Le donne sono state le più penalizzate durante la pandemia, non solo dal punto di vista dello stress, dovendo svolgere contemporaneamente più mansioni, come lo smartworking, la cura della casa e della famiglia, ma anche per la salute, con l’accentuarsi di problemi quali insonnia, mal di testa, disturbi digestivi e malessere diffuso, più frequenti nel sesso femminile. La pandemia ha comunque messo ancora più in evidenza come la salute sia una componente fondamentale della vita delle donne e della collettività. Se da un lato si è assistito alla saturazione degli ospedali e delle terapie intensive, dall’altro si è evidenziata una riduzione degli accessi a terapie mediche e chirurgiche per malattie acute e croniche. La Corte dei Conti ha recentemente valutato che sono andati persi circa 150 mila prestazioni ambulatoriali, 500 mila ricoveri urgenti e 800 mila ricoveri programmati tra il 2019 e il 2020. Si è evidenziato un calo dell’accesso alle diagnosi e alle cure del 13% nelle patologie cardiometaboliche e respiratorie, del 30% in quelle oncologiche e del 31% delle visite specialistiche. A subire questi ritardi diagnostici sono state soprattutto le donne. Da loro si vuole ripartire per spronare le istituzioni e il mondo scientifico a reagire e mettere a punto piani di intervento per scrollarsi di dosso le conseguenze della pandemia e reimpostare il futuro sanitario del nostro Paese.
Al recente congresso “Inventing for Life, Health Summit”, promosso da MSD a Roma, è stata presentata l’indagine “Priorità e aspettative degli italiani per un nuovo Sistema Sanitario Nazionale”, in cui si evidenzia come per più della metà degli italiani la sanità sia considerata l’area prioritaria su cui concentrare i futuri investimenti. Otto italiani su 10 riconoscono l’importanza della ricerca condotta dalle case farmaceutiche nella lotta contro il Covid-19 e sono favorevoli a maggiori investimenti in questo settore. A commento di questa indagine, abbiamo intervistato Nicoletta Luppi, amministratore delegato dell’azienda MSD Italia, che di recente ha ottenuto l’importante riconoscimento “Best workplace 2021” dal “Great Place to Work” come azienda dove i dipendenti dichiarano di lavorare in un ambiente che li gratifica pienamente. E dove la presenza femminile è importante, tanto che il 52% delle figure dirigenziali sono donne.
Cosa avete fatto in questi due anni per le donne?
«In questi due anni difficili abbiamo sempre cercato di valorizzare il lavoro delle donne, molte delle quali (52%) ricoprono nel nostro staff ruoli dirigenziali. Abbiamo incentivato il lavoro in smartworking, abbiamo sempre tutelato le lavoratrici, in particolare quelle in maternità, per evitare che dare alla luce una nuova vita possa mettere a repentaglio il lavoro e la vita della mamma. Abbiamo portato avanti progetti di integrazione e inclusione anche di dipendenti diversamente abili o con diversi orientamenti sessuali, nel rispetto di un processo di inclusione globale dei lavoratori che è il fondamento della nostra filosofia. Ci siamo mossi anche nel campo di iniziative sociali per combattere i femminicidi, proteggere i minori e abbiamo cercato in tutti i modi di tutelare il lavoro delle donne».
Quali sono stati gli obiettivi prioritari della vostra azienda durante la pandemia?
«L’innovazione generata dall’industria farmaceutica, vero volano per la crescita economica di un Paese, ha dato uno straordinario contributo nella lotta alla pandemia che va oltre l’impegno nella ricerca. La nostra azienda non ha cessato un solo giorno la produzione e la distribuzione di farmaci e vaccini e ha adottato, in modo convinto ed efficiente, modalità lavorative agili e ibride, senza impattare sui livelli occupazionali e, anzi, mettendo in sicurezza tutte le persone e i loro familiari. Oggi occorre ripensare alla Sanità come un investimento e non come una voce di spesa, per ridare slancio all’economia e fiducia al Paese. Le malattie sono il vero costo per la società, non i vaccini e i farmaci innovativi. Ogni persona, che è assente dal lavoro o ha una produttività inferiore a causa di una malattia, rappresenta una perdita economica per la società. Per questo motivo, non posso che aderire totalmente al pensiero del Ministro Speranza che, in chiusura del recente G20, ha sottolineato la necessità di “chiudere definitivamente la stagione di risorse scarse o addirittura di tagli e investire risorse rilevanti sul nostro sistema di sanità pubblica”».
Su quali progetti avete lavorato e su quali invece puntate per il futuro del dopo pandemia?
«Abbiamo impegnato molte risorse economiche per mettere a punto due vaccini, ma con scarsi risultati. Sul fronte farmacologico, invece, stiamo ultimando gli studi di fase 3 per l’utilizzo di una terapia orale (molnupiravir) contro l’infezione da Sars Cov 2. Dalle sperimentazioni in corso, abbiamo dimostrato che assumendo ai primi sintomi di Covid due compresse al giorno per cinque giorni, si riduce del 50% il rischio di ospedalizzazione e di morte. Se verrà approvato dalla Food and Drug Administration (FDA), potrebbe essere il primo farmaco mirato contro il Covid-19. Pur auspicando l’approvazione di questo farmaco, tengo a precisare che la vaccinazione rimane il più importante presidio sanitario contro l’infezione. Nessuno avrebbe immaginato, a marzo 2020, che oggi avremmo superato il 67% della popolazione italiana completamente vaccinata grazie al miracolo che la scienza ha realizzato e grazie al lavoro di squadra tra Regioni, Governo, Unione Europea e Industria. Tuttavia, pur crescendo la fiducia nella vaccinazione, l’organizzazione non è stata in grado di garantire le vaccinazioni di routine e si è assistito a un pericoloso calo delle coperture vaccinali per altre malattie, in particolare per l’HPV negli adolescenti e la vaccinazione contro l’Herpes Zoster nell’adulto. Durante la pandemia, la vaccinazione degli adolescenti è stata quella che ha sofferto maggiormente, con circa il 68% di posticipazioni».
Quali sono, a suo avviso, le principali direttive per un rilancio del nostro SSN?
«La parola chiave deve essere la “ripartenza”, alla quale aggiungerei “per tutti”. Nessuno deve essere lasciato indietro, quale che sia la sua età, il suo genere, la sua residenza, il livello di benessere. Il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa) ha destinato più di 20 miliardi di euro per la “missione salute” con l’obiettivo di rafforzare la prevenzione e i servizi sanitari sul territorio, modernizzare e digitalizzare il sistema sanitario e garantire equità di accesso alle cure. L’auspicio è che parte dell’investimento sia destinato all’innovazione farmaceutica. La sanità deve essere… “prossima”, con cittadini e pazienti al centro. Il PNRR, nel definire la riorganizzazione delle strutture territoriali, dovrebbe avviare nel nostro Paese la discussione sull’evoluzione dell’intero sistema di cura territoriale, garantendo un ruolo centrale a cittadini e pazienti. Un sistema sanitario connesso e integrato (Connected & Integrated Healthcare) come vero pilastro della Sanità del futuro. È necessario potenziare il ruolo dei sistemi di telemonitoraggio domiciliare e di tecnoassistenza, che possono rappresentare una straordinaria risposta ai bisogni di pazienti. Un altro fattore fondamentale è la necessità improrogabile della trasformazione digitale nel campo della salute, connettendo tutti gli attori del SSN, digitalizzando il comparto e implementando i servizi di welfare. Le tecnologie basate sull’Intelligenza Artificiale possono migliorare l’efficacia, la sicurezza e l’efficienza dell’erogazione dei servizi sanitari e rappresentano un’opportunità irrinunciabile per affrontare le sfide di sostenibilità sanitaria e un’occasione per attrarre e rilanciare investimenti per far ripartire il Paese. A tale proposito è importante la collaborazione tra pubblico e privato, trasparente e di valore, senza pregiudizi. Occorre incentivare partnership tra portatori di interessi diversi, ma complementari, perché solo la diversità è in grado di generare il vero valore per la Sanità. E perché solo insieme si va davvero lontano».
di Paola Trombetta