Una mamma, Francesca De Sanctis, che è anche giornalista e scrittrice, racconta dal vivo la sua esperienza con le malattie rare, con la sua “Storia al contrario”, che è anche il titolo del suo libro. Per lei, nata e cresciuta senza particolari problemi fisici, la malattia rara, miastenia gravis, è comparsa all’età di 28 anni, all’inizio della sua carriera lavorativa al quotidiano l’Unità e con una bimba piccola da gestire. Da lì in poi si sono alternati momenti di sofferenza, in un corpo che non rispondeva più ai suoi comandi, a periodi di difficoltà economica per la chiusura del giornale dove lavorava, ma anche momenti di gioia, come la nascita della seconda figlia e il supporto costante del marito, che è sempre stato il suo punto di riferimento. La sua storia, assieme a quelle di altre persone con malattie rare, viene raccontata in diretta su Facebook nel Social Talk nell’ambito della Campagna #TheRAREside, storie ai confini della rarità, presentato in questi giorni in occasione della Giornata nazionale delle Malattie Rare (28 febbraio). Voluto e realizzato dall’Osservatorio Malattie Rare (OMaR) con l’ambizione di proporre uno spaccato quotidiano delle persone con malattia rara, si può seguire in diretta sul portale di OMaR e sul canale Facebook ogni martedì e giovedì alle 17.30, fino al 16 marzo, più una puntata dedicata alle donne in programma l’8 marzo.
«Per anni si è costruita una narrazione eroica, fatta di imprese eccezionali: si sono trattati i malati rari come fantastici “unicorni”, da mettere sul piedistallo dei buoni sentimenti. Ma gli unicorni non esistono ed è ora di guardare le cose con un occhio più realista: i protagonisti non sono più “eroi speciali”, ma persone reali, come le altre, per le quali avere una malattia rara, o vivere a fianco di qualcuno malato, è solo un pezzetto del puzzle che è la vita di tutti i giorni, vissuta da persone che hanno i loro sogni, interessi, capacità e limiti, elementi con i quali tutti possono identificarsi, per abbattere quei muri invisibili creati da stereotipi ancora troppo radicati», ha affermato Ilaria Ciancaleoni Bartoli, Direttore di OMaR.
La campagna The Rare Side è un viaggio di 10 puntate che porterà gli spettatori a esplorare territori “ai confini della rarità”, quelli di cui si è sempre parlato poco, ma anche quelli con i quali chiunque si può identificare. Si parte dai bisogni primari, come sessualità, alimentazione, sonno, lavoro, vita indipendente, per arrivare ai bisogni sociali, come le attività sportive, i viaggi e il tempo con gli amici. «La condivisione è un elemento di primaria importanza nella vita delle persone affette da malattia rara e non», ha puntualizzato la Senatrice Paola Binetti, Presidente Intergruppo Parlamentare per le Malattie Rare. «Uno strumento per affrontare le paure, ma anche per godere delle gioie che la vita ci dona. Capire i bisogni, non solo medici ma anche “umani”, di un paziente e di chi lo circonda, a cominciare dai suoi fratelli e sorelle, è segno di fraternità, di accettazione e di crescita. Vogliamo che la “rarità” di queste persone diventi “normalità”, non solo per la società, ma anche agli occhi delle istituzioni: per questo ci battiamo da anni con OMaR affinché i loro diritti, dalla presa in carico all’accesso alle cure, siano riconosciuti come tali, al pari di tutti gli altri».
Un messaggio in piena sintonia con lo spirito della campagna che intende accendere un faro sulle esigenze concrete, affinché non ci sia più nulla di eroico nel prendere una laurea, oppure fare un viaggio con gli amici o andare a vivere da soli, per i malati rari esattamente come per gli altri. «“Demitizzare” è una delle parole d’ordine di questa campagna: non più “angeli asessuati”, ma uomini e donne in carne, ossa e desideri, non più collocati su un piedistallo, ma presenti al loro posto di lavoro, “sempre meno inesistenti unicorni, sempre più ornitorinchi, animali reali, con le loro caratteristiche magari inusuali, con le quali convivere nella quotidianità», ha spiegato Marianna Zanatta, attraverso il suo alter ego “Ornitorianna”, una simpatica femmina di ornitorinco, che proprio per questa campagna ha sviluppato uno speech dedicato, a partire da quello già celebre del libro “Il Manuale di Ornitorianna che se ne frega e fa. Spunti e appunti per provare ad ascoltare se stessi e vivere (più) felici”.
Dopo lo speech di Ornitorianna, è la volta del linguaggio televisivo e cinematografico, uno dei più potenti strumenti di creazione dell’immaginario collettivo. Ad aprire il sipario sul tema è l’attore Paolo Sassanelli, che tra i tatni ruoli ha anche quello di co-protagonista di Una bellissima bugia, cortometraggio disponibile su Rai Cinema, diretto dal regista Lorenzo Santoni. Il cortometraggio parla del potere condizionate dell’immaginario collettivo e fa riferimento alla distrofia muscolare di Duchenne. «Si può pensare la malattia da protagonisti, ma anche da genitori, insegnanti, amici, come una strada senza futuro, da affrontare con rassegnazione, mettendosi addosso una bella etichetta con scritto “poverino”, e così non combinare nulla nella vita, cancellare il futuro», ha affermato Paolo Sassanelli. «Oppure la si può prendere come un dato di fatto, di cui tenere conto, ma al pari dei propri desideri, interessi, capacità e obiettivi». Come ha fatto Lorenzo Santoni, regista e autore del corto che, dopo un periodo di grande crisi è riuscito a riemergere, puntando sulla sua passione: il cinema. «Non è possibile scindere la mia vita dal cinema», ha confermato Lorenzo. «Non si tratta semplicemente di lavoro, ma di una vera vocazione che mi permette di superare ostacoli a più livelli. Stare dietro la cinepresa è una sfida: fare sempre meglio e di più, ma anche riuscire a comunicare la disabilità, provando a ribaltare la percezione comune. Credo che bisognerebbe smettere di collocare idealmente i disabili su un piedistallo, e quindi in una posizione di diversità dagli altri, anche se con le migliori intenzioni. Basta con la retorica del disabile più sensibile, più coraggioso, per il quale organizzare sempre delle cose “a parte”. La malattia è solo un dato di fatto, noi siamo tutto il resto dello spazio che rimane». Lorenzo Santoni è affetto da distrofia muscolare di Duchenne, ma a qualificarlo è quello che fa, non la mutazione di un gene.
di Paola Trombetta