Donne coraggiose e tenaci, spesso definite “angeli” o “eroine” dai tanti malati che sono stati assistiti e a volte accompagnati con affetto nel loro ultimo viaggio, vivendo situazioni surreali in questo anno di pandemia. Dottoresse, infermiere, personale sanitario: tutte donne in prima linea che hanno combattuto con grande determinazione in una situazione davvero drammatica e ai limiti dell’umana sopportazione. A loro va la nostra ammirazione, gratitudine e il nostro plauso nella Giornata Internazionale dedicata alle Donne. Vogliamo ricordarle tutte, in questo giorno, perché sono il simbolo della lotta contro questo terribile virus, sono la prova lampante di quanto le donne siano in grado di lavorare, anche in situazioni di grave pericolo, con sacrificio e spirito di abnegazione, al pari, se non più, degli uomini. Ma in ambito sanitario, pur essendo le donne il doppio dei colleghi uomini, nei ruoli dirigenziali occupano solo il 16% degli incarichi. Eppure in molti casi, e non solo nell’anno della pandemia, hanno dato prova di professionalità, iniziativa e intuizione che magari i colleghi uomini non sempre hanno.
Il pensiero corre istintivo alla dottoressa Annalisa Malara, anestesista al Pronto Soccorso dell’Ospedale di Codogno dove, un anno fa, precisamente il 20 febbraio, è stato diagnosticato il famoso “paziente 1”. A lei il merito di aver intuito la gravità di una situazione che sarebbe diventata irreversibile se non fosse stato per il suo tempestivo intervento. Di fronte alla sintomatologia di Mattia Maestri, un giovane 38enne atleta e maratoneta, e dopo il referto della Tac che già evidenziava una polmonite avanzata, Annalisa non ha esitato a richiedere un tampone naso-faringeo per sospetto SARS-CoV-2. Le parole della moglie di Mattia, che aveva accennato alla cena con un collega rientrato dalla Cina, hanno avallato la sua intuizione. E, venendo meno ai rigidi protocolli, che autorizzavano i tamponi sono per chi rientrava dalla Cina, è riuscita a convincere il primario Enrico Storti, che per fortuna le ha dato ascolto e l’ha autorizzata a fare il tampone, inviato subito all’Ospedale Sacco di Milano. Qui la conferma: Mattia è il primo paziente italiano positivo al coronavirus. Grazie ad Annalisa è vivo e dopo mesi di ospedale ha potuto riabbracciare la moglie Valentina e godere della nascita della figlia.
È la prima delle tante storie raccolte nel libro che Annalisa ha scritto: “In scienza e coscienza”: cos’è successo davvero nei mesi che hanno cambiato il mondo (Longanesi Editore). «Ci siamo ritrovati per primi a fronteggiare un nemico che neppure conoscevamo: un virus sconosciuto che poteva infettare noi operatori e che potevamo anche trasmettere ai nostri familiari», racconta la stessa Annalisa. «All’inizio in ospedale eravamo molto scoraggiati perché i pazienti non miglioravano. Poi ci siamo abituati a saper aspettare: il virus, prima o poi, sarebbe stato sconfitto. Ma la lotta è stata veramente lunga e faticosa». E per aver combattuto con successo questa lotta, Annalisa è stata proclamata “Personaggio dell’anno 2020” da SkyTg24 e insignita dell’onorificenza di Cavaliere al Merito della Repubblica dal Presidente Mattarella.
Tante sono le donne che hanno combattuto e si sono prodigate durante la pandemia, fino allo stremo delle loro forze. Tutti ricordiamo le immagini dell’infermiera, Elena Pagliarini, della Terapia intensiva dell’Ospedale di Cremona, immortalata con la testa reclinata sul computer in un momento di sconforto e grande stanchezza. Una foto che è diventata virale sui social, grazie allo scatto realizzato dalla dottoressa Francesca Mangiatordi, anestesista all’Ospedale di Cremona, anche lei in prima linea, allora come adesso. «La situazione sta peggiorando di giorno in giorno e i ricoveri sono in aumento nella provincia di Cremona – conferma la dottoressa . Non possiamo permetterci di dover rivivere una situazione drammatica come quella di un anno fa. Non potrò mai dimenticare i volti delle persone, anche giovani, che ti parlavano con lo sguardo, manifestando tutta la loro preoccupazione. E soprattutto di quelli che abbiamo dovuto intubare come ultima chance, molti dei quali purtroppo non ce l’hanno fatta…».
Per questo è importante non abbassare la guardia perché la terza ondata è in agguato. È il messaggio corale che queste donne coraggiose, ancora oggi in prima linea negli ospedali, vogliono dare. E a parlare per loro pubblicamente, nientemeno che dal Teatro Ariston di Sanremo, è stata la giovane infermiera Alessia Bonori, che tutti noi ricordiamo con il volto tumefatto dai segni della mascherina indossata ogni giorno anche per 12 ore, che ha voluto ribadire il messaggio di non abbassare la guardia. Di essere prudenti, usare le mascherine ed evitare contatti ravvicinati. Perché dopo un anno, ancora oggi, di Covid si muore!
di Paola Trombetta