Emicrania: al via la campagna “La mia vita: una sala d’attesa”

“Se non pensi al mal di testa, vedrai che ti passerà”. “Voi donne siete esagerate: il mal di testa ce l’hanno tutti, chi più, chi meno”. Sono ancora molti i pregiudizi e la leggerezza con cui spesso si considera una malattia, come l’emicrania, che è invece invalidante per chi ne soffre. “Mi scoppia la testa, ma è anche la mia anima ad andare in pezzi”. “Il dolore e la paura che ritorni il mal di testa ti condizionano la vita. E allora sono persino arrivato a tentare il suicidio con gli stessi farmaci che utilizzavo per curare l’emicrania: volevo morire e non soffrire più”.

Sono due approcci alla stessa malattia: l’emicrania. Da un lato, viene sottovalutata da parte della gente comune; dall’altro, viene invece vissuta in modo drammatico da chi ne soffre. «Come può una persona vivere con un dolore cronico che le impedisce di pensare e godersi la vita?», si interroga Lara Merighi, Coordinatrice Alleanza Cefalalgici (Al.Ce.) – Cirna, lei stessa cefalalgica da molti anni. «Fin dalla scuola primaria, siamo percepiti come bambini difficili che non vogliono lavorare, e il nostro disagio aumenta con l’età, poiché queste difficoltà si insinuano in tutti gli ambiti della vita: famiglia, lavoro e relazioni. Pochissimi capiscono davvero quanto dobbiamo essere forti e determinati: nessuno impara a trasformare frammenti di tempo in giornate intere come facciamo noi. Ci vuole una forza notevole per organizzarsi e pianificare il futuro quando si vive con la paura di questo dolore, che può manifestarsi in qualsiasi momento e mettere in pausa la tua vita. Il mal di testa cronico ti rovina la vita, perché ti deruba delle cose buone che la vita ti può offrire e schiaccia la tua anima. E in più viene spesso sottovalutato, con diagnosi e terapie tardive».

Ci vogliono in media otto anni per avere una diagnosi e ricevere cure adeguate, con gravi ripercussioni sulla qualità di vita di chi soffre. Per abbreviare i tempi della diagnosi EMHA (European Migraine and Headache Alliance), con il supporto di Motore Sanità, promuove il “Progetto Emicrania Accesso alle Cure 2022” in difesa delle persone affette da questa patologia e lancia l’hashtag #GetImpatientForMigraine .

Sulla base dei risultati dell’indagine “Accesso alle Cure 2021”, la Campagna My Life: the Waiting Room”, “La mia vita: una sala d’attesa”, riporta le esperienze di vita quotidiana delle persone colpite da emicrania. Il report “Accesso alle Cure” mostra che le persone con emicrania trascorrono in media 8 anni della loro vita in attesa di una diagnosi e di trattamenti efficaci. La campagna, supportata da multi-stakeholder del settore pubblico e privato, invita le istituzioni e i politici a impegnarsi in prima persona nei confronti di questa malattia per ridurre i tempi di diagnosi e rendere più disponibili cure efficaci.

E in Italia? Le cose non vanno affatto meglio, considerato che il 46% dei nostri connazionali con emicrania aspettano più di 5 anni per ricevere un trattamento efficace. Ritardi che provocano un peggioramento della qualità di vita di queste persone, con ripercussioni sulla vita sociale, lavorativa e familiare. In questo senso, letteralmente, “la loro vita diventa una sala d’attesa”. #GetImpatientForMigraine – diventate impazienti nei confronti dell’emicrania – insomma, per dirla come l’hashtag lanciato da EMHA per questa campagna.

«L’Italia è uno dei pochi paesi con una normativa dedicata, ma sono comunque auspicabili miglioramenti», puntualizza Elena Ruiz de La Torre, direttore esecutivo dell’EMHA. «Invitiamo oggi i responsabili politici e gli operatori sanitari a impegnarsi per standard di cura più elevati. Le persone con emicrania meritano di più».

«Nel 2020 il Parlamento italiano ha approvato la Legge Lazzarini o Legge 81 che ha ottenuto il riconoscimento dell’emicrania come “malattia sociale”», puntualizza l’onorevole Rossana Boldi, vice-presidente della Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati. «È un primo passo, anche se avremmo preferito un riconoscimento più incisivo come “malattia cronica invalidante”. Siamo comunque riusciti a ottenere la rimborsabilità dei farmaci: rimane però il problema che non in tutte le Regioni questo diritto viene riconosciuto. Su 200 centri che dovrebbero prendersi in carico i pazienti, in realtà sono operativi solo una settantina, costringendo molti a dover cambiare regione per avere accesso alle cure. Speriamo che le istituzioni si mobilitino per prendere in carico in tempi brevi tutte le persone che soffrono di emicrania, che rappresentano circa il 12% della popolazione adulta, con netta prevalenza tra le donne, in percentuale tre volte superiore rispetto agli uomini».

«Nonostante i notevoli progressi della ricerca medica, i mal di testa primari sono ancora ampiamente trascurati dagli operatori sanitari, sottodiagnosticati e sottotrattati dai professionisti», fa notare Cristina Tassorelli, Presidente di International Headache Society (Società Internazionale delle Cefalee) e presidente del Comitato scientifico CIRNA del Dipartimento di Neurologia del Policlinico San Matteo di Pavia. «In questo contesto, il ruolo dei pazienti è cruciale e deve essere valorizzato ed enfatizzato. Purtroppo sono diffusi ancora molti pregiudizi, per cui questa patologia viene sottovalutata e ridotta a un semplice “mal di testa” e non a una “patologia neurologica” degna di attenzione. Molti casi di “emicrania cronica”, che possono durare anche 15 giorni al mese, sono alquanto invalidanti, spesso associati a nausea, vomito, fastidio per la luce: incidono pesantemente sulla qualità di vita, compromettendo anche l’attività lavorativa del soggetto. Oltre ai costi indiretti delle giornate lavorative perse, non mancano ovviamente i costi diretti per visite mediche, esami, terapie. Per questi motivi, da diversi anni siamo attivi nel patrocinio dei malati di cefalea attraverso l’Al.Ce. Gruppo in Italia. A livello europeo nel 2005, con un piccolo gruppo di sostenitori, abbiamo fondato la European Headache Alliance, che in seguito è diventata la European Migraine and Headache Alliance (EMHA). In questo contesto, la collaborazione tra le società scientifiche e le organizzazioni è della massima importanza per migliorare la vita di coloro che sono gravemente colpiti da cefalea primaria. Per questo l’International Headache Society ha sostenuto le iniziative della Global Patient Advocacy Coalition e ha avallato quelle promosse dall’EMHA».

«Il ruolo delle organizzazioni di pazienti, come Alleanza Cefalalgici (Al.Ce.)-CIRNA in Italia, che fa parte della European Migraine and Headache Alliance (EMHA), si sta rivelando sempre più importante ed è stato determinante per l’approvazione della Legge 81 del 2020, che è stata la prima, anche a livello internazionale, a riconoscere la cefalea cronica come malattia sociale», sottolinea il Professor Giorgio Sandrini, presidente di Fondazione Cirna. «Sotto l’egida di Al.Ce e EMHA, un documento di consenso creato da un gruppo di esperti dovrebbe essere rilasciato a breve. Un documento che dovrebbe facilitare la definizione, attraverso decreti attuativi, dei criteri per l’applicazione di questa importante legge che dovrebbe riconoscere il diritto di tutti i cefalalgici ad essere curati nel miglior modo su tutto il territorio nazionale».

Quanto ai progressi della ricerca in questo campo, sono stati fatti passi enormi. «Possiamo davvero parlare di una vera e propria “traversata nel deserto”», puntualizza il Professor Pietro Barbanti, primario di Neurologia all’Istituto San Raffaele di Roma e professore di Neurologia all’Università La Sapienza. «Dalle prime terapie con antiipertensivi, betabloccanti, calcio-antagonisti, valproato, topiramato, siamo approdati oggi a farmaci molto mirati come gli anticorpi monoclonali che potrebbero davvero essere considerati la “terra promessa” per risolvere l’emicrania. Oggi però l’indicazione a queste terapie avviene nelle forme più gravi e dopo almeno tre fallimenti con altri farmaci. Speriamo che presto l’indicazione venga estesa anche come trattamento di prima linea, considerando la migliore tollerabilità e aderenza terapeutica del paziente».

di Paola Trombetta

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