Salute delle donne e parità di genere per la ripresa post Covid

Contraccezione, fertilità, menopausa, ma anche gestione delle malattie croniche e delle cure oncologiche che, a causa della pandemia, sono state spesso rinviate. Il diritto alla salute delle donne è stato al centro del Convegno “Qui, per la Salute di ogni Donna”, che si è tenuto a Roma all’Auditorium Parco della Musica, organizzato da Organon, la prima azienda che mette al centro della propria missione la salute femminile in ogni fase della vita: dall’accesso alla contraccezione, oggi limitato al 16% delle donne fertili, al crollo della natalità alla corretta gestione della menopausa per contrastarne i sintomi. Donne dunque protagoniste della ripresa post-Covid: anche il tema di parità di genere, attraverso l’incremento dell’occupazione femminile, l’eliminazione del divario retributivo e il potenziamento dell’assistenza sanitaria sono al centro delle più importanti agende politico-istituzionali, dagli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, fino alle “priorità trasversali” del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) messo a punto dal Governo. Un esempio viene anche in questo caso dall’azienda Organon, la cui filiale italiana ha oltre 250 dipendenti, dei quali quasi la metà sono donne. Anche il team dirigenziale è al femminile per il 70% e il Consiglio d’Amministrazione per il 50% della sua composizione, un risultato importante se si considera che la media italiana è del 33%.

Cruciale in tutti gli scenari il tema della salute femminile, anche per le sue ricadute sulla crescita dell’economia: secondo una ricerca condotta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, un’adeguata gestione della salute delle donne potrebbe contribuire con 12 trilioni di dollari al PIL globale nel 2040. «La nostra aspirazione è quella di essere, qui e ora, per la Salute di ogni Donna, in ogni fase della sua vita, della sua famiglia e della comunità cui appartiene», afferma Alper Alptekin, Presidente e Amministratore Delegato di Organon Italia. «Siamo pronti a lavorare insieme alle Istituzioni in un modello virtuoso di partnership pubblico-privata, offrendo soluzioni terapeutiche e servizi innovativi in materia di salute riproduttiva, cercando di rispondere ai più pressanti bisogni di salute che ancora oggi interessano tante donne in Italia e nel mondo».

La necessità di accelerare gli interventi per la tutela della salute delle donne nasce anche dai danni lasciati dalla pandemia e dai ritardi accumulati in conseguenza del Covid-19.  Oltre all’impatto diretto sull’occupazione femminile (secondo i dati ISTAT, in Italia su 101.000 occupati in meno, 99.000 sono donne), la ridotta capacità operativa delle strutture deputate (Consultori, Unità ginecologiche pubbliche) ha determinato una drastica contrazione dei servizi di tutela e cura della salute della donna: -54% esami ginecologici, -34% nuovi trattamenti, circa 130.000 cicli contraccettivi in meno e un incremento medio di 45 giorni di attesa per una visita ginecologica.

Gli ostacoli che rallentano la promozione della salute della donna

Ma in Italia sono tanti gli ostacoli, di natura culturale e organizzativa, che rallentano la promozione della salute delle donne e la piena valorizzazione del contributo femminile alla società. «La carenza di informazioni sulle possibili scelte contraccettive e la quasi totale assenza di programmi educazionali sull’argomento limitano l’accesso alla contraccezione, circoscritto solo al 16% delle donne in età fertile, relegando l’Italia al 26° posto in Europa per accesso e informazione alla contraccezione», conferma Franca Fruzzetti, Presidente della Società Italiana della Contraccezione (SIC). «I ragazzi e le ragazze arrivano all’inizio della vita sessuale e riproduttiva con una preparazione totalmente inadeguata, sia sotto il profilo dell’anatomia del corpo e dell’apparato genitale, sia sotto il profilo emotivo. Le donne in Italia conoscono e utilizzano poco la contraccezione ormonale. In questi mesi di pandemia, i riflettori sono stati accesi sugli effetti tromboembolici associati all’utilizzo di contraccettivi dopo la vaccinazione anti-Covid-19. Ma non vi sono evidenze sul ruolo dell’estroprogestinico e delle terapie ormonali nell’insorgenza di tali eventi». 

Lo scarso ricorso ai metodi contraccettivi è l’altra faccia del percorso a ostacoli verso un’adeguata pianificazione familiare, che penalizza le donne nelle loro scelte di vita: l’emergenza Covid ha peggiorato lo scenario della natalità in Italia, dove gli ultimi dati ISTAT mostrano, per il 2021, un calo del 3,8% delle nascite rispetto al 2020, nuovo minimo storico di nascite dall’Unità d’Italia.  «Un calo determinato non solo dalla pandemia, che ha provocato il completo lockdown dei Centri di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) per oltre 5 mesi con un impatto di -1500 nuovi nati con queste tecniche, ma anche dal ricorso tardivo delle coppie a recarsi in questi Centri a causa dei crescenti problemi di fertilità che in Italia oggi interessano circa il 20% delle coppie (1 su 5), rispetto al 10% di circa 20 anni fa», fa notare Andrea Borini, Past-President della Società Italiana di Fertilità e Sterilità e Medicina della Riproduzione (SIFES-MR).

«Un terzo dei trattamenti di PMA è eseguito in coppie in cui la donna ha più di 40 anni, con ricadute negative sul tasso di natalità», aggiunge Filippo Maria Ubaldi, attuale presidente SIFES-MR. «Le possibilità di ottenere embrioni evolutivi si riducono significativamente soprattutto dopo i 40 anni e le chance che gli embrioni ottenuti siano cromosomicamente normali si riducono già dopo i 35 anni. Riguardo all’accesso alla PMA, esistono forti disomogeneità a livello regionale, con una diversa distribuzione dei Centri pubblici e privati convenzionati dal Nord al Sud, lunghe liste di attesa, ostacoli burocratici e la mancata definizione di un tariffario all’interno dei LEA per queste prestazioni».

Più attenzione alle malattie croniche legate all’età

Ma i ritardi culturali pesano anche nell’adeguamento dei comportamenti di prevenzione in considerazione dell’aumento dell’aspettativa di vita che per le donne è di 84-85 anni. «Una donna trascorre in menopausa circa 30 anni, ma solo il 7% delle italiane ricorre alla terapia ormonale sostitutiva per trattare i sintomi della menopausa, in particolare quelli di tipo neurovegetativo (vampate, disturbi del sonno, sudorazione notturna) e prevenire le complicanze cardiovascolari sul lungo periodo, oltre che beneficiare di una migliore qualità di vita», puntualizza Stefano Lello, segretario generale Società Italiana Ginecologia Terza Età- SIGITE

Dalla salute delle donne a quella delle loro famiglie e delle comunità, le grandi sfide sono quelle della cronicità e della sostenibilità: in Italia sono 24 milioni i pazienti con malattie croniche non trasmissibili, tra cui tumori, patologie cardiovascolari e osteoarticolari, che assorbono circa l’80% del Fondo Sanitario Nazionale. Le malattie croniche non trasmissibili sono responsabili del 93,3% dei decessi e del 90,2% dei problemi di disabilità. «L’emergenza di Covid-19, impattando fortemente sull’organizzazione del Sistema Sanitario Nazionale, ha minato la continuità terapeutica nella gestione territoriale delle malattie croniche», fa notare Claudio Cricelli, presidente della Società Italiana di Medicina Generale (SIMG). «La pandemia ha inoltre svelato alcuni punti deboli dell’organizzazione dell’assistenza sanitaria territoriale: sottodimensionamento, strutture insufficienti, carenza di personale infermieristico. Gli studi di medici di Medicina generale non sono adeguatamente attrezzati e i medici sono spesso rimasti soli davanti all’emergenza».

Al tema della cronicità si associa quello della sostenibilità e della gestione dei tumori per garantire elevata qualità delle cure a tutti i pazienti che ne hanno bisogno e ridurre gli oneri finanziari a carico della sanità pubblica. «Il peso sociale dei tumori femminili è molto elevato», fa notare Saverio Cinieri, Presidente Eletto Associazione Italiana di Oncologia Medica – AIOM. «Decine di migliaia di donne si ammalano ogni anno di tumore della mammella, dell’utero e dell’ovaio e quando si ammala una figlia, una madre, una moglie di cancro è come se si ammalasse l’intera famiglia. Per cui i numeri, in termine di peso sociale, triplicano. Per questo è importante informare le donne, fare prevenzione, aumentare la consapevolezza e la conoscenza nell’opinione pubblica di questi tumori». «Le terapie biologiche hanno rivoluzionato il trattamento di numerose malattie», puntualizza Paolo Marchetti, Direttore del Dipartimento di Oncologia dell’Ospedale Sant’Andrea di Roma. «I brevetti per un certo numero di prodotti biologici sono in scadenza. Ciò ha creato l’opportunità per lo sviluppo e l’approvazione di biosimilari, che danno le stesse garanzie dei farmaci originatori senza la necessità di dover corrispondere il prezzo che serve a recuperare lo sviluppo di un nuovo farmaco. Il risparmio può essere utilizzato per investire in nuovi farmaci, in nuove terapie e nell’anticipare l’accesso dei pazienti a farmaci che consentono trattamenti innovativi».

E anche su questi nuovi farmaci punta molto l’approccio di Organon, per garantire accesso alle cure, e alle terapie salvavita a tutti i pazienti che ne hanno bisogno, in particolare riguardo alle cure di comprovata efficacia per la gestione delle patologie croniche a più alto impatto sociale, come ipertensione, ipercolesterolemia, osteoporosi, osteoartrosi, asma, emicrania e dermatiti.

di Paola Trombetta

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