Sono ben informati sul tumore della prostata, ne sanno indicare i fattori di rischio e i sintomi, hanno fiducia nella prevenzione e nelle terapie, ma dopo i 40 anni solo il 25% degli uomini si sottopone alla visita urologica, spesso su insistenza della partner, un controllo che può svelare la presenza di un tumore in fase precoce, quando può essere trattato in modo efficace. Controlli che non vanno procrastinati nemmeno nel difficile periodo che stiamo vivendo dell’emergenza Covid-19. A rivelare i comportamenti degli italiani sul tumore della prostata è un’indagine realizzata da Elma Research nell’ambito della seconda edizione della Campagna “QUI PRO QUO Salute della prostata: stop agli equivoci, sì alla prevenzione”, promossa da Europa Uomo Italia Onlus e Fondazione ONDA (Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere), con il patrocinio di AIOM (Associazione Italiana degli Oncologi Medici), SIU (Società Italiana di Urologia), SIUrO (Società Italiana di Urologia Oncologica), AIRO (Associazione Italiana di Radioterapia e Oncologia Clinica), AURO (Associazione Urologi Italiana), FIMMG (Federazione Italiana dei Medici di Medicina Generale), Fondazione AIOM, FFO (Fondazione per la Formazione Oncologica) e il contributo incondizionato di Astellas.
Tabù, reticenze, imbarazzi sono ancora oggi i maggiori ostacoli alla salute urogenitale maschile e alla prevenzione delle patologie prostatiche. E per rompere “l’omertà” degli uomini, la campagna QUI PRO QUO ha coinvolto nuovamente l’attore Francesco Paolantoni, già protagonista della prima edizione della campagna: nel nuovo webspot Paolantoni and friends, si mostra saggio e consapevole, al punto di coinvolgere altri tre amici in un “brindisi di compleanno online” nel quale il regalo per il festeggiato cinquantenne è… un esame per il dosaggio del PSA (antigene prostatico). «QUI PRO QUO è una campagna innovativa, che parla di prevenzione del tumore della prostata e ha ottenuto un grande successo di pubblico», afferma Maria Laura De Cristofaro, Presidente Europa Uomo Italia Onlus. «È importante che la campagna sia ripartita in un periodo così difficile, perché anche in questa emergenza è indispensabile non ritardare i controlli».
Anche se poco più di un terzo (38%) del campione conosce la funzione della prostata (la produzione di liquido seminale), il 60% degli intervistati considera il tumore della prostata tra le neoplasie maschili più diffuse. Buona anche la conoscenza del fattore di rischio dell’età over 50, indicata dal 72% del campione, seguita dalla familiarità, evidenziata dal 36%; discreta la conoscenza sui sintomi o campanelli d’allarme rivelatori del tumore prostatico, patologia spesso asintomatica nelle fasi iniziali: il 41% riferisce lo stimolo frequente a urinare, il 39% la difficoltà nella minzione, il 35% la prostata ingrossata. E gli uomini si mostrano assolutamente informati sulle azioni preventive da mettere in atto, quali il dosaggio del PSA (79%) e la visita urologica (68%). La prevenzione della salute della prostata è più diffusa tra chi vive una relazione di coppia, a conferma dell’importante ruolo persuasivo della partner. «Anche in questa seconda edizione uno degli obiettivi di QUI PRO QUO è coinvolgere e sensibilizzare la popolazione femminile», puntualizza Francesca Merzagora, Presidente Fondazione ONDA. «La salute della prostata dovrebbe essere considerata una questione che riguarda la coppia e deve essere condivisa da entrambi i partner».
Il cancro della prostata è la neoplasia più diagnosticata tra gli uomini sopra i 50 anni, con oltre 36mila nuovi casi nel 2020 in Italia e 473mila in Europa. Fattori di rischio, oltre all’età over 50, sono la familiarità e lo stile di vita. «La sintomatologia è in genere assente nelle forme iniziali del tumore», sottolinea Bernardo Maria Cesare Rocco, Professore Ordinario di Urologia Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia e Direttore di Urologia Azienda Ospedaliera Universitaria di Modena, Presidente Comitato scientifico Europa Uomo Italia Onlus. «Per la salute dell’apparato genito-urinario maschile, è importante prestare attenzione alla dinamica minzionale, che non ci sia sangue nelle urine o nel liquido seminale, che non ci si alzi troppo spesso di notte e che l’attività sessuale sia nella norma».
Per quanto riguarda le terapie, la sorveglianza attiva è una strategia alla quale sono candidati gli uomini con malattia a basso rischio: si basa su uno stretto monitoraggio del PSA, la ripetizione periodica di biopsie prostatiche e la visita clinica al fine di rilevare tempestivamente l’eventuale progressione della malattia e avviare il paziente ad eventuale trattamento locale, più radicale. Per il tumore a rischio intermedio, l’asportazione completa della ghiandola attraverso l’intervento rappresenta una soluzione: negli ultimi due decenni, l’avvento della chirurgia robotica ha consentito interventi meno invasivi e rispettosi degli aspetti funzionali del paziente, quali la continenza urinaria e la potenza sessuale. La stessa chirurgia si applica anche a tumori a rischio alto o a quei tumori localmente avanzati, nell’ottica di un successivo trattamento multidisciplinare della malattia.
In fase avanzata invece, si può ricorrere alla terapia ormono-soppressiva, associata o meno alla chemioterapia. «Negli ultimi anni sono stati compiuti importanti progressi nel trattamento farmacologico del tumore della prostata, che è una malattia ormono-sensibile», afferma Massimo Di Maio, Professore Associato di Oncologia Medica, Università degli Studi di Torino e Segretario Nazionale AIOM. «In particolare, sono stati messi a punto farmaci ormonali di nuova generazione che riescono a controllare anche per lunghi anni la malattia. Ai progressi farmacologici si è accompagnato un miglioramento della sopravvivenza e della qualità della vita».
La radioterapia è tra le strategie terapeutiche che nell’ultimo ventennio hanno vissuto una vera e propria rivoluzione ed è uno dei pilastri nel trattamento del tumore della prostata, con un ruolo importante in tutte le fasi della malattia. «Nella malattia iniziale la radioterapia costituisce una valida alternativa alla chirurgia, tanto da essere definita “chirurgia virtuale”», spiega Barbara Alicja Jereczeck, Professore Associato di Radioterapia Università degli Studi di Milano, Direttore Divisione di Radioterapia Istituto Europeo Oncologico (IEO) di Milano. «Quando la malattia è localmente avanzata, senza però metastasi, viene utilizzato un approccio combinato radioterapia e ormonoterapia oppure chirurgia seguita da radioterapia adiuvante a scopo precauzionale. Nei casi di malattia oligometastatica si può utilizzare la radioterapia mirata selettiva sulle singole metastasi e il paziente ha una buona qualità di vita».
Paola Trombetta