Letizia, 30 anni, ha avuto la diagnosi di tumore all’ovaio due anni fa e ha accolto con entusiasmo la proposta di entrare in uno studio clinico per la sperimentazione di un nuovo farmaco. «Ritengo molto importante partecipare perché mi sembra di vivere la malattia in un modo più attivo e poter dare un contributo a tutte le donne che come me hanno questo tumore. La sperimentazione di nuove terapie può migliorare la qualità di vita e in futuro magari potrebbe portare anche alla cura di questo tumore. Ho trovato medici molto disponibili e mi sento seguita con più attenzione. E questo mi dà una maggiore tranquillità nell’affrontare la malattia».
Anche Marina, 63 anni, ha deciso di partecipare alla sperimentazione, supportata da marito e figli che spesso la devono accompagnare a fare i controlli nel centro di riferimento, un po’ lontano dalla sua abitazione. Non tutte le donne che hanno un tumore, però, accettano di buon grado di partecipare alla sperimentazione di nuove terapie. Per paura, forse, di ricevere un farmaco che non è ancora molto studiato. O per il maggiore impegno richiesto nel dover fare controlli più ravvicinati, magari lontano da casa. Oppure perché semplicemente non sono informate su questa possibilità. Cosa sanno le donne degli studi clinici? Quante di loro partecipano e perché? Che fiducia hanno in queste sperimentazioni?
Le risposte sono emerse da uno studio multicentrico Ricerca inActo, promosso dall’Associazione pazienti Alleanza contro il Tumore Ovarico, in previsione della Giornata mondiale in programma per l’8 maggio. Lo scopo dello studio? Fotografare conoscenze, attitudini ed esperienze verso gli studi clinici in donne con diagnosi di tumore ovarico, che interessa in Italia 50 mila donne ed è considerato ancora uno dei big killer per l’elevata mortalità (40% dei casi non supera i 5 anni). La letalità di questa neoplasia è legata sia alla mancanza di strumenti di prevenzione e di diagnosi precoce, sia alla asintomaticità del tumore, con diagnosi tardive nel 70% dei casi, sia al fatto che purtroppo solo di recente sono arrivati i primi farmaci in grado, se non di guarire, quantomeno di migliorare la sopravvivenza. Aderire alle sperimentazioni cliniche rappresenta quindi per le donne colpite da tumore ovarico l’unica possibilità di partecipare al miglioramento dei trattamenti. La ricerca, condotta dall’Istituto Mario Negri IRCCS di Milano, ha coinvolto 12 Regioni con 25 tra i migliori ospedali italiani specializzati nella cura del tumore ovarico e aderenti alle reti di ricerca clinica M.I.T.O e MaNGO. Iniziata nel 2019 e conclusa a settembre 2020, è il primo studio indipendente su questo argomento così cruciale per il futuro della malattia ovarica. Allo studio hanno partecipato 359 pazienti di cui 348 incluse nell’analisi per il 73,5% di età sopra i 56 anni (il tumore ovarico colpisce in maggioranza dopo i 55 anni e dopo la menopausa).
«La conoscenza degli studi clinici purtroppo è ancora limitata», fa notare la dottoressa Paola Mosconi dell’Istituto Mario Negri e coordinatrice della ricerca: «Il 59% delle donne intervistate ha sentito parlare di studi clinici attraverso i mezzi di comunicazione (internet, giornali, tv) o dal medico e solo il 34,9% conosce il significato della parola randomizzazione e, quindi, come si svolge la sperimentazione clinica di un nuovo trattamento. Il livello educativo influenza le conoscenze: meno della metà delle donne con minore livello educativo ha parlato di studi clinici con il proprio medico (46,4%), contro il 69,7% delle rispondenti con livello educativo più alto. Il 91,5% delle intervistate è disponibile a partecipare a una sperimentazione, perché convinte che gli studi clinici portino benefici sia all’individuo che alla società: più della metà (54%) però non è in grado di valutare l’entità dei benefici e se siano superiori ai rischi connessi alla partecipazione. Il 56% è favorevole a partecipare a uno studio se a raccomandare la partecipazione è un amico o familiare (55,4%). Ma, nonostante questa disponibilità, all’88% delle intervistate non è mai stato proposto di partecipare in passato a uno studio clinico».
«Nella decisione di partecipare pesa con forza il ruolo del medico», aggiunge la professoressa Nicoletta Colombo, responsabile della Ginecologia oncologica dello IEO. «Il 90,3% delle pazienti attribuisce al medico un ruolo determinante nella decisione di aderire a uno studio clinico e il 91,5% ritiene giusto che i medici invitino a partecipare, anche senza la certezza che un nuovo trattamento possa dare risultati migliori rispetto a quello disponibile. Molte sono ancora le perplessità da parte delle pazienti di partecipare alla sperimentazione su un nuovo farmaco, perché hanno timore che non sia la cura migliore per loro».
«Per questo è fondamentale l’alleanza medico-paziente», conclude la professoressa Domenica Lorusso del Policlinico Gemelli di Roma. «Io stessa sono stata invogliata a partecipare a questa ricerca dopo la delusione provata quando una paziente, alla quale avevo proposto di entrare in uno studio clinico per sperimentare una nuova cura, ha categoricamente rifiutato». Dallo studio è emerso che meno della metà delle pazienti pensa che le ragioni che spingono il medico a proporre l’adesione a uno studio clinico siano il bene del paziente e della comunità (47,2%), ma anche il progresso della scienza e della medicina (42,9%). Solo una piccola percentuale ritiene che l’invito a partecipare sia fatto dal medico perché non saprebbe come curare altrimenti la paziente (5,6%) o per tornaconto personale (2,4%), o per interesse delle industrie farmaceutiche (1,8%). «La scommessa di questo studio è far ricredere un buon numero di pazienti e convincerle a partecipare a queste sperimentazioni, nella certezza che, dove si fa ricerca, si cura meglio!», conclude la professoressa Lorusso.
Da non sottovalutare un altro dato importante: il 71,2% delle intervistate attribuisce importanza al coinvolgimento delle associazioni che rappresentano pazienti e cittadini nell’ideazione e nella progettazione di uno studio clinico. Alle associazioni è attribuito soprattutto un ruolo determinante nel migliorare l’informazione (20,9%), facilitare la partecipazione delle pazienti (20,3%) e dare suggerimenti per condurre studi clinici di reale vantaggio per i pazienti (19,8%).
«Dalla ricerca, in definitiva, emergono comunque più ombre che luci», commenta Nicoletta Cerana, presidente di Acto onlus. «Se da un lato le pazienti hanno una sostanziale fiducia nella ricerca clinica e nel ruolo del medico, dall’altro la conoscenza degli studi clinici risulta limitata: non si sa come si svolgono, non se ne conoscono bene i rischi e i benefici e la partecipazione è piuttosto scarsa. Un dato che peraltro riflette la bassa percentuale di adesione delle pazienti a livello mondiale, che non supera il 20% (ricerca Every Woman – World Ovarian Cancer Coalition)».
«Un’altra ombra è legata alla tendenza delle pazienti a delegare totalmente al medico la decisione di aderire o meno a uno studio clinico. Le risposte fornite sono indicative di un livello ancora molto basso, non solo di informazione, ma soprattutto di autonomia decisionale, di responsabilizzazione ed emancipazione delle pazienti dal medico». Questa situazione apre alle associazioni di pazienti come Acto, il cui ruolo è ampiamente riconosciuto da tutte le rispondenti (71,2%), ampi spazi di intervento, non solo per migliorare la conoscenza degli studi clinici (20,9%), ma anche e soprattutto per rendere ogni donna più informata e coinvolta nel percorso di cura così che abbia la forza e il potere di decidere in completa autonomia.
di Paola Trombetta
Le iniziative della Giornata mondiale dell’8 maggio
170 associazioni di pazienti in tutto il mondo celebrano, sabato 8 maggio, la 9a Giornata Mondiale del Tumore ovarico per accendere i riflettori sul carcinoma ovarico, la neoplasia ginecologica più grave che ogni anno nel mondo colpisce circa 300 mila donne. In questa giornata la World Ovarian Cancer Coalition chiama a raccolta tutte le donne, la comunità scientifica, le istituzioni e le aziende per testimoniare il proprio impegno contro la malattia con l’hashtag #PowerfulTogether. Al centro di tutte le iniziative il “Dot Wall”, il grande affresco sul tumore ovarico al link worldovariancancercoalition.org/biggerpicture. Per contribuire a disegnarlo, lasciando il proprio segno, basta cliccare sul pulsante apposito “Join the Wall”. Più persone cliccano, più rapidamente si compone l’immagine simbolo sulla malattia. In Italia l’8 maggio tutta la rete Acto, Alleanza contro il Tumore Ovarico, si mobilita con diverse iniziative. Alle 15.30 è in programma una diretta Facebook per le pazienti, i familiari e il grande pubblico, durante la quale esperti, ricercatori e medici parleranno alle donne degli studi clinici, cosa sono, come si svolgono, quali sono i rischi e benefici, quale è il ruolo del medico, come interagisce con la paziente e quale il ruolo delle Associazioni. La discussione prenderà spunto dai risultati della Ricerca InActo, di cui abbiamo ampiamente parlato nell’articolo pubblicato. Oltre alla Presidente Acto, interverranno Paola Mosconi, Anna Roberto ed Elena Biagioli dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri e le Professoresse Nicoletta Colombo, Università Milano Bicocca e Istituto Europeo di Oncologia, e Domenica Lorusso, Università Cattolica del Sacro Cuore Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli. Sarà possibile seguire il seminario collegandosi alla pagina Facebook di Acto al link www.facebook.com/Actoonlus .
Acto Lombardia organizza due iniziative: a Lecco, sabato 8 maggio alle 10.30 all’Ospedale A. Manzoni, pazienti e medici si ritroveranno per parlare di prevenzione e condividere esperienze di vita camminando nei boschi lecchesi, guidati dalla trainer Barbara Rachetti. L’iniziativa rientra nel programma “La Casa delle Donne”, recentemente riconfermato per un altro anno, vero e proprio laboratorio creativo. Per info: www.facebook.com/associazionepazientiactolombardia. A Monza, martedì 11 maggio, dalle 8.30 alle 13, presso l’Ospedale San Gerardo, l’ambulatorio di Ginecologia Oncologica offrirà visite ginecologiche gratuite fino ad esaurimento posti. Per Acto Piemonte, la celebrazione si sposta al 15 maggio alle 19 al Teatro Superga di Nichelino dove l’Associazione raccoglie la comunità delle pazienti per assistere allo spettacolo musicale “Sweet Charity” con la compagnia Gypsy Musical Academy e la regia di Claudio Insegno. Per info: www.facebook.com/acto.piemonte.3. Infine, Acto Sicilia, il 7 maggio alle 11.30 presenterà all’Ospedale Cannizzaro il video-progetto “Donna… oltre il cancro”, curato dall’oncologa Scandurra e la psico-oncologa La Spina, con pazienti che affrontano la diagnosi e la cura del tumore ovarico in tre diverse situazioni: “Io tutti i giorni”, “L’evento” con le pazienti nella quotidianità e in momenti speciali, e “Io e Lui”, che dà voce anche agli uomini, compagni di donne affette da tumore ovarico e racconta i problemi legati alla vita di coppia. La presentazione sarà oggetto di una diretta Facebook il 7 maggio alle 11.30 sulla pagina al link www.facebook.com/ACTO-Sicilia-108886567906420. P.T.