La conferma viene dall’OMS: l’emicrania è la terza patologia più frequente e, se si considerano le donne fino ai 50 anni, la più disabilitante in assoluto. In Italia sono quindici milioni le persone che hanno manifestato almeno un episodio di emicrania nella loro vita: di queste, undici milioni sono donne e presentano i quadri clinici più gravi in termini di complessità, disabilità e comorbilità rispetto agli uomini. Secondo l’indagine del Censis “Vivere con l’emicrania” si può parlare a pieno titolo di patologia “di genere”. La malattia appare infatti più debilitante per le donne, che definiscono “scadente” il proprio stato di salute nel 34% dei casi contro il 15 % degli uomini, mentre il tempo medio per arrivare a una diagnosi è doppio per le donne, quasi 8 anni, rispetto agli uomini, circa 4 anni. Inoltre, sono le donne ad avere gli attacchi più lunghi: il 39% ha attacchi che superano le 48 ore, contro il 12 % degli uomini e sono sempre le donne a lamentare maggiormente anche la riduzione delle attività sociali (43% contro 21 %) con difficoltà che si manifestano sul lavoro (40% verso 27%), nello svolgimento delle attività domestiche e familiari (36% verso 18%) e nella gestione dei figli (19% verso 8 %). In generale, il 70 % dei pazienti dichiara di non riuscire a fare nulla durante l’attacco e il 58 % vive nell’angoscia dell’arrivo di una nuova crisi.
Per richiamare l’attenzione sul tema dell’emicrania e portare avanti un impegno che coinvolga non solo la società civile e la classe medica, ma anche le Istituzioni, Fondazione Onda ha realizzato il documento “Emicrania: una patologia di genere” che contiene il Manifesto in dieci punti “Uniti contro l’emicrania”, realizzato con il patrocinio di AIC (Associazione Italiana per la Lotta contro le Cefalee), AINAT (Associazione Italiana Neurologi Ambulatoriali Territoriali), AL.CE (Alleanza Cefalalgici Group CIRNA Foundation ONLUS), ANIRCEF (Associazione Neurologica Italiana per la Ricerca sulle Cefalee), FISC (Fondazione Italiana per lo Studio delle Cefalee Onlus), SNO (Società dei Neurologi Neurochirurghi Neuroradiologi Ospedalieri italiani) e con il contributo incondizionato di Allergan an Abbvie Company, Lundbeck e Teva.
«Sebbene sia una delle patologie neurologiche di cui si possiedono maggiori conoscenze scientifiche e per le quali sono disponibili farmaci innovativi e specifici, l’emicrania rimane ancora misconosciuta, sotto-diagnosticata e non adeguatamente trattata», commenta Francesca Merzagora, Presidente di Fondazione Onda. «Il Manifesto mette in evidenza le dieci azioni necessarie per promuovere una maggiore consapevolezza sulla malattia, un tempestivo e più facile accesso a percorsi specialistici personalizzati di diagnosi, cura e alle strategie terapeutiche più efficaci e innovative, per offrire una migliore qualità della vita a tutte le persone che ne soffrono. L’approvazione in Senato, nel luglio 2020, del testo unificato del disegno di legge per il riconoscimento della cefalea cronica come malattia “sociale” è stato un primo, importante passo in questa direzione». Tra i punti principali del Manifesto: la necessità di promuovere campagne di sensibilizzazione, potenziare i collegamenti tra i professionisti del territorio e i centri cefalee, garantire un accesso tempestivo ai percorsi diagnostico-terapeutici, riducendo i tempi della diagnosi, potenziare la formazione dei medici della medicina generale e specialistica, promuovere l’innovazione terapeutica e facilitarne l’accesso, ridurre l’impatto economico della malattia attraverso la presa in carico precoce del paziente.
«Gli ormoni femminili hanno un ruolo cruciale nella determinazione delle differenze di genere che si osservano nell’emicrania», sostiene Piero Barbanti, Presidente ANIRCEF, Associazione Neurologica Italiana per la Ricerca sulle Cefalee e Presidente AIC Onlus, Associazione Italiana per la Lotta contro le Cefalee. «Esiste una correlazione tra le cicliche variazioni ormonali, in particolare degli estrogeni, e la ricorrenza degli attacchi emicranici. L’emicrania compare nella donna solitamente dopo il menarca, presentando una caratteristica periodicità che correla con le fluttuazioni ormonali: le fasi di maggiore severità si osservano infatti nel periodo mestruale e ovulatorio. Ma la prevalenza dell’emicrania nella donna non è solo questione di ormoni. La maggiore velocità del cervello femminile lo espone infatti a un maggiore rischio di attacchi. È essenziale una diagnosi tempestiva per instaurare le cure corrette, ridurre la cronicizzazione e un eccessivo uso di farmaci, ed evitare inutili peregrinazioni. Questo purtroppo ancora oggi non avviene. Il progetto IRON, condotto su 866 pazienti affetti da emicrania cronica visitati presso 24 centri cefalee italiani, ha documentato che l’intervallo tra l’esordio dell’emicrania e il primo accesso a un centro cefalee, è di circa 20 anni e che l’80 per cento degli esami diagnostici eseguiti nel frattempo è perfettamente inutile. Lo studio IRON ha anche dimostrato che il paziente con emicrania cronica consulta in media da 8 a 18 diversi specialisti nel corso della propria vita. Occorre dunque elevare il livello di preparazione dei medici su questo tema cominciando dalla formazione universitaria, molto carente a riguardo. Ma occorre anche allargare il numero dei centri cefalee universitari, ospedalieri e territoriali, definendo allo stesso tempo percorsi specifici affinché ciascun paziente incontri il medico giusto per la propria emicrania, sulla base della sua complessità».
Questa malattia inoltre ha altissimi costi umani, sociali, ma anche economici: si stima che, in Europa, soffrire di emicrania costi dai 18 ai 27 miliardi di euro, mentre in Italia, stando ai dati raccolti dallo studio My Migraine Voice, è stato calcolato che il costo annuale legato alla perdita di produttività in persone con 4 o più giorni di emicrania al mese ammonti a 7,6 miliardi di euro. Questa malattia porta spesso chi ne soffre a una perdita di produttività: secondo lo studio Gema (Gender&Migraine), su un campione di 607 pazienti adulti con almeno quattro giorni di emicrania al mese e realizzato dal Centro di ricerche sulla gestione dell’assistenza sanitaria e sociale (Cergas) e dall’Università Bocconi, il costo annuale stimato per paziente con emicrania è pari a 4.352 euro di cui il 25% per prestazioni sanitarie, il 36 % per perdite di produttività, il 34 % per assistenza informale e il 5 % per assistenza formale. Si è inoltre evidenziato che, nel genere femminile, è più frequente il fenomeno del “presentismo”: le donne vanno a lavorare seppure in condizioni di malessere per 51,6 giorni all’anno contro i 35,6 degli uomini. Nonostante ciò, sono sempre le donne a perdere più giorni di lavoro e di vita sociale all’anno rispetto agli uomini.
di Paola Trombetta