Fabio, giovane e dinamico, un giorno si sveglia, va in bagno e vede sangue nelle urine. Lo nota, ma sembra non dargli troppa importanza. Poi esce di casa per un appuntamento, ma un semaforo rosso lo blocca e gli fa tornare in mente quel “segnale” che l’aveva spaventato e disorientato… All’improvviso capisce che non c’è tempo da perdere e decide di cambiare strada. Una macchia rossa può cambiare la vita di una persona. Migliaia di uomini e donne ogni anno in Italia “vedono rosso”: il sangue nelle urine può essere la spia di un tumore della vescica. Un segnale importante, spesso sottovalutato per scarsa conoscenza o paura. Una diagnosi precoce consente di intervenire tempestivamente, quando il tumore non è ancora aggressivo e di controllare la malattia. È il messaggio raccontato dal video-spot della campagna di sensibilizzazione e informazione “Fermati al rosso – Tumore della vescica: un segnale può salvarti la vita”, promossa dall’associazione PaLiNUro, Pazienti Liberi dalle Neoplasie UROteliali, con il contributo di Astellas e il patrocinio di: AIRO (Associazione Italiana Radioterapia e Oncologia clinica), AURO (Associazione Urologi Italiani), CIPOMO (Collegio Italiano dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri), FIMMG (Federazione Italiana Medici di Medicina Generale), Fondazione AIOM (Associazione Italiana Oncologi Medici), SIU (Società Italiana di Urologia), SIUrO (Società Italiana di Urologia Oncologica). ll video-spot “Fermati al rosso”, diretto dal regista Fabrizio Mari e interpretato dall’eclettico attore di cinema e teatro Mauro Negri, è disponibile sulla landing page di campagna https://associazionepalinuro.com/fermati-al-rosso; i canali social dell’Associazione PaLiNUro veicoleranno il video-spot e i messaggi della campagna su prevenzione e diagnosi precoce, con post informativi su sintomi e campanelli d’allarme da non sottovalutare, promuovendo la call-action di parlare con il proprio medico in presenza di segnali sospetti. L’iniziativa ha l’obiettivo di aumentare la consapevolezza della popolazione, dei pazienti e dei medici sul tumore della vescica, sull’importanza di non sottovalutare i sintomi e di rivolgersi al medico di famiglia o all’urologo in presenza di campanelli d’allarme.
«PaLiNUro è nata 8 anni fa e in tutto questo tempo abbiamo collaborato con l’ECPC (European Cancer Patient Coalition), con molte società scientifiche e azienda farmaceutiche per sensibilizzare la popolazione», dichiara Edoardo Fiorini, Presidente APS Associazione PaLiNUro. «Questa volta siamo noi pazienti a metterci in gioco, a parlare e raccontare quello che ci è successo per mettere in guardia le persone sulla comparsa di quel segnale rosso. Vogliamo rendere le persone consapevoli e sollecitare in loro la reazione: se vedi il rosso, vai dal medico!».
Il tumore della vescica, chiamato più propriamente carcinoma uroteliale, è il quinto tumore più diffuso in Italia, il quarto nella popolazione maschile. Colpisce dopo i 50 anni di età, più tra gli uomini, ma è in aumento anche nelle donne; sono oltre 25 mila i nuovi casi l’anno e più di 313 mila italiani attualmente convivono con una diagnosi di carcinoma uroteliale. È un tumore subdolo, poco noto, in cui la sintomatologia, caratterizzata da sangue nelle urine (ematuria), stimolo frequente e urgenza di urinare, bruciore, dolore pelvico e dolore alla schiena, è sovente sottovalutata dai pazienti e dagli stessi medici. Scoprirlo tempestivamente è fondamentale. Il 60% dei pazienti alla diagnosi presenta una malattia allo stadio iniziale, ma il 90% dei casi ha una ricaduta di malattia nonostante le cure. «Il carcinoma uroteliale, chiamato più comunemente tumore della vescica, è una neoplasia maligna che ha origine dall’urotelio, la tonaca mucosa che tappezza la vescica e le alte vie urinarie che convogliano l’urina dal rene nella vescica, che è l’organo più colpito da questo tumore», spiega Giario Conti, Segretario Nazionale SIUrO. «La sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è dell’ 80% negli uomini, 78% nelle donne, dovuto al fatto che due terzi delle forme sono tumori non infiltranti, cioè non hanno invaso la tonaca muscolare e hanno quindi un decorso più favorevole e una possibilità di guarigione più alta. I pazienti hanno un’età compresa tra 50 e 70 anni e sono spesso fumatori, dal momento che il fumo di sigaretta è il principale fattore di rischio anche per il tumore della vescica. Il sintomo caratteristico è la presenza di sangue nelle urine (ematuria)».
Il carcinoma uroteliale comprende due forme: “superficiale” o non muscolo-invasivo e “infiltrante” o muscolo-invasivo. La differenza sta nel non invadere la tonaca muscolare o nell’invaderla. Due carcinomi “superficiali” su tre sono diagnosticati in uno stadio precoce, quando il cancro è limitato alla mucosa e non ha ancora invaso la parete muscolare. Un terzo è costituito da carcinomi della vescica “infiltranti” che hanno invaso gli strati muscolari e negli stadi avanzati possono dare metastasi ai linfonodi regionali e agli organi vicini.
Un numero crescente di pazienti affronta un complesso e lungo percorso diagnostico e terapeutico, segnato spesso da recidive. Al senso di solitudine dei pazienti e alla carenza di riferimenti precisi lungo il percorso di diagnosi e cura, si associa anche la limitatezza delle opzioni terapeutiche a disposizione dei pazienti con tumore della vescica in stadio avanzato. Tuttavia, in questi ultimi anni le cose stanno cambiando, con l’innovazione terapeutica e chirurgica e un’attenzione maggiore alla qualità di vita dei pazienti nel post-operatorio.
«Un paziente con carcinoma uroteliale muscolo-invasivo o metastatico (circa il 20% dei casi totali) riceve la chemioterapia, ma per chi non è candidabile a questo trattamento vi sono diverse opzioni all’interno di protocolli clinici, tra cui l’immunoterapia, che riattiva la competenza del sistema immunitario a riconoscere le cellule maligne e ucciderle», conferma Patrizia Giannatempo, Dirigente Oncologia Medica, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. «Al momento sono disponibili, solo all’interno di protocolli clinici, anche i cosiddetti inibitori dell’FGFR3, farmaci che si legano ad alcuni recettori presenti sulle cellule maligne e le uccidono in modo selettivo. Infine, abbiamo una terza categoria di nuovi farmaci, che stanno rivoluzionando le possibilità terapeutiche dei pazienti con carcinoma avanzato: gli anticorpi monoclonali coniugati con un farmaco antitumorale che si lega alla nectina, uno specifico recettore presente sulla superficie delle cellule tumorali. Il paziente con malattia non muscolo-invasiva può invece essere sottoposto a un trattamento locale come il TURB (Transurethral Resection of the Bladder – Resezione vescicale transuretrale), con istillazioni di farmaci chemioterapici in vescica (Bacillo di Calmette Guerin). Non ultimo vi sono i trattamenti chirurgici locali combinati con radioterapia».
L’impatto psicologico, relazionale e fisico del carcinoma uroteliale è molto importante, con difficoltà diverse secondo lo stadio di malattia. La perdita di sangue con le urine è già di per sé un evento traumatico. Ma all’intervento chirurgico di cistectomia, che rimane il trattamento d’elezione, può seguire incontinenza urinaria, impotenza sessuale che pone gravi problemi di coppia e, infine, non meno importante, la componente estetica con un cambiamento dell’immagine corporea.
di Paola Trombetta