I pazienti affetti da malattia renale cronica (MRC), restano tra le categorie più fragili: maggiormente esposte al contagio di COVID-19, a complicanze più serie e a una mortalità di 8-10 volte superiore a quella della media della popolazione generale, con una percentuale che si aggira intorno al 22%. Si aggiunge un rischio sensibilmente peggiore di contrarre il virus, con incremento dei casi di positività, nella seconda ondata, in tutti i pazienti: in emodialisi (11,6% vs 3,4%), dialisi peritoneale e domiciliare (6,8% vs 1,3%) e fra i trapiantati (5% vs 0,8%). Sono alcuni dati di un’indagine condotta dalla Società Italiana di Nefrologia (SIN), diffusi in occasione della Giornata Mondiale del Rene (11 Marzo). In Italia la MRC interessa il 7-10% della popolazione con previsioni in crescita anche a causa dell’invecchiamento: oltre due milioni di persone (con)vivono con reni incapaci di svolgere adeguatamente la loro funzione-filtro per trattenere sostanze utili ed eliminare scorie con le urine. Condizione che per molti pazienti impone, come unico trattamento possibile, una terapia sostitutiva: la dialisi (Emodialisi e Dialisi Peritoneale), con 9.500 nuovi pazienti che entrano in trattamento ogni anno e stime di prevalenza che si attestano su 719 pazienti in dialisi per milione di popolazione, ossia circa 43.500 pazienti effettivamente in trattamento, o nei casi più gravi il trapianto di rene. In funzione di questi numeri, del rischio a cui vanno incontro i pazienti ogni volta che (più volte a settimane) si recano nei Centri dialisi (vedi box a fine articolo), restando a contatto con personale sanitario, condividendo ambienti comuni come sale di attesa e trattamento dialitico e dell’impatto di Covid-19 sulla malattia renale, la SIN – nella figura del suo presidente, Piergiorgio Messa, nonché Direttore di Unità Operativa Complessa di Nefrologia, Dialisi e Trapianto Renale del Policlinico di Milano – sta dialogando con le istituzioni per (ri)chiedere un percorso prioritario vaccinale, quanto più tempestivo possibile, per questi pazienti, a prescindere dall’età. La prevenzione contro Covid-19, oltre che dal vaccino, passa anche dal mantenimento di comportamenti e misure di sicurezza. La SIN raccomanda 5 regole, semplici ma efficaci:
- Esecuzione della vaccinazione: sì o no? Assolutamente sì e il prima possibile, nonostante il timore dei pazienti già sottoposti a politrattamenti per problematiche concomitanti alla malattia renale, quali diabete, disturbi cardiovascolari, pressione alta.
- Perseverare nel distanziamento, mascherine e lavaggio mani. Precauzioni che dovranno essere osservate anche una volta vaccinati, fino al termine della pandemia. Tanto che la SIN ha implementato il trasferimento dei pazienti verso i centri vaccinali e migliorato le misure di sicurezza sui mezzi.
- No al “fai-da-te”. Si raccomanda ai pazienti nefropatici di evitare l’autosomministrazione di farmaci, ma di seguire modalità e posologia secondo il piano indicato dallo specialista. Soprattutto va evitata l’assunzione di farmaci antinfiammatori, senza stringente necessità, e prodotti non identificabili per la loro potenziale tossicità, ad esempio integratori o preparati di erboristeria non controllati dal punto di vista di qualità e sicurezza. Infine è inutile la tendenza a richiedere farmaci che si ritengono efficaci per il Covid e il loro utilizzo, senza indicazione medica, potrebbe al contrario risultare dannoso.
- Restare in contatto con il nefrologo. È fondamentale mantener fede ai controlli e alle visite periodiche programmate: nell’impossibilità di recarsi presso ambulatori/ospedale e laddove possibile, possono essere realizzate attraverso la telemedicina o altri strumenti digitali.
- Vivere sano. Alimentazione e stili di vita possono svolgere un’efficace azione di contrattacco e difesa contro l’infezione dal Covid-19. È importante seguire una buona alimentazione, privilegiando alimenti vegetali, in modo particolare i legumi (ricchi di proteine vegetali, di minerali e vitamine), consumando con parsimonia alimenti e bevande con coloranti, dolcificanti, conservanti ed evitando gli eccessi di proteine animali. Infine occorre ridurre al minimo indispensabile l’uso del sale e bere almeno 1,5 litri di acqua al giorno. Viver sano significa anche abolire tutti i potenziali fattori di rischio: il fumo di sigarette in primo luogo, e mantenersi in attività con la regolare pratica di esercizio fisico di tipo aerobico. Comportamenti di prevenzione contro importanti fattori di rischio che possono compromettere ulteriormente la malattia, come l’aumento di peso e lo sviluppo di sindrome metabolica (diabete, pressione alta, disturbi cardiovascolari).
È tutto? Occorrerebbe migliorare anche il contesto ambientale: è dimostrato come inquinamento atmosferico e condizioni climatiche estreme abbiano un impatto importante sull’insorgenza delle malattie renali acute e croniche. «Un’ulteriore prova – aggiunge il Presidente – di come i cambiamenti climatici si ripercuotano negativamente sullo stato di salute dell’uomo e di quanto sia importante educare al rispetto della salute e del pianeta, secondo un concetto innovativo di “green nefrology”, dove il benessere di entrambi è indissolubilmente interdipendente».
La tutela dei pazienti con MRC è una priorità assoluta per la SIN che, in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità, sta sviluppando uno studio su pazienti dializzati in Italia per valutare l’efficacia clinica e la sicurezza dei diversi vaccini utilizzati, e monitorare nel tempo la risposta immunologica: per definire se e in quale misura vengono prodotti anticorpi e la durata di efficacia, di contrasto all’attacco del virus. «È fondamentale – conclude Messa – implementare e consolidare “alleanze” con il territorio, fra ospedale-nefrologo-medico di medicina generale, con lo scopo non solo di monitorare la salute di pazienti con MRC, ma di intercettare eventuali nuovi casi in fase iniziale, garantendo alla persona migliori e maggiori opportunità terapeutiche e più qualità di vita».
di Francesca Morelli
E per migliorare la dialisi in tempi di pandemia…
Un’indagine condotta dalla Società Italiana di Nefrologia (SIN) nei mesi della pandemia, che ha coinvolto 358 Nefrologie in tutta Italia e il monitoraggio di oltre 30.100 pazienti con MRC in dialisi, conferma il maggior rischio di contagio per Covid-19 associato a diversi fattori: accessi in ospedale plurisettimanali con permanenza media di 4/5 ore al giorno in sala dialisi, mezzi di trasporto dal domicilio all’ospedale e viceversa, spazi condivisi con altri pazienti, diretto contatto con il personale medico sanitario, in una popolazione non giovane con età media 71 anni già di per sé più fragile. «In considerazione di tutti questi aspetti e dell’attuale condizione sanitaria – dichiara Giuliano Brunori, presidente uscente della SIN – si conferma la necessità di potenziare a tutti i livelli la dialisi peritoneale e la dialisi extracorporea domiciliare, laddove possibile, formando personale infermieristico specializzato che possa recarsi a casa del dializzato il mattino e la sera per la messa in funzione e lo stop della macchina per depurare il sangue nel corso della notte sotto stretto monitoraggio da remoto. Inoltre occorre implementare attività di informazione e sensibilizzazione al trapianto di rene, sia da donatore deceduto che da donatore vivente, rivolta alla popolazione generale». Azioni che avrebbero notevoli benefici per il paziente: azzeramento dei tempi di trasferimento e trattamento, come anche delle giornate di lavoro perse, possibilità di condurre una vita quotidiana, sociale e di relazione, quasi normale. «Una necessità – conclude Piergiorgio Messa, Presidente SIN – che chiede di dare impulso a tutti i livelli ai programmi di telemedicina, di Health Technology Assessment e Intelligenza Artificiale, che potranno dare nuova linfa ai campi clinici e di ricerca della nostra specialità, e rispondere alle esigenze dei pazienti nel contesto socio-sanitario attuale». F.M.