Secchezza della cute, prurito irrefrenabile che disturba almeno una volta al giorno, tutti i giorni nel 91% dei casi, anche in maniera pesante (54%), larghe chiazze rosse con vescicole che ricoprono in misura più o meno importante alcune aree della pelle e creano imbarazzo, limitando la vita socio-reazionale: sono alcuni dei sintomi più frequenti della dermatite atopica (DA). Patologia cronica che infiamma la cute di 1/5 della popolazione occidentale di cui 15-30% bambini – si tratta infatti di una problematica a prevalenza pediatrica che tende a scomparire con l’età – e 2-5% adulti. Su tutti impatta la riduzione della qualità della vita: sonno interrotto da risvegli notturni plurimi (55%) da 5 a 7 notti a settimana o dalla smania di prurito (68%), pianti a dirotto nei piccoli per l’ingestibile voglia di grattare, cui si sommano costi diretti quali visite mediche, farmaci, emollienti, modifiche ambientali e costi indiretti, come giornate di lavoro prese e scarse performance, limitazione delle attività quotidiane come fare il bagno o indossare pantaloncini (87%) e risvolti psicoemotivi quali ansia e depressione (43%), con implicazioni tanto più importanti nelle forme di DA grave. Un vissuto problematico che potrebbe essere interrotto dall’introduzione di nuove molecole che, a tutte le età, hanno dimostrato efficacia anche a lungo termine.
Nei grandi, la nuova frontiera di cura potrebbe essere rappresentata da un anticorpo monoclonale (Tralokinumab), completamente umano, del tipo immunoglobuline (Ig)G4 che agisce esclusivamente sulla citochina IL-13, fra le principali responsabili dell’insorgenza di malattia. «È stato dimostrato – spiega Ketty Peris, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Dermatologia della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli – che l’IL-13 è maggiormente espressa nella cute dei pazienti con DA e stimola i sintomi tipici della malattia, tra cui alterazioni della barriera cutanea, infiammazioni, prurito, rischio di infezioni». Tre studi internazionali (ECZTRA 1, 2 e 3) di Fase III, presentati al Convegno Annuale dell’Accademia di Dermatologia 2020, dimostrerebbero che tralokinumab è in grado di rispondere agli obiettivi primari e secondari. Ovvero con la riduzione del prurito e il miglioramento della qualità della vita, valutati in termine di pelle priva o quasi priva di lesioni (IGA 0/1) alla scala “Investigator Global Assessment”, e un miglioramento di almeno il 75% alla scala “Eczema Area and Severity Index” (EASI-75), sia se impiegato in monoterapia o in combinazione ad altri farmaci. L’efficacia è conclamata: in due studi (ECZTRA 1 e 2), la maggioranza dei pazienti trattati con una sola dose ogni due settimane risponde già alla 16a settimana, con mantenimento dei risultati alla 52a settimana, senza l’utilizzo di corticosteroidi topici (TCS). Nel terzo (ECZTRA 3) 9 pazienti su 10 alla 16a settimana hanno mostrato una pelle priva di lesioni (clear skin) o quasi priva di lesioni (almost clear skin) quando è usato in associazione a corticosteroidi topici, ancora visibile alla 32a settimana con l’assunzione della molecola ogni due settimane. Analogamente, otto pazienti su 10 con una terapia ogni quattro settimane hanno mantenuto una pelle priva o quasi priva di lesioni alla 32a settimana. Valore aggiunto: il profilo di sicurezza del farmaco, comparabile al placebo su 52 settimane, in termini di frequenza e gravità degli eventi avversi. «In funzione di queste risposte – aggiunge Peris – una volta approvato da Ema (Agenzia Europea per i Medicinali), questa nuova molecola diventerà il secondo farmaco biologico disponibile per il trattamento della DA da moderata a grave e il primo con target citochina IL-13. Oggi, infatti, la gran parte dei farmaci hanno azione congiunta su IL-13 e IL-14». Naturalmente non si tratta di un farmaco per tutti gli usi, ma di una terapia selezionata che va somministrata in funzione della gravità e entità della DA. «In considerazione del grave impatto fisico, sociale ed emotivo della malattia moderata-grave – conclude l’esperta – è cruciale offrire ai pazienti ulteriori opzioni terapeutiche. E questi sono i primi risultati di Fase III a essere presentati nell’ambito della DA, e tralokinumab sembra rispondere all’obiettivo».
Anche i piccoli, seppur in percentuale minore rispetto all’adulto (7% vs 8-17%), possono manifestare una DA grave: anche per loro all’orizzonte si profila una nuova molecola in grado di alleviare sintomatologia e disturbi. Si tratta di un anticorpo monoclonale (Dupilumab) che inibisce l’azione e i segnali delle proteine interleuchina 4 e interleuchina 13 (IL-4 e IL-13), che accendono la “marcia topica” della DA, verso asma, rinosinusite cronica con poliposi nasale e altre problematiche associate. L’efficacia della molecola, combinata alla più tradizionale terapia con corticosteroidi ad uso topico (TSC), emergerebbe da uno studio che ha coinvolto quasi 370 bambini tra i 6 e gli 11 anni con DA grave, con interessamento del 60% della cute, di cui il 90% anche affetto da altre comorbilità atopiche, inclusa l’asma (circa 50%). Dopo 16 settimane dall’inizio della terapia vi sarebbe evidenza significativa di “pelle pulita” o comunque con miglioramenti pari almeno al 75% in gran parte dei bambini rispetto a chi è in terapia con soli TSC, e l’attenuazione del prurito già dopo due settimane dalla prima dose, con effetti duraturi lungo il trattamento.
«Quotidianamente – ha dichiarato Amy S. Paller, autore dello studio e Professore di Pediatria alla Feinberg School of Medicine della Northwestern University di Chicago – vedo bambini con DA grave che lottano con prurito intenso e persistente, lesioni estese in gran parte del corpo e caregivers alla disperata ricerca di opzioni di trattamento che possano aiutare a controllare sintomi e malattia. I dati dello studio confermano, anche nei bambini, il profilo di sicurezza ed efficacia terapeutica ottenuto negli adulti e negli adolescenti, dando speranza a medici e famiglie per una nuova potenziale cura in bambini affetti da questa patologia cronica».
di Francesca Morelli