8 marzo. Facciamo il punto sulla Festa della donna, che quest’anno si celebra in un clima molto particolare a causa del Coronavirus, con Daria Colombo, delegata del Sindaco di Milano, Giuseppe Sala, alle Pari opportunità di genere e molto altro ancora: giornalista, scrittrice, fondatrice del Movimento dei Girotondi (oltre che moglie dal 1981 del cantautore Roberto Vecchioni, con cui condivide anche l’impegno sociale). Ha pubblicato Meglio dirselo (Rizzoli 2010, vincitore del Premio Bagutta Opera Prima) e Alla nostra età, con la nostra bellezza (Rizzoli 2015), e Cara Premier ti scrivo (2019, La Nave di Teseo).
Vietate tutte le manifestazioni pubbliche. L’emergenza Coronovirus farà passare sotto silenzio questa giornata in cui, a partire dal 1909, in tutto il mondo le donne scendono in piazza a far sentire la loro voce?
«L’emergenza sanitaria del Coronavirus e le disposizioni del governo per contenere il contagio hanno fatto saltare tanti appuntamenti. Anche qui a Milano. Avevamo tante belle iniziative legate ai Talenti delle donne (mostre, spettacoli, concerti, conferenze, incontri, workshop) che abbiamo dovuto rimandare a malincuore a data da destinarsi. Volevamo far arrivare forte la voce dell’amministrazione comunale e testimoniare che Milano è una città amica delle donne. Volevamo annunciare anche la novità di un premio, una sorta di Ambrogino d’oro, che diventerà un appuntamento stabile, dedicato alle associazioni che si occupano di donne. E ora tutto viene rimandato a data da destinarsi. Mi spiace molto. Però ci rifaremo, ne sono sicura. Non perdiamoci d’animo. Intanto invito le donne a mobilitarsi in tutti i luoghi dove sia possibile e far sentire la nostra voce. La mobilitazione non si fermerà».
Che significato ha secondo lei questa ricorrenza?
«Importantissima. Certamente non è la festa delle mimose e neppure delle amiche che si ritrovano a mangiare la pizza. Non sono d’accordo con quella parte di donne che non vuole essere festeggiata in questa giornata, e commenta la Festa internazionale della donna con lo slogan “L’otto tutti i giorni”. Certo che lotto tutti i giorni, ma un giorno dedicato per ricordarlo non fa affatto male. L’8 marzo continua ad avere significato perché l’auspicata parità non è ancora raggiunta. Per questo è importante guardarsi, riconoscersi, raccontarsi, e ancora studiare e riflettere, discutere, non dare nulla per scontato, prendere consapevolezza dei percorsi storici e della situazione attuale. Forza, mostriamoci coraggiose, ottimiste e combattive!».
Che cosa sta facendo con il sindaco Sala per dare davvero pari opportunità di genere?
«Diverse iniziative di cui vado molto orgogliosa, a cominciare dall’apertura in ogni municipio milanese di un centro Milano-Donna: presidi di vicinanza alle donne, luoghi aperti, accoglienti, dove formazione, ascolto, sostegno e socialità sono le parole d’ordine. Abbiamo inaugurato a novembre il terzo Centro Milano Donna (CMD) in via Sant’Uguzzone, nel Municipio 2, dopo quelli di via Consolini, nel quartiere Gallaratese, e in viale Faenza, alla Barona, attivi già dal 2018. Be.st – Beyond Stereotype”, la prima sperimentazione in una Scuola Primaria di Milano di un modello integrato per combattere gli stereotipi di genere. L’educazione alle differenze viene infatti spesso affrontata nelle scuole in modo episodico, con interventi e azioni che non prevedono un reale coinvolgimento degli insegnanti in un lavoro sistemico sul lungo periodo. Ed è partendo da questa analisi che il metodo “Be.st” vuole proporsi come modello che caratterizza la Scuola Primaria per veicolare una cultura priva di stereotipi sessisti, favorendo le potenzialità e la valorizzazione delle differenze».
Va in questa direzione la scelta di dedicare il palinsesto culturale per tutto il 2020 a “I talenti delle donne”?
«Sì perché sono esemplari figure del passato e del presente, protagoniste nel mondo dell’arte, della cultura, dell’imprenditoria, della politica, dello sport e della scienza, che si scontrano con coraggio e caparbietà contro misoginia, pregiudizi e luoghi comuni. Molte eccellenze femminili restano nell’ombra. Diffondere conoscenza su questo tema produce un nuovo livello di consapevolezza sul ruolo delle figure femminili nella vita sociale, e aiuta a perseguire quel principio di equità e di pari opportunità che deve potersi calare nella quotidianità (www.italentidelledonne.it)».
Come combattere gli stereotipi?
«La battaglia per la parità di genere è culturale: dobbiamo combatterla insieme, uomini e donne. Viviamo ancora in una società patriarcale che bisogna cambiare, abbattendo tanti stereotipi e parlando della ricchezza delle diversità. Occorre rimettere in discussione non anni, ma secoli. Due le strade: una istituzionale con leggi che possano spianare la strada al “gender equity”. Come, ad esempio, il congedo di paternità, aumentano da 5 a 7 i giorni riconosciuti: retribuiti al 100%. Si tratta di una delle novità del Legge di Bilancio 2019. Le Leggi indicano la strada e sono segnali importanti, ma da sole non sono sufficienti. Ma la parità di genere non si raggiunge per decreto: bisogna fare un grande lavoro culturale. A cominciare dalle scuole, stimolando a concetti positivi quali il rispetto dell’altro, la parità di genere, l’uguaglianza e l’apertura alle diversità. Anche i dati statistici possono contribuire ad aprire gli occhi: gli studi dimostrano che l’aumento della leadership femminile porta creatività e produttività, dipendenti più coinvolti, ispirati e soddisfatti rispetto alle aziende guidate da uomini. E mette in moto meccanismi che hanno una ricaduta positiva sull’intero sistema economico. Perché una società dove le donne lavorano e mettono a disposizione della collettività i propri talenti è una società più felice e più ricca anche dal punto di vista economico. E meno violenta».
La violenza alle donne è una tematica urgente…
«I numeri del femminicidio ci raccontano di una società profondamente infiltrata da retaggi culturali, sessisti e distorti. Sono stata particolarmente orgogliosa in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne (25 novembre), quando abbiamo esposto a Palazzo Marino e negli uffici pubblici la bandiera a mezz’asta. Abbiamo scelto questo gesto simbolico per dire basta alla violenza, ma soprattutto per affermare l’impegno della nostra città per il diritto al rispetto di tutte le donne».
Il mestiere più difficile oggi è forse crescere un figlio maschio. Domani saranno uomini ed è compito nostro crescerli sicuri e affidabili, rispettosi dell’universo femminile. Daria ha due maschi e una figlia ormai adulti. Un consiglio alle mamme?
«A volte noi mamme siamo troppo indulgenti già nelle piccole mansioni quotidiane. In teoria diciamo di essere moderne, di non fare distinzione tra figlie femmine e figli maschi, di essere contro la distinzione di genere. Poi, tra le mura domestiche, troppo spesso inciampiamo ancora su stereotipi, su frasi come “non piangere come una femminuccia” o “non comportarti da maschiaccio”. Dalle femmine pretendiamo che stiano composte, aiutino in casa, che siano brave a scuola, mentre i maschi in casa possono essere disordinati, svogliati. Basta mamme chiocce con figli di 20, 30, addirittura 40 anni. Detto questo sarà fondamentale il nostro esempio. Una mamma realizzata e fiera di sé è per un maschietto l’esempio più forte di quello che le donne sono capaci di fare e di quanto valgono. Mostriamogli che non esistono attività “da maschio” o “da femmina”. Perciò esortiamolo a darci una mano in casa, magari chiedendogli di mettere in ordine i suoi giochi, di aiutare a cucinare e apparecchiare. Lo renderemo più rispettoso del lavoro altrui, facendo capire quanta fatica c’è dietro. Parliamo loro di sentimenti: i maschietti devono capire il valore delle emozioni, come l’amore e l’amicizia, ma anche la paura e la tristezza, e devono capire che non c’è debolezza nell’esprimerli. È un lavoro che va fatto ogni giorno, anche a casa, dove i ruoli devono essere intercambiabili: insegniamo che non ci sono aree d’azione riservate a un sesso. È così che si smontano i pregiudizi».
Il suo ultimo libro si intitola Cara Premier ti scrivo..
«È un titolo che vuole essere un auspicio provocatorio, visto che i Presidenti del Consiglio in Italia sono sempre uomini. La Nazione a cui potremmo ispirarci in questo momento è la Finlandia, al quarto posto della classifica che il World Economic Forum stila ogni anno sulla parità di genere (l’Italia è 70 esima, ultimo è lo Yemen). Anche in famiglia c’è una simmetria maggiore tra uomo e donna, tant’è che, alla nascita di un figlio, al padre vengono concesse 10 settimane di congedo parentale per stare accanto al neonato. E oggi la neo premier finlandese, Sanna Marin, 34 anni, è la più giovane premier donna al mondo. Figlia di due madri, la Marin è a capo di una coalizione di cinque partiti, tutti guidati da donne. Lo scorso anno è diventata madre a sua volta di Emma avuta dal compagno di lunga data Markus Räikkönen. Ne sono convinta: lo sguardo femminile farebbe bene a tutto il paese e al pianeta. E allora un giorno, non so quando, il mondo sarà finalmente incontro, colloquio, amore».
di Cristina Tirinzoni
I dati Censis sul lavoro femminile in Italia
Tra le nazioni ad alto reddito, siamo quella che utilizza meno il potenziale di sviluppo legato al lavoro femminile. Penultima in Europa per tasso di occupazione femminile (siamo intorno al 49,5 %, che al sud diventa 31% nella fascia di 15-64 anni, dati Censis) mentre gli uomini registrano un tasso di attività pari al 67,6, con una distanza abissale dall’81,2% della Svezia, prima tra i Paesi europei. Lo stesso livello di istruzione non si traduce nello stesso livello di occupazione e di retribuzione; gli uomini percepiscono in media il 22,8% in più di retribuzione lorda annua. Per molte donne lavorare e formare una famiglia rimangono ancora oggi due percorsi paralleli e spesso incompatibili. Per questo una donna occupata su tre (il 32,4%, cioè più di 3 milioni di lavoratrici) ha un impiego part time, ben lungi dall’essere una libera scelta. In Italia, al 2018, l’11,1% delle donne, per prendersi cura dei figli, non ha mai avuto un impiego. Un dato fortemente superiore alla media europea del 3,7%. Infine in Italia le donne manager sono solo il 27% dei dirigenti, valore al di sotto di quello medio europeo del 33%. C. T.