“Quando siamo vecchie abbastanza da non dover più occuparci di riproduzione, diventiamo le creature più potenti del mondo!”. Con queste parole della scrittrice Karen Blixen possiamo riassumere il messaggio per definire oggi la menopausa, considerata addirittura una “seconda primavera”. Effettivamente, se pensiamo che l’età di ingresso nella menopausa è intorno ai 50 anni e la vita media delle donne raggiunge gli 80-85 anni, trascorriamo più di 30 anni in una condizione che deve comunque consentire una buona qualità di vita, nonostante i disturbi che con l’età e la perdita della produzione ormonale, si possono inevitabilmente presentare. A parte le patologie di cui una donna può soffrire, come problemi cardiovascolari, sbalzi di pressione, malattie metaboliche, osteoporosi, ci sono alcuni disturbi che si presentano dopo la menopausa e possono compromettere la qualità di vita. Tra questi i problemi genito-urinari: bruciori, prurito, cistiti ricorrenti, incontinenza, dolore durante i rapporti sessuali.
«Se l’inizio della menopausa si contraddistingue per la comparsa di disturbi vasomotori, come le vampate, di cui la donna parla tranquillamente con il suo medico, le problematiche relative alla sfera genito-urinaria vengono spesso taciute anche al proprio ginecologo», conferma la professoressa Rossella Nappi, ordinario di Ostetricia e Ginecologia all’Università di Pavia e responsabile dell’Ambulatorio di Endocrinologia ginecologica e della menopausa al Policlinico San Matteo di Pavia. «Per pudore, falsi tabù o anche solo per sfiducia sulla possibilità di trovare una soluzione, le donne raramente parlano di questi disturbi “intimi”. Eppure una donna su due ne soffre, in alcuni casi sopportando anche forti dolori ai rapporti fino al sanguinamento, causato da micro-lesioni della parete vaginale che, in mancanza di ormoni, diventa secca e atrofica. Gli estrogeni infatti regolano l’elasticità dei tessuti, compreso quello vaginale, che perde così il lubrificante naturale. Oltre alla menopausa, altri fattori di rischio sono il fumo di sigaretta, alcuni farmaci ansiolitici e le patologie auto-immuni che possono causare atrofia vaginale». Quali cure si possono seguire per risolvere questi disturbi?
«Le prime terapie da mettere in pratica sono l’educazione e l’informazione. E il ginecologo ha un ruolo importante nel parlare con la donna, informarla, fare domande sulla salute sessuale e su eventuali disturbi uro-genitali», puntualizza la professoressa. «Oggi esistono terapie che vengono personalizzate e possono “curare” il disturbo. Si ricorre spesso ai lubrificanti vaginali per favorire il rapporto. Senza rendersi però conto che queste sostanze non sono per nulla curative e possono dare un beneficio al bisogno, ma non duraturo nel tempo. Più efficaci sono invece le sostanze idratanti e nutrienti, da applicare a livello vaginale, come l’acido ialuronico e la vitamina E. Esistono poi terapie vere e proprie come gli ovuli, le creme e il gel a base di estrogeni deboli che agiscono solo a livello del tessuto vaginale e non entrano in circolo. In Italia è in commercio un prodotto, per uso locale, a base di DHEA che si comporta come estrogeno e androgeno nello stesso tempo. È da poco disponibile anche una pillola “intelligente” (ospemifene), della classe dei SERM (modulatori selettivi dei recettori estrogenici), che si comporta come un estrogeno solo a livello vaginale, senza agire sull’utero e sul seno dove potrebbe al contrario causare iperplasia. Non mancano anche terapie fisiche, come la ginnastica del pavimento pelvico e i laser a Co2 o ad erbium, a cui possono ricorrere anche le donne che hanno avuto un tumore e non possono prendere preparati ormonali. Queste “terapie” devono sempre essere associate a un’accurata igiene intima, con prodotti lenitivi e idratanti, e al mantenimento della salute intestinale, con eventuale utilizzo di prebiotici e probiotici per regolarizzarne le funzioni. Uno stile di vita sano, mantenuto tale negli anni, è la premessa per vivere una menopausa in piena salute».
di Paola Trombetta
Il D-mannosio per curare in modo naturale la cistite
“Se prima non si cura l’intestino, non si potrà guarire la cistite”: è la raccomandazione degli urologi per trattare un disturbo tanto fastidioso, quanto frequente. «Bruciore, dolore, stimolo frequente a urinare sono i principali sintomi di questa infezione della vescica», puntualizza il dottor Luca Cindolo, responsabile dell’Urologia della Clinica Villa Stuart di Roma, coordinatore del progetto “Cistite, una gestione agile”, promosso dal gruppo di urologi AGILE (Italian group for advanced laparo-endoscopic and robotic urologic surgery) e Federfarma Servizi. «Talvolta può esserci sangue nelle urine o senso di peso perineale. Per quanto riguarda la frequenza di recidive della patologia, è fondamentale creare cultura sul fatto che una donna su 4, se alle prese con un episodio di cistite, ne sviluppa un altro entro i sei mesi e che una su 5 evolve verso una forma cronica con più di tre episodi l’anno. Abbiamo voluto promuovere questa campagna – sottolinea Cindolo – per creare consapevolezza sulla gestione della malattia che si ponga come alternativa all’uso, e spesso all’abuso, di antibiotici. Migliaia di medici di famiglia, urologi e farmacisti saranno coinvolti, in modalità interattiva, su casi clinici dedicati ai temi dell’antibiotico-resistenza, del trattamento e della prevenzione di questa patologia e infine sull’importanza del microbiota intestinale. Completeremo formazione e aggiornamento, rivolti a medici, specialisti e farmacisti con una serie di webinar territoriali e formazione a distanza che proporremo tra maggio e giugno».
L’antibiotico-resistenza è un problema di salute pubblica. In Italia, nelle cure ospedaliere in acuto: dal 20% al 50% degli antibiotici prescritti non sono necessari o sono inappropriati. Bere due litri di acqua al giorno, evitare l’uso di detergenti vaginali aggressivi, non usare ove possibile gli antibiotici, prevenire recidive con il D-mannosio ad alte dosi e avere cura del microbiota intestinale, integrandolo con fibre e fermenti lattici: sono le cinque regole d’oro per la donna che vuole liberarsi della cistite, disturbo che interessa una su 2 almeno una volta nella vita.
«Il D-mannosio in particolare è uno zucchero, un monosaccaride a basso peso molecolare – spiega Antonello Mirone, Presidente dell’Associazione Nazionale delle Società di Servizi per le farmacie – in gran parte eliminato nelle urine. La sua azione si esprime impedendo all’Escherichia coli di aderire alle cellule uroteliali e favorendone il distacco e lo smaltimento con il flusso urinario. Ormai le evidenze scientifiche sono numerose e dimostrano che il D-mannosio ad alte dosi ha un ruolo protettivo nelle donne adulte, nelle infezioni del tratto urinario, ricorrenti e acute. Giugno per la cistite sarà il mese della prevenzione: in tutte le farmacie aderenti all’iniziativa promuoveremo una campagna di awareness con le regole per evitare e trattare la patologia che in Italia compromette la qualità di vita di 9 milioni di persone e colpisce soprattutto nella stagione più calda». P.T.