“Sono seduto su una panchina, con le cuffie e il cappuccio della felpa in testa”. Niente di strano, tipico degli adolescenti di oggi. “Ascolto sempre la mia playlist”: è il passatempo di molti ragazzi. Ma ecco la sorpresa: “quando faccio entrare l’ago nel mio braccio”… Sì, perché Nico, protagonista di questa storia ha sedici anni, abitudini e comportamenti simili ai suoi coetanei, ma nella sua vita c’è una particolarità. “La chiamano infusione, ma questa non serve a preparare un tè o una tisana. È così che assumo il farmaco, direttamente in vena, è così che riesco ad avere una vita normale. Perché lui – il mio sangue – nasconde un segreto: l’emofilia.Penso al mio sangue, penso al dottore, penso alla faccia di papà, penso a mia madre che non c’è più, penso alla canzone dei Maneskin; poi socchiudo gli occhi e non penso più a niente. Va meglio”.
Come ogni ragazzo, oltre alla passione per la musica indi e trap, anche Nico ha un sogno: giocare a calcio, che teme di dover abbandonare. Ma a questa eventualità si ribella e lotta con tutte le sue forze. Fino a quando decide di liberarsi dai suoi silenzi e della sue paure, parlando della sua malattia e del suo sogno, anche a Caterina, l’amica del cuore. E lui adolescente fragile e forte insieme, si racconta in un libro – “Nico #è così. Una storia sul coraggio di essere se stessi, sempre” – che combatte l’emarginazione, lotta per l’inclusione sociale e scolastica, abbattendo i muri e facendo della diversità un’ unicità, un punto di forza, anche quando si tratta di malattia rara. La storia di Nico è comune a tanti ragazzi della “Generazione Z”: scritta da Fabio Leocata, in un linguaggio semplice e immediato, con il gergo dei giovani, arriva diretto a ciascuno di loro affinché si possano identificare con il protagonista: con le sue paure, speranze, lotte, attese e conquiste, a chiunque voglia conoscere e ascoltare. «Esistono due forme di emofilia – spiega Cristina Santoro, Dirigente Medico Ematologo presso il Servizio di Ematologia, Emostasi e Trombosi dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico Umberto I, in occasione della Giornata Mondiale (17 aprile):l’emofilia A che è il tipo più diffuso con 1 caso ogni 10.000 e l’emofilia B, un caso ogni 30.000. È una malattia rara di origine genetica che causa un difetto della coagulazione del sangue e si manifesta nei maschi, mentre le donne possono essere portatrici sane. Questo perché si eredita, in modalità recessiva, attraverso il cromosoma X (X linked) ed è caratterizzata dalla carenza del Fattore VIII (emofilia A) o del Fattore IX (emofilia B) della coagulazione. Oggi l’approccio all’emofilia è cambiato e da diversi anni il gold standard è rappresentato dalla profilassi, ovvero una terapia fatta prima che si verifichi il sanguinamento caratteristico della malattia». Le manifestazioni sono simili in entrambi i casi e, più che dal tipo, dipendono dalla gravità della malattia che viene determinata in base alla gravità della carenza del fattore coagulante.
«Quando ero adolescente – ricorda Marco Bianconi, Consigliere FedEmo e Referente Comitato Giovani– non potevo nascondere la patologia; entravo e uscivo dagli ospedali. E’ stato difficile accettare la malattia, ho dovuto rinunciare anche allo sci di fondo». Oggi, grazie alla ricerca scientifica, le persone con emofilia hanno la possibilità di poter vivere la loro vita in modo “normale” come tutti, senza restrizioni, a scuola come nello sport, purché ne parlino con il medico referente, con il quale si deve creare fiducia, confidenza, empatia e ne vengano seguiti i consigli. Da qui l’importanza di instaurare un dialogo aperto, predisponendosi all’ascolto e alla reciproca condivisione.
«L’adolescenza – proseguono Bianconi e Andrea Buzzi, presidente Fondazione Paracelso– è una fase della vita complessa; emozioni positive e negative si alternano e costituiscono il percorso che porta alla costruzione della propria identità futura. I giovani affetti da emofilia vivono questo momento di passaggio con il peso che una malattia rara e cronica comporta: un costante monitoraggio clinico e frequenti trattamenti. Allo stesso tempo, sentono la necessità di vivere questo momento magico come tutti i ragazzi e questo può portarli a mettere in secondo piano la loro condizione. Fanno fatica a parlarne apertamente perché si convincono che nessuno possa capirli davvero: la paura della non accettazione è sempre dietro l’angolo». Ecco perché la campagna di sensibilizzazione all’emofilia, “Nico #è così”, oltre al romanzo realizzato dall’ Osservatorio Malattie Rare (OMAR) in collaborazione con Libri Progetti Educativi, ha scelto la voce della “community”, i canali social e giovani e una grande platea: dura 2 mesi e va “in scena” su Instagram, Tik Tok e Twitch. I destinatari sono in primo luogo i giovani della Generazione Z, inviati a condividere un “segreto”, ma i cui messaggi mirano a raggiungere anche istituzioni, comunità di pazienti, media e clinici. La campagna vede la partecipazione anche di giovani influencer che condivideranno piccoli e grandi segreti che ciascuno custodisce, aspetti che spesso nell’età adolescenziale sembrano difetti o problemi insormontabili e che poi si rivelano essere comuni a tanti. La campagna entrerà in 10 mila scuola italiane, coinvolgerà mille insegnati e distribuirà 500 copie del romanzo anche nei Centri emofilia. Mentre il romanzo è scaricabile a questo link e fino a tutto il mese di Maggio sarà possibile ascoltare la playlist di Nico su Spotify. L’iniziativa è promossa da FedEmo – Federazione delle Associazioni Emofiliaci e Fondazione Paracelso e realizzata con il contributo non condizionante di Takeda. Per maggiori informazioni, Omar: https://www.osservatoriomalattierare.it/malattie-rare
di Francesca Morelli