Svolgono il loro compito in silenzio, nell’ombra, con generosa dedizione, che dà senza chiedere. Sono i caregiver: partner, mariti, mogli, sorelle, figlie, amici, presenza fondamentale nel supporto emotivo, psicologico e di aiuto a chi attraversa un periodo di fragilità, colpito da una malattia importante, soprattutto in questi giorni di emergenza sanitaria da Covid-19. Ai caregiver, di cui si parla e si riconosce poco, in occasione del 25° anniversario dalla sua fondazione, Europa Donna Italia (EDI), movimento per i diritti alla prevenzione e cura del tumore del seno nata da un’idea del professor Umberto Veronesi e per iniziativa della European School of Oncology, dedica un omaggio: “Dammi la mano”. Un progetto che per tutto il 2020, con iniziative e attività itineranti sul territorio, educherà e sensibilizzerà all’importanza, al delicato ruolo del caregiver, primo testimone del vissuto, delle paure, fragilità e bisogni di chi soffre.
«I primi 25 anni della nostra storia – dichiara la Presidente EDI, Rosanna D’Antona – sono stati dedicati all’ascolto delle pazienti e all’impegno su tutti i fronti per tutelarne i diritti. Ci sembrava doveroso comprendere, valorizzare l’operato dei caregiver e sostenerli nel loro altrettanto difficile, ma importantissimo percorso, a fianco dei propri cari».
Una figura, quella del care-giver, tanto più preziosa per la capacità di sapersi plasmare sulle necessità e personalità della donna di cui si prendono cura. «Ci sono caregiver che prendono l’iniziativa – aggiunge D’Antona – e sostengono la donna anche a parole, “Dai che ce la puoi fare”. Altri che si muovono con passo felpato, chiedendo ciò di cui la persona in difficoltà ha bisogno. Comportamenti e attitudini che sono spesso dipendenti anche dalle richieste della paziente stessa, da colei che preferisce prendersi cura di sé, a colei che chiede invece apertamente aiuto, riconoscendo l’incapacità a superare la prova del tumore da sola».
Non c’è una scuola per imparare ad essere caregiver: ci sono difficoltà, momenti duri e di condivisione da superare, ma ogni gesto, parola donata, attenzione prestata è sempre offerta con empatia, in un senso di unione solidale emotiva e psicologica con l’altro. «Saper parlare e ascoltare, capire cosa la persona malata vuole conoscere della propria malattia – aggiunge la Presidente – ma anche cercare di instaurare e preservare un rapporto di fiducia, ma anche avere cura di sé per prendersi cura efficacemente della persona malata, sono le qualità che fanno la differenza nell’assistenza e nel rapporto paziente-caregiver». E sono state tutte raccolte in un Vademecum dall’omonimo titolo: “Dammi la mano. Stare vicini a chi si ama quando ha il cancro”, nato da un’idea della psicologa Cristiana Rinaldini che, con l’aiuto della collega Paola Pellacani, ha fatto di un’esperienza personale un’opportunità di conoscenza collettiva del problema tumore del seno, nelle diverse sfaccettature, illustrate dalla sottile ironia della fumettista Pat Carra. Il libricino è una sorta di “istruzioni per l’uso” che accompagna non solo il caregiver, ma chiunque possa incontrare nel suo percorso di vita una malattia come il tumore al seno. Ovvero nel rispetto dell’intento del progetto, “dà una mano” ad affrontare in maniera chiara e diretta alcuni degli aspetti più difficili con cui il caregiver deve confrontarsi: come il rapporto con le parole “proibite”, cancro o tumore, il complesso momento della diagnosi e ciò che ne consegue, le fasi della malattia. Compreso offrire consigli utili e pratici su come gestire le diverse situazioni, in relazione alle diverse caratterialità dei caregiver e alla carta dei diritti. «Esiste una legge – chiarisce D’Antona – che secondo il grado di parentela, dà diritto ad avere tempo libero per assistere una paziente con tumore al seno, per accompagnarla a una visita, starle a fianco dopo la diagnosi, per non farla sentire sola in tutte le fasi della malattia».
Proprio in funzione delle molteplici implicazioni legate al ruolo del caregiver, sarebbe opportuno prevedere all’interno delle Breast Unit, ancora carenti e difformi sul territorio (in Lombardia ce ne sono 38 sulle 40 realmente richieste, nel Lazio 15 su 23, in Sicilia 10 su 20 e nessuna in Molise) dei percorsi di formazione per il caregiver. Alcune realtà virtuose già esistono, come a Modena. «In diversi ospedali – conclude la Presidente – sono stati strutturati, all’interno delle Breast Unit, dei laboratori dove condividere esperienze in un atto di mutuo-aiuto guidato da una psicologa, dedicati al sostegno di chiunque, seppure con un diverso ruolo, sia coinvolto nel percorso di accompagnamento di una persona malata di tumore. Questi laboratori sono ancora rari fiori all’occhiello ma parte del nostro lavoro consiste anche nell’identificare e spostare le “best practice” presenti, disseminandole sul territorio, da un centro all’altro, farle conoscere per potere essere replicate. Affinché alla donna, ad ogni donna affetta da tumore al seno, sia data una mano, la più franca e sicura possibile, nell’affrontare e superare la sua malattia».
Il progetto “Dammi una mano” celebrerà i caregiver per tutto l’anno in corso, anche con una mostra fotografica itinerante che li ritrae in momenti quotidiani, curata dalla Fondazione 3M e dall’archivio storico Ferrania, che toccherà le principali città italiane. Mentre proseguirà l’impegno nel portare avanti richieste istituzionali elaborate sulla base dei bisogni e del lavoro delle associazioni, istanze di cui EDI intende farsi portavoce presso gli assessorati regionali e la diffusione anche digital del Vademecum, sul sito di EDI al link europadonna.it/progetti/caregiver/
di Francesca Morelli