Aumentare la conoscenza e la consapevolezza sull’artrite psoriasica, dando voce “in parole e musica” ai 300 mila pazienti che oggi, solo in Italia, convivono con questa malattia. È l’obiettivo dell’iniziativa “Dammi 6 Parole – Il racconto dell’artrite psoriasica”, promossa da Amgen, in collaborazione con ANMAR (Associazione Nazionale Malati Reumatici) e APMARR (Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare) con l’intento di “liberare” emozioni, difficoltà, attese, speranze e affrontarle insieme: perché il superamento della malattia è un impegno di squadra. Dei pazienti, dei clinici, delle Associazioni dedicate, delle Istituzioni e simbolicamente delle parole e della musica: i sei protagonisti di questa campagna di sensibilizzazione. Un numero che non è casuale, essendo ricorrente nell’artrite psoriasica: «L’artrite psoriasica – spiega Roberto Caporali, Direttore del Dipartimento di Reumatologia e Scienze Mediche ASST “Gaetano Pini”, CTO di Milano – è una malattia infiammatoria cronica che si sviluppa quando il sistema immunitario attacca i tessuti e le cellule, arrivando a interessare anche fino a sei “domini” contemporaneamente: articolazioni, scheletro, dita del piede e/o delle mani, tendini e legamenti, unghie e cute che corrispondono a sei manifestazioni differenti di malattia, ovvero artrite periferica, entesite, dattilite, malattia assiale, psoriasi e psoriasi ungueale. È importante fare attenzione ai possibili “indizi” di insorgenza, spesso trascurati o non riconosciuti dal paziente come la lombalgia, rigidità mattutina, dolori notturni».
L’artrite psoriasica è una malattia a valenza “sociale” a causa delle ripercussioni importanti sulla vita dei pazienti, spesso giovani (la malattia insorge più di frequente tra i 30-50 anni con una lieve prevalenza tra le donne), riducendo la partecipazione all’attività lavorativa, sociale e familiare. Fondamentale è dunque la diagnosi precoce che spesso invece arriva dopo circa 7-8 anni dalla prima comparsa: la malattia ha così tutto il tempo di peggiorare, tanto che il 50% dei casi severi, se non sottoposti a trattamento, evolvono a invalidità permanente nell’arco di 10 anni. «Nei pazienti con psoriasi che lamentano le prime manifestazioni di un’artrite – continua Caporali – il reumatologo e il dermatologo hanno un ruolo chiave nel percorso diagnostico del paziente: la collaborazione tra i due specialisti e uno screening ben condotto è un binomio fondamentale nel percorso diagnostico-terapeutico».
Eppure il processo è intralciato da almeno sei difficoltà: sintomi iniziali lievi che portano a non recarsi tempestivamente dal medico; la mancata organizzazione dei Reparti di Reumatologia dove non sempre esiste una struttura adeguata ad accogliere i pazienti rapidamente senza attese troppo lunghe; il mancato invio del paziente da parte del medico di famiglia o del dermatologo allo specialista reumatologo; l’assenza di un modello gestionale di presa in carico dell’artrite psoriasica che oggi fa riferimento all’artrite reumatoide, ovvero di multidisciplinarietà come sancito anche dal Piano Nazionale della Cronicità, non applicata ovunque per mancanza di ambulatori e strutture multidisciplinari ufficializzati; la burocrazia in cui cade il paziente anche per ottenere un semplice certificato; l’insufficiente comunicazione tra medicina del territorio, ambulatorio specialistico e paziente. «Invece è auspicabile potenziare l’empowerment (il coinvolgimento) del paziente – precisa Antonella Celano, Presidente APMARR – al fine di responsabilizzarlo e renderlo parte attiva del percorso di cura che aumenta anche l’aderenza terapeutica».
Gli “strumenti” ci sono: farmaci topici, applicati direttamente sulla pelle, che rappresentano generalmente la prima linea di trattamento nella cura della psoriasi qualora il paziente ne sia affetto e trattamenti sistemici, per via orale in compresse o per via parenterale mediante iniezioni o infusioni, che svolgono i loro effetti sull’intero organismo, indicati in pazienti con diversi gradi di severità della malattia psoriasica e articolare. La relazione, infatti, fra psoriasi e artrite psoriasica è stretta: «Il 40% dei 2,5 milioni di pazienti con psoriasi sono colpiti da artrite psoriasica, ma circa il 10-15% può svilupparla prima della psoriasi stessa. Casi in famiglia di psoriasi, anche piccole chiazze in sedi nascoste, o di artrite psoriasica, possono rappresentare un fattore di rischio per lo sviluppo della malattia, unitamente a obesità, traumi, fumo, sollevamento pesi, documentati da vari studi in letteratura». La scarsa attenzione sociale verso l’artrite psoriasica aggrava la situazione clinica: «Secondo una nostra indagine di alcuni anni fa, ma ancora valida, condotta in collaborazione con l’INPS (Istituto Nazionale di Previdenza Sociale) – commenta Silvia Tonolo, Presidente ANMAR – sono almeno 24 milioni le giornate lavorative perse ogni anno a causa di questa malattia e si stima che il 17% degli uomini e un terzo delle donne con artrite psoriasica abbandonino il lavoro. Manca tuttora una presa in carico globale che tenga conto anche degli aspetti sociali e lavorativi oltre che di quelli sanitari. Basti dire che per l’artrite psoriasica le percentuali di invalidità, valutata al 50%, sono ferme al 1992 e in pratica il paziente non ha né diritti economici né di malattia».
Una situazione che si intende provare a contrastare anche con sei semplici “parole in musica”: da oggi fino al 6 agosto, sul sito www.6domini.it i pazienti potranno scegliere 6 parole chiave legate alla loro esperienza di convivenza con la patologia, nell’ambito di 6 macroaree. Le più rappresentative, selezionate da un’apposita Giuria, ispireranno un brano musicale composto dal cantautore Virginio, star di Amici e testimonial della campagna. «La musica crea l’opportunità di muovere le coscienze e aprire mondi su storie rimaste nell’ombra. Ho scelto di aderire alla campagna – conclude Virginio – per contribuire a raccontare le esigenze di chi affronta una malattia poco riconosciuta e per sensibilizzare chi ne è affetto senza saperlo, perché non ha ancora ricevuto una diagnosi. Per un artista, ogni singola parola può essere fonte di ispirazione. A maggior ragione, le parole scelte dai pazienti con artrite psoriasica, che scaturiranno dalla loro necessità di sentirsi compresi, di riaffermare che la patologia con cui convivono li riguarda ma non li definisce». Le 6 parole saranno di ispirazione anche per la realizzazione di un podcast dedicato all’artrite psoriasica: un “racconto in 6 puntate” per approfondire temi come l’impatto della malattia, il vissuto dei pazienti, pubblicate su Spotify, iTunes, Google Podcast e Apple Podcast. Sul sito www.6domini.it sono disponibili risorse e approfondimenti sull’artrite psoriasica, sulle sue 6 manifestazioni (domini), sulla combinazione dei domini, e dettagli aggiornati sui Centri di Reumatologia ospedalieri e universitari e sugli Ambulatori territoriali.
di Francesca Morelli
Spondilite anchilosante e artrite psoriasica: due malattie che “infiammano”
Ritardi diagnostici, lavoro a rischio, dolore costante, ma anche resilienza: sono questi i risultati di due anni di “conversazioni” sul web raccolte da post, blog, forum online, news tra pazienti affetti da spondilite anchilosante e artrite psoriasica in una indagine DOXA per ANMAR (Associazione Nazionale Malati Reumatici Onlus), realizzata con il contributo di Abbvie. «Per gli oltre 850 mila italiani affetti da spondilite anchilosante e artrite psoriasica, due malattie infiammatorie croniche – spiega Silvia Tonolo, Presidente ANMAR – il dolore ha un impatto devastante sulla vita, spesso vissuto come un dolore socialmente invisibile, con problematiche non sufficientemente riconosciute e tutelate in ambito sociale, lavorativo (tanto che alcune persone abbandonano la propria occupazione o vengono licenziati) e assistenziale, rinunciando anche a progetti, relazioni e a una carriera professionale, perché costrette a vivere in balia del dolore». «Come emerge dalla ricerca Doxa – dichiara Luisa Costa, Ricercatrice presso la Cattedra di Reumatologia dell’Università degli Studi di Napoli Federico II – convivere con il dolore cronico “si paga” innanzitutto nella quotidianità e nella possibilità di progettare un futuro. Tuttavia, negli ultimi tempi l’introduzione di nuovi farmaci come gli inibitori dell’interleuchina 1, in associazione a terapie riabilitative in collaborazione con fisiatri e fisioterapisti, ha migliorato la qualità di vita dei pazienti, rendendo possibile la remissione che, quando è sostenuta nel tempo, consente un ritorno alla vita normale». Oltre alla terapia i pazienti chiedono di ricevere maggiori informazioni lungo tutto il percorso diagnostico-terapeutico e in particolare sulle misure di welfare in ambito lavorativo e assistenziale messe in campo dalle istituzioni che tuttavia sembrano sottostimare la gravità e il carattere invalidante di queste patologie. «È urgente una nuova alleanza tra pazienti, medici e decisori – fa sapere Tonolo – per ricominciare a gestire in modo adeguato la cronicità della persona con malattia reumatologica. Diagnosi celeri, cure appropriate, efficaci ed omogenee a livello regionale, ma anche un corretto inquadramento delle tutele previdenziali, ridurrebbero l’impatto di queste patologie a beneficio del paziente e del sistema sanitario nazionale e regionale». «Diagnosi precoce e terapie efficaci – conclude Roberto Gerli, presidente nazionale della Società Italiana di Reumatologia (SIR) – sono da considerarsi un vero e proprio investimento permettendo ai cittadini, altrimenti destinati a una rapida disabilità, di continuare la propria vita sociale e produttiva, oltre a liberare risorse che potrebbero essere reinvestite in strategie socio-assistenziali più incisive». F.M.