Vaccinarsi contro il Covid 19? Sembra essere la soluzione più efficace per contrastare la pandemia e poter finalmente riprendere una vita “normale”. In Italia fino ad oggi sono state consegnate più di un milione e mezzo di dosi di vaccino Pfizer, che hanno permesso di vaccinare circa un milione e trecento mila persone. La precedenza è andata al personale sanitario e socio-sanitario; a seguire i degenti delle RSA e gli ultraottantenni. Pur con qualche ritardo di consegna, verificatosi negli ultimi giorni, l’Italia è ai primi posti in Europa per la somministrazione dei vaccini. In arrivo anche il vaccino di Moderna, un’altra azienda americana. Per il vaccino europeo Astra Zeneca, più facile da gestire perché non richiede le drastiche temperature di -70/80 gradi per poterlo conservare, si attende l’autorizzazione dell’EMA prevista per il 29 gennaio. Nonostante la futura disponibilità di differenti tipi di vaccini (anche Johnson & Johnson, GSK e Sanofi stanno lavorando) ci vorranno comunque ancora molti mesi per poter vaccinare almeno il 60% degli italiani e raggiungere la cosiddetta “immunità di gregge” che dovrebbe finalmente abbattere il rischio di contagio.
Da recenti sondaggi realizzati su campioni di popolazione, più del 30% degli italiani non è ancora convinto di vaccinarsi. E anche tra i medici sono diversi gli scettici: addirittura nella provincia autonoma di Bolzano il 40% dei sanitari non si è vaccinato!
Il modo migliore per sfatare dubbi e perplessità è sicuramente l’informazione. Per questo abbiamo rivolto alcune domande al professor Andrea Gori, ordinario di Malattie infettive all’Università degli Studi di Milano, intervenuto al recente al webinar organizzato da Unamsi.
Quali sono le differenze tra i diversi vaccini, oggi disponibili?
«I vaccini Pfizer e Moderna contengono RNA messaggero, ovvero un frammento che codifica per la proteina di membrana del virus: entrando nella cellula, simula la presenza del virus e induce la produzione di anticorpi. Il vaccino Astra Zeneca, invece, contiene un virus inattivato che, entrando a contatto con la cellula, provoca la risposta immunitaria. Quest’ultimo vaccino potrebbe ipoteticamente causare maggiori effetti collaterali, in particolare febbre e mal di testa. Il vaccino mRNA, invece, non sembra aver dato particolari problemi, ad eccezione di lieve indolenzimento nella zona di inoculazione e febbricola nei giorni successivi l’inoculo».
Che dire di alcune reazioni allergiche gravi (shock anafilattico o paralisi facciale) che si sono verificate, seppur in rari casi? Ci sono persone, ad esempio gli allergici, che non devono essere vaccinati?
«Le reazioni gravi che si sono avute in pochissimi casi (paralisi facciale e shock anafilattico) si sono risolte in poco tempo. Per evitare ogni rischio, le persone, in particolare gli allergici e chi soffre di angioedema, dovranno vaccinarsi in ambiente protetto ospedaliero. Al Policlinico di Milano, ad esempio, vacciniamo le persone con gravi forme allergiche in una stanza, vicina alla sala di rianimazione. Per questo direi che non ci sono controindicazioni assolute a questo vaccino che è indicato anche alle donne in gravidanza. Non viene proposto ai giovani sotto i 16 anni, perché non è ancora stato sperimentato in questa fascia d’età».
È il caso di somministrare il vaccino anche a chi ha già contratto l’infezione Covid, ovvero a circa 2 milioni e mezzo di persone solo in Italia? Quanto dura l’immunità? E qual è l’efficacia?
«Chi ha contratto l’infezione dovrebbe essere immune per almeno un anno. Per questo motivo non è opportuno fare subito la vaccinazione, ma aspettare che siano vaccinate tutte le altre categorie di persone. Quanto all’efficacia, le due dosi del vaccino Pfizer raggiungono il 90%; il vaccino Astra Zeneca il 70%. Già con la prima dose del vaccino mRNA, comunque, si ottiene un’efficacia del 50%. E ci sono opinioni differenti che suggeriscono di usare anche solo una dose, ma vaccinare il maggior numero possibile di persone, per ottenere quanto prima la cosiddetta “immunità di gregge” quando almeno il 60% della popolazione sarà vaccinata».
Chi viene vaccinato non corre il rischio di diventare un “portatore sano”, ovvero di poter trasmettere l’infezione?
«Finora non si sono registrati casi di persone sane, vaccinate, che abbiano trasmesso l’infezione. Ci sono stati casi di persone che, pur vaccinate, si sono ammalate di Covid: probabilmente avevano già il virus in incubazione, prima di vaccinarsi».
Un’ultima domanda sulle varianti del virus (inglese, brasiliana…). Questi vaccini difendono anche dai virus mutati?
«I vaccini mRNA proteggono sicuramente, perché le mutazioni non riguardano la proteina Spyke di superficie, ma il materiale genetico del nucleo del virus. Pare che il SARS-COV 2, a differenza di altri virus come l’HIV e l’HCV, non sia in grado di mutare l’mRNA delle proteine di superficie che, dunque, riusciranno sempre a stimolare la produzione di anticorpi. Ovviamente, più persone saranno vaccinate, più la circolazione del virus diminuirà e anche le eventuali mutazioni saranno sempre meno frequenti».
di Paola Trombetta
È bene vaccinarsi anche durante la gravidanza e l’allattamento?
La vaccinazione contro il Covid-19 non dovrebbe essere negata alle donne in dolce attesa o che stanno allattando al seno. L’affermazione è suggerita da alcune delle principali autorità sanitarie americane: il Centers for Disease Control and Prevention (Cdc), l’American College of Obstetricians and Gynecologists (Acog) e la Society for Maternal-Fetal Medicine: non si deve neppure negare la possibilità di un progetto di maternità anche dopo avere ricevuto il vaccino. L’opinione sulla fattibilità del vaccino è condivisa anche dalle nostre società scientifiche di ginecologia: SIGO (Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia), AOGOI (Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri), AGUI (Associazione Ginecologi Universitari Italiani), AGITE (Associazione Ginecologi Territoriali) che hanno stilato un documento, position paper ad interim su “Vaccinazione anti-Covid19 e gravidanza”, condiviso anche dalle società scientifiche dei neonatologi (SIN), dei pediatri (SIP), di medicina perinatale (SIMP), degli embriologi (SIERR) e dalla federazione nazionale degli ordini della professione di ostetrica (FNOPO). Le donne in dolce attesa possono dunque accettare l’invito al vaccino quando riceveranno la chiamata? Se è vero che attualmente non vi siano ancora dati sufficienti sul vaccino in questa classe di popolazione, ci sono però indicazioni tranquillizzanti, fornite dall’ultimo rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità sulla sorveglianza ostetrica (IToSS), in termini di efficacia e sicurezza. Infatti, essendo un vaccino con mRNA, cioè non un vaccino a virus vivo, in cui le particelle di mRNA stesse vengono rapidamente degradate, non esisterebbero rischi né per la mamma né per il feto. A quali mamme la vaccinazione sarebbe consigliata? «A quelle donne in gravidanza che presentano un alto rischio di esposizione al virus Sars-CoV-2, alle donne in condizioni di salute che le espongono a un rischio di grave morbosità materna o feto-neonatale a seguito dell’infezione». La scelta, in questi casi selezionati, va intrapresa dopo attenta valutazione con il medico di riferimento e bilanciata con i potenziali benefici e rischi derivanti dal vaccino. Una prima scrematura è già stata proposta nel “position paper” dei ginecologi italiani che così si esprimono:
- Le donne in gravidanza che non hanno una storia recente di Covid19 e che hanno specifici fattori di rischio aggiuntivi, possono considerare favorevolmente di ricevere il vaccino, in qualsiasi epoca di gravidanza. Così come anche le altre vaccinazioni raccomandate, antinfluenzale ed antipertosse, con l’accortezza di mantenere un intervallo di almeno 14 giorni tra le diverse somministrazioni vaccinali. A prescindere dall’epoca di gravidanza, le donne possono ricevere anche il vaccino anti-influenzale e a partire dalla 28a settimana di gravidanza il vaccino anti-pertosse.
- Le donne che allattano e che non hanno contratto Covid19, possono considerare favorevolmente di ricevere il vaccino.
- Le donne in dolce attesa che hanno avuto il virus di recente, possono scegliere di essere vaccinate oppure no. Le evidenze disponibili indicano che è altamente improbabile reinfettarsi, per lo meno nei 90 giorni successivi dall’infezione.
In buona sostanza, vaccinare la donna in gravidanza aiuta a prevenire eventuali rischi.«Il maggiore – spiegano gli esperti – in caso di infezione, è sviluppare importanti comorbidità, sia per la mamma che per il bebè, soprattutto se la donna ha una età uguale o superiore a 35 anni, se ha alle spalle o convive con problemi pregressi, fra cui asma, obesità, diabete, ipertensione e, infine, in caso di appartenenza a etnia nera o altre minoranze etniche». In caso di eventuali minimi effetti collaterali sono comunque trattabili, anche in gravidanza: per esempio, la febbre o il dolore in sede di vaccinazione possono essere controllati con il paracetamolo, sicuro anche “in attesa”, che sembra non influire sulla risposta anticorpale dei vaccini contro Covid-19. Alle donne che decidono di non vaccinarsi, gli esperti ricordano l’importanza di misure preventive quali l’utilizzo dei dispositivi di protezione, il distanziamento e il lavaggio frequente delle mani. F.M.