Il pediatra “cambia la storia” di una malattia rarissima

L’attenzione di mamma e papà “alleata” alla professionalità di una pediatra di famiglia possono fare la differenza nella storia della malattia e della vita di un bambino. Così è successo a Luca, un piccolo di origini siciliane, che a sei mesi comincia ad avere disturbi che insospettiscono i genitori: ridotto tono muscolare, abbassamento anomalo delle palpebre, movimenti degli occhi incontrollati e un importante reflusso gastroesofageo. Intuiscono uno sviluppo insolito e, con ansia, si rivolgono alla pediatria. Anni di esperienza alle spalle, la capacità di guardare i suoi piccoli assistiti con occhio attento, clinico e allo stesso tempo amorevole, sono stati una prima “arma” sufficiente: Maria Anna Libranti, pediatra a Catania, coglie in quel mix di sintomi i segni identificativi di una possibile malattia rara. Ma il sospetto, l’intuizione, non fanno la diagnosi. Richiede così alcuni esami genetici a cui il piccolo si sottopone nella Regione, prima di indirizzare la famiglia all’Ospedale Stella Maris di Calambrone, in provincia di Pisa, centro di eccellenza per la Neurologia-Neuropsichiatria infantile. Una nuova alleanza si crea anche sul territorio: presso la struttura, dopo un breve ricovero di circa 10 giorni e il tempo necessario a completare le analisi, la malattia di Luca ha un nome. Deficit di Decarbossilasi degli L-aminoacidi aromatici (AADC), una malattia genetica rarissima, caratterizzata da una ridotta attività di questo enzima coinvolto nella sintesi di dopamina e serotonina, due neurotrasmettitori responsabili della comunicazione tra neuroni nel sistema nervoso. Una terapia che agisce sui sintomi, ma che non cura definitivamente la malattia, permette oggi a Luca di vivere bene e di continuare a crescere.

La sua “salvezza” è stato il riconoscimento tempestivo di una potenziale malattia importante e centri di riferimento ad hoc. «Non è possibile – spiega Libranti – riconoscere tutte le malattie rare: è sufficiente però saper vedere quei segnali che inducono il sospetto di trovarsi di fronte a una condizione rara (o anomala) che può essere intercettata dal pediatra di famiglia, prima sentinella nel valutare la normalità nello sviluppo dei bambini, durante i “Bilanci di salute”: una sorta di “tagliandi” cadenzati durante il percorso di crescita, che consentono di monitorare il benessere dei piccoli, e le possibili anomalie che lo alterano». Nel caso di Luca, i sintomi per quanto legati a grande instabilità, non potevano essere minimizzati, a partire da alcuni segnali di attenzione nell’elettroencefalogramma, facilmente confondibili con altre problematiche come la paralisi cerebrale, le malattie mitocondriali, l’epilessia, la sepsi e le patologie neuromuscolari.

La diagnosi precoce, anche nelle malattie rare, è di fondamentale importanza, come pure rivolgersi a centri di elevata expertise, di cui la struttura pisana è un esempio. «I casi di deficit da AADC nel mondo sono pochissimi: 5000, con un’incidenza sui nati vivi di 1 su 40.000 a livello globale, di cui 63 in Italia e 58 vivi. Luca è l’ultimo e il più piccolo ad aver ricevuto la diagnosi. La maggior parte dei sintomi – precisa Roberta Battini, Neuropsichiatra infantile allo Stella Maris, responsabile del team delle malattie neuromuscolari-neurodegenerative e genetiche rare – emerge nei primi mesi di vita, manifestandosi con sintomi, propri anche a Lorenzo, ovvero un ritardo dello sviluppo e della crescita e alterazioni del sistema nervoso autonomo. Oggi la sintomatologia può essere tenuta a bada, rallentandone il peggioramento, con una terapia specifica che sopperisce al deficit metabolico: non c’è ancora una cura nonostante la terapia genica sia alle porte e desti molte aspettative. Al momento, dunque, il punto di forza delle malattie rare è rappresentato dalla diagnosi precoce: prima la si raggiunge e prima si prende in carico il bambino, minori saranno le complicanze sul neurosviluppo e dunque sull’evoluzione. È fondamentale promuovere la conoscenza delle malattie rare attraverso i Pediatri di famiglia che a loro volta, in caso di sospetto di malattia rara, possono inviare i loro piccoli assisiti a Centri di III livello, dove eseguire test gratuiti».

La diagnosi, ovvero il test, si esegue su una goccia di sangue prelevata dal tallone del neonato, poi il tampone (cartoncino) viene inviato per il referto a laboratori specializzati. Tra questi anche Centogene, azienda specializzata nel DBS (Dried Blood Spot), che rende gratuitamente disponibile la sua piattaforma a tutti i medici italiani, compresi i Pediatri di famiglia, per eseguire un test specifico sul campione di sangue e ricevere, entro tre settimane, la risposta direttamente al proprio account di posta. Una procedura estremamente semplice, ma ancora poco conosciuta dagli specialisti, ma che può cambiare la vita del bambino e la storia di malattia, orientando la cura, in attesa che anche l’AACD possa rientrare negli screening neonatali. Come è accaduto ad esempio per la SMA (Atrofia Muscolare Spinale) in alcune regioni.

«I disturbi del neurosviluppo – conclude Mattia Doria, Segretario Nazionale alle Attività Scientifiche ed Etiche della FIMP (Federazione Nazionale Medici Pediatri) – rappresentano, nelle loro multiformi manifestazioni, una vera emergenza sanitaria, che “entra” sempre più spesso nell’ambulatorio del Pediatra di famiglia. Occorre mettere in atto nuove strategie per il riconoscimento precoce e una gestione terapeutica tempestiva, al fine di ridurre il rischio che iniziali deficit funzionali evolvano in gravi disabilità, con sensibile riduzione di potenziali soggetti attivi, grande impegno di risorse e costi sociali elevati. Cruciale, in questo percorso, è il metodo di “osservazione” che il pediatra e la Pediatria di famiglia utilizzano nel corso dei “Bilanci di salute”, valorizzando gli elementi caratteristici della normalità del bambino, per far emergere quelli che si discostano da essa. La storia di Luca racconta, ancora una volta, il ruolo insostituibile del Pediatra di famiglia che, grazie anche alla presenza capillare sul territorio e al rapporto di fiducia con le famiglie, è sentinella della salute complessiva del bambino».

Di Francesca Morelli

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