Cade un falso mito: non esiste uno specifico e unico alimento che può indurre l’emicrania nei bambini, un disturbo di cui soffre circa il 10% della popolazione pediatrica. Né dipende da un cibo uguale per tutti. Lo asseriscono i ricercatori del Dipartimento di Neuroscienze dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, dopo aver esaminato diversi lavori scientifici su questa relazione cibo-emicrania, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista internazionale Nutrients. Insomma, per capire e stabilire se la comparsa del mal di testa è dovuta a un preciso alimento, c’è un’unica via da percorrere: effettuare un’analisi personalizzata sul paziente ed esaminare se l’assunzione prolungata di un ipotetico cibo può essere (oppure no) il “trigger” dell’insorgenza dell’attacco di mal di testa. Ad oggi la tesi più accreditata è che l’emicrania, nei piccoli, abbia un’origine genetica che nel 5% dei casi può portare allo sviluppo di una forma cronica, con un impatto importante sulla qualità di vita in termini di perdita di giorni di scuola (nei casi più gravi anche di interi anni scolastici) e di sospensione delle attività ludiche, per esempio dell’attività sportiva. Quello che è certo è la molteplicità di fattori che possono scatenare l’attacco di mal di testa nei piccoli, aumentarne la frequenza o la gravità: tra questi hanno maggiore rilevanza, stati di natura emotiva come stress scolastico, ansia o depressione derivata da contesti familiari, fino a poter includere, tra le cause, anche alcuni alimenti.
In merito a questi ultimi, restano sotto accusa i già noti cioccolato, glutammato di sodio, nitriti presenti negli insaccati, dolcificanti artificiali e cibi contenenti glutine. Ma proprio in questa categoria, cade un primo mito che riguarda il cioccolato: infatti non vi sarebbe alcuna dimostrazione scientifica che ne associa il consumo allo scatenarsi dell’attacco emicranico. «Gli studi “provocativi”, effettuati cioè tramite la somministrazione dell’alimento al fine di provocare l’attacco emicranico – spiegano gli esperti – hanno dato esito negativo». Anche per il glutammato di sodio, usato nella cucina cinese, e spesso ritenuto responsabile di stimolare l’insorgenza della “sindrome del ristorante cinese”, dove l’attacco emicranico insorgerebbe proprio dopo il consumo di un pasto etnico di questo tipo, si arriverebbe alle stesse conclusioni: non ci sono dimostrazioni a carico o a favore del glutammato, tant’è che in alcuni studi nei quali è stato somministrato assieme al cibo ad alcuni soggetti e non ad altri, la comparsa del mal di testa non sarebbe risultata più frequente nel primo gruppo di pazienti rispetto ai secondi. Dunque apparentemente non esisterebbe alcun rapporto di causa/effetto nella relazione glutammato-emicrania. Al pari dei dolcificanti: nessuno studio li accusa di essere causa dell’accensione di questo problema.
Allora, se parliamo di alimenti e bevande, in quale direzione bisogna andare, dove cercare il colpevole? Con molta probabilità in caffeina e alcol, quest’ultimo nel caso degli adulti, per i quali esisterebbe qualche prova scientifica. Ad esempio non solo l’eccessivo consumo di caffeina, ma anche la sua sospensione rapida sembra scatenare il mal di testa: uno studio condotto su un ampio numero di soggetti emicranici attesterebbe che l’assunzione della caffeina o la sua sospensione sia stata la causa della comparsa del mal di testa in circa un terzo dei partecipanti. L’assunzione di caffeina riguarda anche i ragazzi che la ingeriscono con il consumo di alcune bevande gassate in cui è contenuta.
Il rimedio sembra facile: abolire questi alimenti dalla dieta di chi soffre di emicrania. Ma non è così, in primo luogo perché non è possibile prevedere in anticipo gli alimenti che in quel paziente possano dare adito all’attacco emicranico. «Piuttosto – dichiara Massimiliano Valeriani, responsabile di Degenza neurologica che ha coordinato la ricerca – è opportuno chiedere alla famiglia di verificare se esista un rapporto costante fra l’assunzione di un certo alimento e la comparsa a breve di mal di testa. Solo in questo caso si potrà procedere a togliere quello specifico alimento dalla dieta. Una strategia che è di aiuto anche per “diagnosticare” eventuali bambini emicranici che vengono spesso sottoposti a esami per allergie e intolleranze alimentari a cibi come pomodoro, semi (nocciole, arachidi), lattosio, nichel, glutine senza che abbiano nulla a che vedere con l’emicrania».
Piuttosto, aggiungono gli esperti, è bene considerare il fattore obesità che può peggiorare la severità dell’emicrania. Infatti, in un precedente studio condotto dai neurologi del Bambino Gesù, è emerso che circa il 65% dei bambini in sovrappeso, rispetto al 35% dei normopeso, è soggetto a un’elevata frequenza di attacchi emicranici, superiori a 5 al mese. Dalla letteratura si ricaverebbe dunque una importante indicazione: in bambini emicranici obesi, è raccomandato impostare un regime dietetico ipocalorico, evitando l’eccessivo uso di cibi ipercalorici che potrebbero stimolare anche l’aumento di peso.
Infine, in merito alle possibili cure, è in voga l’uso dei nutraceutici, integratori alimentari di origine naturale come il magnesio o il partenio, molto usati per la terapia dell’emicrania pediatrica. «Se da un lato non ci sono evidenze scientifiche – conclude Valeriani – che queste sostanze possano essere utili, dall’altro non si attestano effetti collaterali. Alcuni studi su piccoli numeri ne suggeriscono la possibile efficacia: il consiglio è di valutare l’eventuale impiego dei nutraceutici nei bambini più piccoli o dove si temono gli effetti collaterali dei farmaci».
di Francesca Morelli