Da qualche settimana la sua casa è il laboratorio di Microbiologica clinica dell’Ospedale Sacco di Milano, che lei dirige. E dove, negli ultimi 15 giorni, sono stati campionati più di 3 mila tamponi faringei (3/4 di tutta la Lombardia), il 15% dei quali è risultato positivo. Un lavoro massacrante che finisce a tarda sera e le consente di dormire poche ore per notte. Nonostante questo la professoressa Maria Rita Gismondo riesce anche a trovare il tempo per spiegare alla sua nipotina di nove anni che i virus di cui si occupa la nonna, non sono così pericolosi e comunque si riesce a tenerli a bada. È notizia di questi giorni che un’équipe del Sacco, composta in prevalenza da donne, ha identificato il genoma del Coronavirus “lombardo”, così come un mese fa le colleghe, anch’esse donne, dell’Istituto Spallanzani di Roma, avevano isolato quello “cinese”: si tratta in realtà di due facce della stessa medaglia.
Alla professoressa Maria Rita Gismondo, direttrice del Laboratorio di Microbiologia clinica dell’Ospedale Sacco, professore associato all’Università di Milano e presidente della Fondazione Donna a Milano Onlus, vogliamo dedicare questa Giornata dell’8 marzo, riconoscendo quanto si stia adoperando, insieme ai medici e agli operatori sanitari, per la salute di tutti noi, con grande spirito di abnegazione. E la ringraziamo anche per trasmetterci messaggi di fiducia e di incoraggiamento, mentre il panico e la paura stanno dilagando. Con il suo aiuto, cerchiamo di capire meglio come si sta evolvendo questa infezione e quali consigli mettere in pratica.
Donna, mamma, medico full-time, soprattutto in questa emergenza Coronavirus che sta affrontando con assoluta abnegazione: come riesce a conciliare famiglia e lavoro in queste giornate tanto concitate?
«In questo periodo sinceramente non riesco proprio a conciliarle. Le mie due figlie però sono abituate: sanno che quando c’è un’emergenza sanitaria, la mamma è soprattutto un medico e gli orari di lavoro in ospedale non sono programmabili. Durante i periodi normali, riesco abbastanza a conciliare il lavoro (sempre molto impegnativo) e la famiglia. Ma è normale considerare che il tempo dedicato alla famiglia, è sempre intercalato da impegni professionali, che implicano anche rapporti a livello internazionale: skype-call, nottate trascorse al telefono, da un capo all’altro del mondo, sono all’ordine del giorno. E non ci sono festività che tengano».
La preoccupazione per il contagio da Coronavirus sta diventando più pericolosa del virus stesso: cosa consiglia alle nostre lettrici per affrontare con razionalità questa situazione?
«La paura è giustificata perché serve per non sottovalutare il problema. Ma il panico, mai: crea solo inutile allarmismo. E lo dico soprattutto alle mamme che devono gestire a casa i figli. È importante spiegare ai bambini cosa sta realmente accadendo, come mai sono costretti a non andare a scuola per tanti giorni. È inutile mentire, minimizzando il problema: si rischia di perdere la loro fiducia. I bambini sono informati, ascoltano e guardano la televisione. È giusto parlare con loro dell’esistenza di questo virus, dei rischi che potrebbe rappresentare per la nostra salute, delle precauzioni da prendere, ma tranquillizzarli anche del fatto che questa infezione, come tante altre, si può tenere sotto controllo e i medici stanno lavorando per questo».
Tante polemiche sulla pericolosità di questo virus, che è sicuramente più grave di quello dell’influenza, ma che ancora non conosciamo…
«Non sono la sola ad aver definito fin da subito questa infezione da Covid-19 poco più grave di quella dell’influenza. Anche Ilaria Capua e Fabrizio Pregliasco hanno sempre mantenuto questa linea. Bisogna però stare attenti e contestualizzare sempre le affermazioni: queste sono valide in riferimento al momento che si sta vivendo. Il Coronavirus è un fenomeno nuovo, è un virus che può mutare nel tempo. Proviene da un animale (pare il pipistrello) e ora invece si trasmette da uomo a uomo. E non sappiamo come evolverà questa infezione nel tempo. Per questo fare previsioni su quanto durerà l’infezione e come potrebbe in futuro propagarsi diventa davvero molto difficile».
Perché si sono verificati tanti contagi, concentrati in poco tempo nei due territori del Lodigiano e di Vo’ Euganeo in Veneto?
«Purtroppo si è verificata in questo caso la peggiore delle ipotesi possibili. E cioè il contagio, anziché essere stato individuato subito e isolato, si è al contrario propagato proprio nell’ambiente ospedaliero, dove invece avrebbe dovuto essere riconosciuto e circoscritto. E questo fatto ha determinato un’amplificazione dell’infezione. Il paziente 1, che si era rivolto all’ospedale di Codogno in condizioni critiche, non è stato trattenuto subito: oltre ad aver contagiato una parte del personale sanitario, che non aveva preso alcuna precauzione perché non sapeva della presenza del virus nel paziente, ha poi contagiato a cascata altre persone».
È cronaca di questi giorni che nei vostri laboratori è stato isolato il Coronavirus che circola in Lombardia e Veneto: qual è il significato di questa scoperta?
«La notizia dell’isolamento del Coronavirus “lombardo”, avvenuta all’Ospedale Sacco, è un evento “normale” nei casi di infezione e serve per meglio conoscere questo virus. E’ comunque già stato effettuato allo Spallanzani di Roma sul Coronavirus “cinese” e in molti altri laboratori nel mondo. In particolare, noi stiamo conducendo un importante studio italiano per la mappatura del percorso del virus e i risultati si avranno tra qualche settimana. Riusciremo in questo modo anche a valutare se il virus subisce mutazioni nei vari contagi».
In conclusione, quali consigli si sente di dare alle nostre lettrici per prevenire i contagi e cercare, per quanto possibile, di tornare a vivere nella normalità?
«I consigli sono molto pratici, ma efficaci: lavare spesso le mani, con il sapone oppure con le soluzioni alcoliche in commercio. Evitare di toccare con le mani la bocca, il naso e gli occhi: si potrebbe diffondere il virus. Si tratta comunque di norme igieniche che si dovrebbero sempre seguire. In più consiglio di usare la mascherina nei casi di sintomi effettivi: tosse o raffreddore per evitare la propagazione. Per altre raccomandazioni e per verificare eventuali provvedimenti adottati, è bene consultare il sito del Ministero: www.salute.gov.it».
di Paola Trombetta