I dati epidemiologici lo confermano: le donne si ammalano e muoiono meno di Covid-19 rispetto agli uomini. E lo vediamo anche dalle cronache di questi giorni, in particolare nelle zone più colpite della Lombardia, dove il rapporto tra contagiati uomini e donne è di 8 a 2.
Il più grande studio epidemiologico sul Coronavirus, condotto in Cina su 70 mila persone, di cui 44 mila con diagnosi di Covid-19, e pubblicato sulla rivista scientifica Chinese Journal of Epidemiology conferma che su 10 contagiati, 7 sono maschi e 3 femmine; la mortalità maschile raggiunge il 70%, quella femminile il 30%.
Come si spiegano queste differenze di genere nell’infezione da Covid-19? Tante sono le ipotesi ancora al vaglio degli esperti. Il filone di ricerca è comunque molto interessante e potrà sicuramente servire per ricavare utili indicazioni per conoscere meglio questo nuovo virus e magari anche per tenere sotto controllo il dilagare dell’infezione. In questi giorni è stato pubblicato un report del Chinese Centre for Disease Control & Prevention, in cui è emerso che il tasso di mortalità degli uomini è nettamente superiore a quello delle donne: 2,8% contro 1,7%. Gli uomini sembrano essere stati più facilmente vittime, anche in passato, di infezioni come la SARS, dove il tasso di mortalità maschile fu del 50% superiore a quello femminile e la MERS che provocò la morte del 32% degli uomini contagiati e del 26% delle donne.
Una spiegazione sul piano biologico rimanda al sistema immunitario che nella donna sembra resistere meglio agli attacchi esterni. Un’ipotesi questa che è stata formulata anche dalla dottoressa Janine Clayton, direttrice dell’Ufficio di Ricerca sulla Salute delle Donne presso il National Institute of Health (NIH) americano. Secondo la direttrice, «la presenza nel sesso femminile di due cromosomi X, dove sono presenti numerosi geni immuno-correlati, giustifica una maggiore resistenza alle infezioni. Nelle donne si evidenzia un migliore adattamento immunitario che garantisce un flusso continuo e costante di anticorpi».
Oltre al sistema immunitario, dallo studio cinese emerge anche l’importanza dello stile di vita e di abitudini dannose come il fumo. In Cina il 60% degli uomini fuma rispetto al 2% delle donne: ecco un altro possibile fattore di rischio che accentua il pericolo di infezione da Coronavirus. Questi fattori saranno al centro delle future ricerche per capire meglio come funziona e come agisce questo nuovo virus, la cui mappatura, nelle diverse parti del mondo e tra le differenti etnie, sarà indispensabile per capirne eventuali mutazioni e interazioni.
La conferma dell’importanza di questi confronti tra i differenti ceppi virali viene anche da Ilaria Capua, virologa di fama internazionale e responsabile dell’One Health Center of Excellence dell’Università della Florida, che nel 2006 decise di rendere di dominio pubblico la sequenza del virus dell’influenza aviaria, intervenuta alla trasmissione “Dimartedì” su La 7 condotta da Giovanni Floris. «Durante questa pandemia un dato appare certo: le donne sono meno sensibili al virus e, se si contagiano, hanno sintomi più lievi e muoiono meno degli uomini», conferma la professoressa. «Tra i motivi di questa minore sensibilità al virus potrebbe esserci un sistema immunitario più efficace, magari anche grazie al ruolo protettivo degli estrogeni. In aggiunta le donne si vaccinano di più, soprattutto in giovane età: anche questo potrebbe giocare a loro favore. E forse rispettano di più le norme igieniche, che in questo periodo vengono comunque richieste a tutti. Queste evidenze, riscontrate nella pratica clinica, potrebbero essere lo spunto per ricerche più approfondite da parte degli scienziati e degli specialisti. E le donne potrebbero diventare il “semaforo rosso” per fermare il virus. In più, quando l’emergenza sarà in parte rientrata, potrebbero essere proprio le donne a riprendere per prime i loro ruoli lavorativi. Mai come ora potrebbe essere calzante la definizione delle donne di “rose quadrate”, in grado di associare la gentilezza alla determinazione e razionalità. E forse proprio le donne saranno in prima linea nella ripresa di una vita “normale”».
di Paola Trombetta
La ricerca è indispensabile per sconfiggere il virus
«La ricerca è indispensabile per capire i meccanismi d’azione di questo virus e come sia possibile fermarlo. E la differenza di genere, di come uomini e donne reagiscono al contagio, potrebbe essere uno spunto di ricerca importante». Lo afferma Adriana Albini, presidente del Top Italian Women Scientists, membro del Comitato Scientifico Onda e Responsabile di Laboratorio presso MultiMedica. «La patogenesi di SARS-Cov2 si presta a essere studiata e affrontata da molti gruppi di ricerca, dal punto di vista non solo virologico, epidemiologico e statistico, ma anche molecolare, biologico, biochimico, immunologico. Sarà utile essere preparati a prossimi virus simili, non improbabili, trattandosi della terza epidemia da Coronavirus negli ultimi 18 anni».
Per questo le scienziate di Top Italian Women Scientists, il Club promosso da Fondazione Onda, chiedono ai Ministeri dell’Università e della Salute, al CNR, agli Enti di Ricerca, alle Fondazioni, alle Onlus private, al Governo e alle Regioni di attivare investimenti in ricerca tramite bandi che permettano di trovare al più presto cure efficaci per attenuare sintomi e mortalità della malattia, di potenziare il sistema immunitario, di diminuire gli eventi collaterali, cardiaci, renali, polmonari, la comorbidità oncologica, di predire in anticipo la prognosi e in generale di trovare biomarcatori che ci indirizzino verso la medicina personalizzata anche in questo campo, di studiare i motivi della mortalità attraverso analisi molecolari su sequenze virali e una lunga serie di approcci scientifici per la lotta al Coronavirus. P.T.