Non è un problema intimo solo delle donne. La cistite, un’infezione batterica della vescica che coinvolge l’urotelio, ovvero il tessuto che riveste internamente le vie urinarie, può farsi sentire anche negli uomini, seppure in misura minore, in un rapporto di uno a 4. Si stima, infatti, che oltre il 30% della popolazione femminile in età fertile, soprattutto se sessualmente attiva, ne conosca bene i sintomi – bruciore vescicale durante e dopo la minzione, urine torbide e maleodoranti, dolore al basso ventre e, nei casi più gravi, anche sangue nelle urine e febbre – sperimentati almeno una volta nella vita, con comparsa dopo 24-72 ore dal rapporto sessuale.
Nel 20% dei casi, la cistite assume forma ricorrente, ripresentandosi più volte nel corso dell’anno, con manifestazioni rinnovate, talvolta anche a poca distanza tra un episodio e il successivo. «L’Escherichia coli – spiega Susanna Esposito, Presidente WAidid (Associazione Mondiale per le Malattie infettive e i Disordini Immunologici) e Professore Ordinario di Pediatria all’Università di Parma – nell’80% dei casi provoca la cistite, a cui seguono Staphylococcus aureus e Proteus. Sono batteri provenienti dall’intestino che arrivano nella vescica attraverso l’uretra, attecchendo più facilmente nella donna per via della maggiore brevità dell’uretra, lunga solo circa 3-4 cm, e dunque anche della maggiore vicinanza alla vagina e al retto». Questa conformazione anatomica rende la donna maggiormente sensibile ai traumi meccanici dovuti al rapporto sessuale, tra i principali fattori di rischio della cistite, soprattutto se la lubrificazione è scarsa; tuttavia una prevenzione o comunque la possibilità di contenere l’insorgenza c’è. «La corretta igiene personale e l’adozione di misure precauzionali, come urinare subito dopo il rapporto sessuale, aiutano ad allontanare i batteri, contrastando il verificarsi o il ripresentarsi della cistite. Che è “sensibile” anche ad altri fattori scatenanti quali la stipsi, l’assunzione di alcuni farmaci e condizioni predisponenti come la presenza di calcoli, malformazioni delle vie urinarie o, nell’uomo soprattutto over 50, l’ipertrofia prostatica: l’ingrossamento della ghiandola non permette infatti lo svuotamento completo della vescica, favorendo la proliferazione dei batteri e dunque il rischio di infezione».
Alla comparsa dei primi sintomi sospetti è fondamentale rivolgersi al medico ed eseguire, dietro prescrizione, l’esame delle urine e/o l’urinocoltura per verificare la presenza di eventuali batteri e la loro tipologia, così da iniziare un trattamento adeguato utile a eradicare l’infezione e contrastare le recidive.
Non è però un problema solo “dei grandi”: la cistite può manifestarsi anche in età pediatrica, con un rischio maggiore nelle femmine sotto i 14 anni rispetto ai maschi (3% contro 1,1%), spesso dipendente dall’abitudine a trattenere le urine, da possibili disfunzioni vescicali o dello sfintere uretrale esterno, da reflusso vescico-ureterale, che comporta il passaggio retrogrado di urina dalla vescica all’uretere, consentendo così ai batteri del tratto urinario inferiore di contaminare il tratto superiore. Una condizione, quella del reflusso vescico-ureterale, spesso presente in concomitanza di altre problematiche come fimosi nei maschi, vulvo-vaginiti o sinechie delle piccole labbra nelle femmine, stipsi o ossiuriasi in entrambi i sessi.
«Nei primi anni di vita dei piccoli – precisa l’esperta – le cistiti vanno sospettate anche in presenza di sintomi aspecifici come febbre, disturbi gastroenterici, irritabilità, anoressia, scarso accrescimento ponderale, pianto durante la minzione, urine maleodoranti, arrossamento all’interno delle cosce e ittero (in particolare nel neonato) mentre nei bambini più grandi, in caso di disturbi minzionali tra cui la necessità di effettuare minzioni di piccola quantità e frequenti, bruciore o dolore nel fare la pipì, incontinenza, dolori in sede lombare o sovrapubica. Qualunque sia la manifestazione della cistite nei più piccoli, soccombe all’azione degli antibiotici, la terapia di élite: «Questi – commenta Esposito – possono variare secondo il tipo e la gravità dell’infezione e il quadro clinico del paziente, mentre in funzione dell’origine intestinale della maggior parte dei batteri coinvolti nella cistite, è fondamentale la regolarizzazione della flora batterica al fine di prevenire le recidive».
Infine può aiutare, preventivamente, anche la messa in atto di alcuni buoni comportamenti, consigliati da WAidid:
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Bere acqua e mangiare sano: bere almeno 1 litro e ½ al giorno per diluire la concentrazione batterica nella vescica e seguire una dieta ricca di fibre utili a contrastare la stitichezza e ridurre la presenza di batteri nell’intestino, mentre il succo di mirtilli rossi (cranberry), ricco di flavonoidi, potrebbe limitare l’annidamento dei batteri intestinali nella vescica.
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Prendersi cura dell’igiene intima: lavarsi rigorosamente dall’alto verso il basso, il contrario (ovvero dall’ano verso i genitali) comporta una proliferazione massiccia di batteri. Soprattutto lavarsi con cura e svuotare completamente la vescica dopo i rapporti sessuali.
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Attenzione ai prodotti e alle abitudini intime: utilizzare un sapone neutro che non alteri il PH dell’apparato genitale e non trattenere a lungo la pipì, favorendo anche in questo caso la proliferazione di batteri.
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Non trascurare l’importanza “dell’intimità”: evitare rapporti sessuali durante un episodio acuto di cistite per non infiammare ulteriormente le vie urinarie o trasmettere l’infezione al proprio partner; indossare sempre biancheria intima di cotone; evitare pantaloni troppo stretti e dopo un bagno in piscina togliere l’umidità, asciugandosi bene e cambiando subito il costume. Infine cambiare di frequente l’assorbente durante il ciclo mestruale.
di Francesca Morelli