Il “cordone ombelicale” che unisce la mamma al suo bambino non è solo fisico: è anche psicologico, emotivo, umorale. La relazione è così simbiotica che, ad esempio, l’umore di lei è in grado di condizionare in positivo e in negativo, il comportamento e l’emotività dei bambini in qualunque momento della vita. Anche, più specificatamente, in età prescolare e in contesti “difficili”, come quello attuale, ormai perdurante della pandemia.
Nei mesi si sono avute conferme di quanto abbia colpito e condizionato la vita familiare e dei piccoli, a partire dalla DAD (Didattica a distanza), alla rinuncia dei momenti di socialità con gli amici, dall’adozione di nuovi comportamenti restrittivi ma protettivi, alla gestione e accoglienza di un nuovo modello di vita da qui a tempi a venire, ancora indefiniti. E i bambini, in questo contesto critico, hanno dovuto anche subire le tensioni di mamma e papà, poco abituati a convivere a lungo in spazi limitati dalla quotidianità domiciliare, senza il libero sfogo delle ore, fuori casa, trascorse al lavoro che in qualche misura rasserena(va)no gli animi. Questo cordone ombelicale, indissolubile, soprattutto fra mamma e figli, questa relazione consequenziale di causa-effetto, in modo particolare a livello di umore, si è resa più evidente e forse ancora più strutturata di recente, come dimostra uno studio condotto da ricercatori dell’Attachment Lab del Medea di Bosisio Parini di Lecco, pubblicato su una rivista di settore importante, European Child & Adolescent Psychiatry. I ricercatori, da anni, stanno monitorando gli effetti dell’umore materno sullo sviluppo del bambino nell’ambito di un progetto chiamato EDI (Effetti della Depressione sull’Infante), condotto in collaborazione con il Research Department of Clinical Educational and Health Psychology dell’University College London, in Inghilterra, e ora hanno reso noti gli “effetti”.
Cosa hanno fatto in buona sostanza? Gli esperti hanno cominciato a reclutare un campione di mamme e bambini, afferenti agli ospedali Valduce di Como, Mandic di Merate e Fatebenefratelli di Erba, sette anni fa e, a partire dalla gravidanza, hanno valutato nel tempo l’impatto dello stress materno sullo sviluppo del bambino in diverse fasi dello sviluppo, attraverso specifici strumenti utilizzati in ambito internazionale, tra questi l’Edinburgh Postnatal Depression Scale e State-Trait Anxiety Inventory per le mamme e il Child Behavior Checklist per i bambini, ovvero apposite scale per misurare i problemi emotivo-comportamentali. Tra i primi aspetti che i ricercatori hanno preso in considerazione c’è la sintomatologia ansioso/depressiva della mamma e le eventuali ripercussioni che poteva produrre sul corretto funzionamento emotivo-comportamentale dei bambini. Aspetto, questo, che è stato analizzato prima dello scoppio della pandemia, a 1 e 3 anni di distanza dal parto e durante il primo lockdown, dopo 4 anni dal parto.
Che cosa è emerso? Senza dubbio un’influenza emotiva e un legame importante mamma-bambino, acuita nel periodo della pandemia. «Abbiamo osservato non solo un incremento dei problemi di ansia-depressione, reattività emotiva e aggressività nei bambini di questa età durante il lockdown rispetto a prima – ha dichiarato Alessandra Frigerio, responsabile dello studio – ma abbiamo anche scoperto e capito il ruolo giocato dalla sintomatologia ansiosa-depressiva materna nel moderare e condizionare questo legame». In particolare è stato osservato che i problemi emotivi e comportamentali dei bambini sono aumentati significativamente durante l’isolamento, suggestionati anche da diversi fattori. Ad esempio è emerso proprio che il disagio psicologico delle madri durante il lockdown è stata una fra le cause che hanno aumentato sensibilmente il malessere dei figli. A riprova ne è il fatto che bambini, figli di mamme meno ansiose o depresse durante il lockdown, hanno vissuto meglio questo periodo: non mostravano cioè problemi o comportamenti sensibilmente differenti fra la prima ondata della pandemia e il periodo precedente.
Qual è il messaggio che se ne ricava? Quello, senza dubbio, della necessità di attuare, laddove necessario, interventi precoci. «Per quanto siano dati preliminari – conclude Massimo Molteni, direttore sanitario dell’Irrcs Medea – spiegano che è fondamentale offrire alle mamme in difficoltà aiuti psicologici adeguati e tempestivi, cosicché possano essere in grado di aiutare i propri figli ad affrontare meglio gli effetti della pandemia e comunque a non gravare su di loro». Un aspetto ritenuto di importanza rilevante, tanto che fanno appello alle istituzioni di intervenire direttamente nei contesti in cui sia necessario un sostegno psicologico, ma non ci siano mezzi, risorse e strumenti per sostenerlo.
Francesca Morelli