vuole un’attitudine alla tecnologia, alla robotica, all’utilizzo di apparecchiature molto sofisticate. Per non parlare degli orari di lavoro massacranti, dove le notti fanno parte della routine lavorativa».
«In sala operatoria è fondamentale il lavoro di squadra, che non sempre si riesce a gestire al meglio, per il clima troppo competitivo con gli uomini», conferma Patrizia Presbitero, per 22 anni responsabile della Cardiologia dell’Istituto Humanitas, unica donna ad occuparsi fin dall’esordio di Cardiologia interventistica, oggi Senior Consultant di Emodinamica del Gruppo Humanitas a Milano e Torino. «Un limite delle donne è forse la mancanza di coraggio e l’essere troppo riflessive e forse anche l’eccessiva empatia con il paziente: siamo troppo empatiche nel nostro lavoro e non riusciamo ad avere quella freddezza e quel distacco che gli uomini, al contrario, hanno. Quando hai un paziente in arresto cardiaco, devi essere razionale, ma anche un po’ temeraria per poter intervenire al più presto, senza troppe riflessioni, e poter salvare una vita. E quando questo accade, è la più appagante soddisfazione che si potrebbe provare. Come pure quando, grazie alla capacità organizzativa tipica delle donne, riesci a far funzionare bene il tuo reparto: e i reparti diretti dalle donne vanno meglio, ma purtroppo sono ancora troppo pochi. Basti pensare che solo l’11% dei primari ospedalieri sono donne. Per questo è importante diventare “mentore” di altre donne e cercare di spronarle a raggiungere ruoli dirigenziali».
Secondo il rapporto “Women in Business and Management: a Global Survey of Enterprises”, che ha analizzato i risultati di un’indagine su quasi 13 mila imprese in 70 Paesi, quelle che attuano iniziative di promozione della diversità di genere ottengono risultati migliori, tra cui un aumento significativo dei profitti. Oltre il 57% degli intervistati ha convenuto che le iniziative sulla diversità di genere hanno migliorato i risultati di impresa. Inoltre, il rapporto ha rilevato che, a livello nazionale, un aumento dell’occupazione femminile è associato alla crescita del prodotto interno lordo (PIL) e, anche secondo le ultime stime di Banca d’Italia, se in Italia avessimo gli stessi livelli di occupazione femminile di altri paesi europei, il nostro PIL aumenterebbe del 7%.
di Paola Trombetta