“Tirati su di morale”, “Prova a reagire”, “Esci con gli amici e vedrai che ti riprendi”: sono alcune frasi che spesso si usano per spronare parenti o amici che stanno magari attraversando un momento di difficoltà, in cui si sentono demotivati e “depressi”. Spesso però non si tratta di semplice tristezza o sfiducia: la depressione non è uno stato d’animo, ma una malattia vera e propria e come tale va curata. E in tempi di pandemia i sintomi depressivi sono quintuplicati, passando dal 6% al 32%: praticamente ne soffre un italiano su 3. Su tre milioni di depressi in Italia, 2 milioni sono donne. Nei prossimi mesi si prevedono addirittura 150 mila nuovi casi. In particolare la depressione maggiore, che è la forma più grave, interessa un milione di malati: di questi, solo la metà ottiene una diagnosi e il trattamento appropriato. Due dati drammatici testimoniano il rischio di una mancata presa in carico di questa patologia: in Europa il 60% dei suicidi viene commesso da persone che soffrono di depressione e il 15-20% di tutti i malati di depressione tenta il suicidio. Sono i dati resi noti in occasione della Giornata della Salute Mentale del 10 ottobre.
«La depressione, riconosciuta dall’OMS come prima causa di disabilità, è una malattia ancora sommersa che colpisce un numero sempre maggiore di persone», conferma il professor Claudio Mencacci, presidente della Società Italiana di Neuropsicofarmacologia (SINPF) e direttore del Dipartimento di Salute mentale dell’ospedale Fatebenefratelli – Sacco di Milano. «In conseguenza della pandemia si è registrata un’intensificazione preoccupante dei casi. Disturbi del sonno, ansia, paure e timori ingiustificati: sono manifestazioni che stiamo evidenziando sempre più numerose, anche nelle persone giovani, in particolare donne. Preoccupate soprattutto per le difficoltà di gestire contemporaneamente, durante la pandemia, il lavoro, la casa, la famiglia e i figli che solo da poco hanno ripreso la scuola. Negli anziani si evidenzia invece la perdita di stimoli cognitivi e il desiderio di non uscire di casa. Per non parlare delle situazioni di “lutti complicati” che molti familiari hanno vissuto durante il lockdown: non poter dare l’ultimo saluto a un congiunto diventa un motivo di forte senso di colpa e può scatenare sintomi depressivi, anche di totale apatia. Per questo è importante riconoscere al più presto questi sintomi, non sottovalutarli ed evitare lo stigma verso questa malattia che oggi si può curare con specifiche terapie».
«Anche quando si tratta di forme depressive, spesso la prima persona che incontra il paziente è il medico di base», conferma il dottor Ovidio Brignoli, vice presidente SIMG, Società Italiana Medicina Generale. «Non a caso in questi anni la medicina generale si è concentrata sul tema delle forme di depressione “sotto soglia”, caratterizzate da sintomi non molto chiari e non ancora consolidati, ma che presentano disturbi potenzialmente pericolosi per lo sviluppo della malattia. L’informazione e la conoscenza di questi elementi da parte del medico di medicina generale sono fondamentali, in quanto è la persona a cui la famiglia si rivolge all’inizio, appena si accorge dei sintomi. Per questo è fondamentale che i medici si abituino ad ascoltare e a rilevare questi disturbi, soprattutto perché stanno aumentando i fenomeni di ansia e depressione. È inoltre fondamentale che il medico abbia una minima conoscenza farmacologica dei trattamenti, visto che i medicinali sono oggi più maneggevoli e di facile controllo».
E quando l’assistenza del medico di famiglia non è più sufficiente, si deve ricorrere allo specialista nei centri appositi. «I dipartimenti di salute mentale, consapevoli della gravità della depressione severa maggiore, dell’impatto sulla vita quotidiana dei pazienti e della scarsa compliance alle terapie, auspicano la necessità di aumentare le risorse dei dipartimenti stessi, anche nelle visite domiciliari per cogliere i segnali premonitori delle sindromi depressive e consentire una maggior conoscenza a pazienti e familiari della malattia depressiva», fa notare il professor Massimo Di Giannantonio, presidente eletto Società Italiana di Psichiatria e direttore del Dipartimento di Salute mentale della Asl Lanciano Vasto Chieti. «Per abbattere lo stigma risulta cruciale adottare la giusta terapia e riconoscere la malattia depressiva al pari delle altre, che sono diagnosticabili e curabili. Un aiuto in questo tempo di pandemia potrebbe venire dalla modalità telematica di vicinanza al paziente: per fare diagnosi precoce e monitorare l’aderenza alla terapia, prevenendo le ricadute».
E proprio per far conoscere i sintomi della depressione, le opportunità di cura e cercare di abbattere lo stigma ancora legato a questa malattia, in occasione della Giornata della Salute Mentale del 10 ottobre, è partita la Campagna “La depressione non si sconfigge a parole”, promossa da Janssen Italia, con il patrocinio sia delle Società Scientifiche: Società Italiana di Psichiatria (SIP), Società Italiana di Neuropsicofarmacologia (SINPF), Società Italiana di Psichiatria Sociale (SIPS), Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie (SIMG), che dei rappresentanti dei pazienti: Osservatorio ONDA, Progetto Itaca Onlus e Cittadinanzattiva APS. Con il supporto di testimonial come il Trio Medusa, a cui è affidato il compito, attraverso i propri account social, di catturare l’attenzione e sensibilizzare un pubblico vasto ed eterogeneo. Un pubblico che potrà trovare nei due canali della Campagna (pagina Facebook: abcdepressione e sito web: abcdepressione.it) una fonte preziosa di informazioni sulla malattia, i sintomi, l’importanza di una diagnosi corretta e tempestiva, di una cura efficace e di un supporto medico adeguato.
di Paola Trombetta