Il 27 gennaio 1945 i soldati dell’Armata Rossa abbattevano i cancelli del famigerato campo di sterminio di Auschwitz, svelando la barbarie più oscena ed atroce. Ogni anno, il 27 gennaio, Giornata della Memoria, tutto il mondo è chiamato a ricordare le vittime della Shoah: lo sterminio di massa di sei milioni di ebrei da parte del regime nazista del Terzo Reich. Ogni giorno, a centinaia e centinaia, venivano inceneriti nei forni crematori, asfissiati da gas letali, giustiziati sommariamente, uccisi dalla fame, dai maltrattamenti, dalle malattie, dalle brutalità, dalle sevizie dei carcerieri: sepolti e ammassati come bestie alla rinfusa nelle fosse comuni. Gli orrori della Shoah sono il passato scolpito nella carne e nel sangue che torna a ricordarci la ferocia di cui è capace l’essere umano, ed è responsabilità di tutti noi preservare il ricordo di questo orrore, che deve servire da monito. Far continuare a risuonare le voci delle vittime e dei sopravvissuti. Se i testimoni, i sopravvissuti, spariscono e sono sempre meno numerosi, le loro parole restano nei libri e continuano a suscitare emozioni. Fortunatamente i loro libri restano. Narrano l’inenarrabile affinché, come ricorda la senatrice a vita sopravvissuta ai lager, Liliana Segre, novantenne, “nulla vada perduto di tutto il dolore di così tante vittime”.
Sulla Shoah esiste una bibliografia vastissima, che viene continuamente impreziosita da nuovi scritti, saggi, ricerche. Tra i tanti, ecco i nostri consigli di lettura. Una selezione di libri in forma di romanzi ispirati alle vicende, memorie, saggi (da leggere non solo nel Giorno della Memoria). Libri per non dimenticare, per approfondire, per cercare di comprendere l’incomprensibile, per alimentare costantemente il ricordo, prendersene cura, non permettere che venga sgretolato dal passare del tempo.
La sola colpa di essere nati di Gherardo Colombo e Liliana Segre (Garzanti). Il magistrato Gherardo Colombo ripercorre la drammaticità dell’Olocausto con Liliana Segre, la senatrice a vita sopravvissuta ad Auschwitz. E sottolineano la necessità di non voltarsi mai dall’altra parte. “A respingere la tentazione dell’indifferenza verso le ingiustizie e le sofferenze che ci circondano. A non anestetizzare le coscienze, a essere più vigili, più avvertiti della responsabilità che ciascuno ha verso gli altri. Per fare in modo che le pagine più oscure della nostra storia non si ripetano mai più”.
Scolpitelo nel vostro cuore di Liliana Segre (Piemme). Un testo dedicato ai ragazzi. Liliana Segre parla della sua vita nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, quando vi fu deportata all’età di tredici anni, e della necessità di tenere viva la memoria: “un vaccino contro l’indifferenza”. Un monito a non perdere mai la speranza e “camminare nella vita, una gamba davanti all’altra”. “Ogni sera nel campo cercavo in cielo la mia stella. Poi, ripetevo dentro di me: finché io sarò viva, tu continuerai a brillare”. Come molti sopravvissuti ai campi di sterminio, anche Liliana Segre per molti anni ha custodito in silenzio il ricordo della sua terribile esperienza, fino a quando non ha sentito sorgere in sé la forza e la necessità di diventare testimone. “Scegliete sempre la vita. Non fatevi abbattere dalle difficoltà. Se ce l’ho fatta io, ce la farete anche voi”.
Il profumo di mio padre di Emanuele Fiano (Piemme). Un rapporto doloroso, fatto di tenerezze e di silenzi “impastato di lacrime e urla” quello tra il padre Nedo, sopravvissuto alle camere a gas di Birkenau, e il figlio Emanuele, deputato Pd in prima linea, da sempre, contro i rigurgiti del neofascismo e dell’antisemitismo, che viene ripercorso in difficili e dolorose pagine.
Milena Cara di Vera Paggi (ilmiolibro self publishing). Vera Paggi, giornalista Rai, racconta la vicenda della sua famiglia durante la persecuzione fascista contro gli ebrei. Una famiglia spezzata dalle leggi razziali del 1938, che cambiano il corso delle loro vite. Storie di fughe, prima a Londra poi in Venezuela, di clandestinità, di paura. L’autrice ha recuperato fra le carte di famiglia le lettere rimaste inedite per 80 anni che suo nonno, il professor Bruno Paggi, emigrato in Venezuela dopo essere stato cacciato dall’Università di Pisa assieme ai colleghi docenti ebrei, ha scritto dal 1939 al 1952 alla moglie Milena Sermoneta, rimasta in Italia con 7 figli, costretta a nascondersi, prima dalle razzie di ebrei nel ghetto di Roma e poi a Firenze, fino alla decisione di attraversare clandestina il confine con la Svizzera per salvare sé stessa e i suoi bambini dalla deportazione. Una raccolta di 100 lettere che scandiscono la dolorosa separazione forzata e che cercano di mantenere vivi i legami familiari: scritte a mano e a macchina sulla carta velina della posta aerea, fitte fitte, a volte indecifrabili. “Questo libro era destinato a un circuito familiare: sono le microstorie che aiutano a conservare la memoria storica che questo Paese sembra avere tanta fretta di chiudere in un cassetto”, precisa Vera Paggi.
Storia senza perdono di Walter Barberis (Einaudi). Breve, ma intenso saggio. L’autore ci porta agli interrogativi che oggi ci stanno di fronte: si può guardare avanti senza voltarsi indietro? Nel caso della Shoah, metterci una pietra sopra? Dimenticare, riconciliarsi, perdonare? Com’è stato possibile, come è potuto accadere, come siamo arrivati a questo orrore? Da dove viene l’odio irrazionale che ha alimentato la propaganda nazifascista? E, infine: potrà ancora accadere? Quale difesa abbiamo oggi contro ogni tentazione autoritaria, intollerante e razzista?
Volo di Angelo di Alessandro Gatto (Silvana editoriale). Angelo Gatto era un giovane allievo ufficiale dell’aeronautica, catturato dai tedeschi l’8 settembre 1943 e deportato nel lager di Bergen-Belsen. Riuscì a sopravvivere per due anni alla fame e alle indicibili atrocità subite ogni giorno nei campi solo grazie al talento artistico, barattando i suoi ritratti con la vita. Il figlio Alessandro, diventato a sua volta illustratore, ha deciso di raccontare la storia del padre in un toccante albo illustrato.
Le 999 donne di Auschwitz (Newton Compton). La saggista Heather Dune Macadam ha ricostruito la storia del primo convoglio per Auschwitz, su cui salirono 999 giovanissime donne ebree. Grazie a testimonianze inedite e interviste, Macadam ha raccontato la tragedia di queste ragazze, che salirono sul treno con gli abiti della festa, convinte di andare a lavorare in uno stabilimento (così era stato loro raccontato) per aiutare il loro Paese in guerra. E invece scesero ad Auschwitz. Una storia terrificante, dalla quale l’autrice ha tratto un documentario.
Il bambino con il pigiama a righe di John Boyne (Bur). Narra dell’amicizia di un bambino ebreo di nove anni, Shmuel, prigioniero nel recinto e di un bambino tedesco, Bruno, figlio del comandante del campo di sterminio che sta dall’altro lato della rete metallica, oltre il quale si vede una costruzione in mattoni rossi sormontata da un altissimo camino, e crede che il campo di concentramento sia una fattoria. Alla fine il bimbo tedesco passa dall’altro lato, per aiutare l’amico a cercare il padre e viene scambiato per un bambino ebreo: morirà nella camera a gas insieme con Shmuel.
Il cacciatore di nazisti di Alan Levy (Mondadori). È una sorta di biografia che lo studioso Alan Levy ha dedicato a Simon Wiesenthal. Liberato dagli alleati dal Lager di Mauthausen, Wiesenthal (89 membri della sua famiglia vennero uccisi nei ghetti e nei campi di sterminio) ha dedicato la propria vita, fino alla morte (nel 2005 all’età di 96 anni) alla caccia dei criminali nazisti sfuggiti al Tribunale di Norimberga. Ne consegnò alla giustizia 1100. Tra i suoi più grandi successi ci fu la cattura di Franz Stangl, comandante del campo di sterminio di Sobibor, di Karl Silberbauer, ufficiale della Gestapo che arrestò Anna Frank, e di Hermine Braunsteiner-Ryan, guardia del famigerato campo di concentramento di Majdanek, che divenne la prima donna criminale di guerra . Wiesenthal non condivise mai il concetto della “colpa comune del popolo tedesco”. Era convinto che ogni delitto avesse una dimensione individuale, per cui ne fossero responsabili le singole persone. Il suo motto era ‟giustizia, mai vendetta”.
Ritorno a Birkenau di Ginette Kolinka (Ponte alle Grazie). Ginette Kolinka ha diciannove anni quando, assieme al padre, al fratello minore e al nipote, viene deportata a Birkenau. Sarà l’unica della famiglia a tornare, dopo aver attraversato l’orrore del campo di sterminio. La fame, la violenza, l’odio e la disumanizzazione: con una forza straordinaria oggi Ginette ci narra l’inenarrabile. Per mezzo secolo ha tenuto per sé i propri tremendi ricordi. A partire dagli anni Duemila, sempre più forte si è fatta l’esigenza di tramandare alle giovani generazioni ciò che è stato.
Il regno di Auschwitz di Otto Friedrich (Il Solferino). Il campo di Auschwitz è diventato il simbolo della tragedia della Shoah, il più grande campo di sterminio nazista, in cui vennero uccisi più di due milioni di ebrei. Friedrich spiega come i convogli che giungevano ad Auschwitz fossero destinati al campo di lavoro, alla fucilazione sommaria o direttamente alle camere a gas. E spiega che non è solo il numero dei morti a definire il genocidio: tutto il sistema era una macchina progettata solo per l’annientamento.
I sommersi e i salvati di Primo Levi (Einaudi). È l’ultimo libro testamento di Levi, un anno prima che si togliesse la vita. Un saggio imprescindibile per capire la logica della mostruosa macchina dello sterminio e della sistematica degradazione fisica e morale dell’essere umano, nell’inferno dei lager. Una lettura necessaria e disturbante per la nostra coscienza: Levi riflette sulla natura del male e del dolore infinito causato dall’uomo ad altri uomini; l’indifferenza del mondo di fronte all’orrore, l’ambigua “zona grigia” che irradia dai regimi fondati sul terrore tra carnefici e vittime, che spinge una minoranza di loro a collaborare per sopravvivere, per mezzo litro di zuppa in più; la «vergogna del sopravvivente», il senso di colpa del «salvato», lo sbiadirsi della memoria e il diffondersi di tesi negazioniste.
Il maestro di Auschwitz di Otto B Kraus (Newton Compton). Terribile e toccante, il romanzo è ispirato alla vera storia dei prigionieri che facevano lezione ai bambini del Blocco 31 di Auschwitz. È stato scritto da un sopravvissuto al campo di sterminio che si trovava proprio in quel Blocco. Sfidando la morte, pur di offrire ai bambini un briciolo di normalità.
Luci nella Shoah: le cose che mi hanno tenuto in vita nel buio di Matteo Corradini (De Agostini). Storie di deportati sopravvissuti: racconti terribili e, purtroppo, veri. Oltre all’esperienza del dolore, c’è qualcos’altro che accomuna le vittime del genocidio nazista: la speranza. Molti ricordano di essere sfuggiti all’angoscia dei momenti più bui, aggrappandosi a ricordi, pensieri e oggetti che li tenevano ancorati al mondo, com’era prima delle leggi razziali. Piccole fiammelle di speranza che hanno permesso ai deportati di resistere.
Gli ebrei nell’Italia fascista di Michele Sarfatti (Einaudi). L’autore ripercorre le tragiche tappe che condussero il nostro paese a rendersi corresponsabile di uno dei momenti più bui della nostra storia: dalle leggi razziali emanate nel 1938, all’ultimo convoglio di ebrei deportati che parte il 24 febbraio 1945 dalla Risiera di San Sabba di Trieste, diretto al campo di concentramento di Bergen.
La speranza di un bacio ci ha salvato di Raphaël Esrail (TRE60). A diciotto anni nel 1943, Raphaël Esrail entra nelle fila della Resistenza francese. Nel gennaio del 1944 verrà però arrestato e condotto nel campo di transito di Drancy. Qui conosce Liliane Badour e i due si innamorano perdutamente. Trasferiti ad Auschwitz, riusciranno a sopravvivere solo grazie al desiderio di rivedersi e coronare il loro amore.
Noi, bambine ad Auschwitz di Andra e Tatiana Bucci (Mondadori). Le due sorelle Tatiana (6 anni) e Andra (4) vengono internate, assieme al cugino Sergio (7 anni), in un Kinderblock, il blocco dei bambini destinati alle più atroci sperimentazioni mediche. In questo libro, le sorelle Bucci raccontano, per la prima volta con la loro voce, ciò che hanno vissuto.
Ogni cosa è illuminata di Jonathan Safran Foer (Guanda). È stato il romanzo d’esordio di Jonathan Safran Foer, oggi considerato uno dei più grandi scrittori americani. Racconta il viaggio dello stesso autore in Ucraina alla ricerca della verità su suo nonno, sopravvissuto ai campi di concentramento. Ogni cosa è illuminata dalla luce del passato, che è sempre accanto a noi. Dimenticarlo è il più grande errore che possiamo fare.
di Cristina Tirinzoni