Otto donne su dieci con tumore al seno seguono terapie antiestrogeniche (tamoxifene e inibitori dell’aromatasi) e vanno incontro a fragilità ossea e aumentato rischio di fratture. Lo conferma l’indagine condotta da Europa Donna Italia su 307 pazienti con tumore al seno dai 18 anni agli oltre 60. Il 97% di loro è a conoscenza degli effetti collaterali a carico dell’apparato scheletrico delle terapie ormonali adiuvanti; il 54% ha ricevuto dall’oncologo informazioni sulla fragilità ossea collegata a queste terapie, nel 14% dei casi le campagne informative sono fonte di informazione per venire a conoscenza della problematica, mentre il 10% ha cercato informazioni indipendentemente, il 7% le ha ricevute dall’endocrinologo, il 4% dal medico di base e il 6% tramite associazioni pazienti. A una paziente su due non è stata prescritta alcuna terapia per proteggere le ossa e solo la metà segue una dieta mirata.
«I dati dicono che una donna su quattro, con tumore al seno, subisce le conseguenze della fragilità ossea indotta dalle terapie ormonali con inibitori dell’aromatasi, l’enzima che favorisce la produzione di estrogeni», afferma Rosanna D’Antona, presidente di Europa Donna Italia. «Sono numeri importanti, confermati dalla nostra esperienza quotidiana a contatto con le pazienti, ai quali si contrappone una carenza nell’informazione e dell’intervento terapeutico. Dalle nostre rilevazioni emerge un quadro con tante zone d’ombra, che ribadisce la necessità di stimolare un più approfondito confronto con il medico sulla necessità di ricorrere a farmaci anti riassorbitivi; bisogna far conoscere alle pazienti tutte le altre strategie utili a supportare le terapie, nella prevenzione del rischio di fratture, come praticare una regolare attività fisica e seguire una corretta dieta, tema al quale la Campagna Ora pOSSO dedica quest’anno un approfondito focus».
Fondata sull’ascolto delle pazienti e giunta alla sua quarta edizione, “Ora pOSSO le donne con tumore al seno contro la fragilità ossea”, accompagna le donne con tumore al seno, in un percorso di conoscenza della fragilità ossea e dell’aumento del rischio di fratture, come conseguenza delle terapie ormonali adiuvanti. Si amplia la rete dei sostenitori: ai partner Amgen, Europa Donna Italia e F.I.R.M.O., si aggiungono ROPI (Rete Oncologica Pazienti Italia), Susan G. Komen Italia, W4O (Women for Oncology) e Acqua Uliveto.
Questa edizione richiama l’attenzione sull’alimentazione, che per le donne con tumore al seno assume grande importanza. In particolare per le pazienti in terapia ormonale adiuvante è necessaria una dieta equilibrata che permetta la giusta integrazione di calcio e vitamina D.
La pagina Facebook @EuropaDonnaItalia ospiterà un calendario mensile di dirette per approfondire con gli specialisti tematiche legate alla fragilità ossea e ai corretti stili di vita. Sul sito dedicato ossafragili.it/oraposso è possibile trovare tutti gli strumenti utili alle pazienti, come i programmi specifici di attività fisica per aiutarle a “sapersi muovere” e mantenere le ossa in salute e a “saper chiedere” un dialogo efficace con lo specialista: a settembre sarà disponibile un booklet con alcune informazioni pratiche per una dieta bilanciata.
Dall’indagine di Europa Donna Italia emerge che l’87% delle donne con tumore al seno è consapevole del fatto che l’alimentazione può essere un prezioso alleato per la salute delle ossa e il 97% è a conoscenza dell’importanza di calcio e vitamina D per il benessere dell’apparato scheletrico. Ma il passaggio dalla teoria alla pratica vede abbassarsi le percentuali: poco più della metà (58%) delle pazienti ha cambiato abitudini alimentari dopo la diagnosi di tumore al seno e sono appena il 66% quelle che assumono integratori di calcio e vitamina D.
Solo il 33% delle pazienti ha ricevuto un’indicazione dal proprio medico, mentre il 36% di quante seguono una dieta si è affidato esclusivamente al web per sapere quali cibi preferire. Il 77% delle intervistate indica l’alimentazione tra i temi che vorrebbe fossero affrontati dalla campagna Ora pOSSO, con l’attività fisica, i dolori legati alle cure ormonali e la prevenzione dei problemi alle ossa.
«I pilastri che si affiancano alle terapie antiriassorbitive per contrastare la fragilità ossea, indotta nelle donne con tumore al seno in terapia ormonale adiuvante, sono una dieta bilanciata, che assicuri calcio e vitamina D, fondamentali per la salute delle ossa e l’uso di integratori per garantire l’apporto di queste sostanze, in aggiunta e una moderata ma regolare attività fisica, che aiuta a stimolare i tessuti muscolo scheletrici e contribuisce a ridurre il rischio di cadute e fratture», avverte Lucilla Titta, nutrizionista, coordinatrice del progetto SmartFood, programma di ricerca in Scienze della nutrizione promosso dall’Istituto Europeo di Oncologia. «A partire dai 25 anni l’alimentazione è sempre importante per la salute delle ossa delle donne. E lo diventa ancora di più per le pazienti con tumore al seno in terapia ormonale adiuvante che hanno un aumentato fabbisogno di calcio da 800 mg a 1.200 mg al giorno: combinare agli integratori un’alimentazione mirata diventa una necessità assoluta». Oltre ai latticini sono tanti gli alimenti vegetali ricchi di calcio che possono contribuire a una dieta bilanciata: per esempio cavolo nero, semi di sesamo, fagioli di soia, mandorle e fichi secchi. Per fare scorta di vitamina D, bisogna dare spazio nel menu a pesce (in particolare spigola, sgombro, triglie, alici) e uova. Curiosità: anche i funghi giapponesi Shiitake sono un’ottima fonte di vitamina D. Da evitare è invece l’alcol e va ridotto il sale: un consumo eccessivo, contribuisce anche alla decalcificazione delle ossa. Il tumore al seno è il più frequentemente diagnosticato nelle donne in Italia. Ogni anno si ammalano circa 55 mila donne: il 41% nella fascia d’età fino ai 49 anni, il 35% dai 50 ai 69, il 22% oltre i 70 anni.
«Il trend è in costante crescita, ma grazie alla diagnosi precoce combinata con cure sempre più efficaci, è aumentata l’aspettativa di vita», afferma Paolo Veronesi, direttore del Programma Senologia e Divisione di Senologia Chirurgica IEO Istituto Europeo di Oncologia e Ordinario Chirurgia Generale, Università degli Studi di Milano. «Circa 8 pazienti operate al seno su dieci ricevono terapie ormonali adiuvanti, che permettono una sopravvivenza a cinque anni superiore al 91%. Ma l’effetto di queste terapie sull’azione degli estrogeni, comporta effetti collaterali importanti, specie nelle donne più giovani: si ha un aumento del rischio di malattie cardiovascolari, il cambiamento dell’attività metabolica, con la possibilità di andare incontro ad aumento di peso, diabete e altre patologie spesso correlate con la menopausa e una situazione di fragilità ossea con un aumento del rischio di fratture».
A livello scheletrico la riduzione repentina dei livelli di estrogeni indotta dalle terapie ormonali adiuvanti espone le pazienti a un’alterazione della qualità ossea e a un maggiore riassorbimento osseo, con aumento del rischio di fratture da fragilità anche per traumi minori, spesso anche con valori di densità minerale ossea normali. Per questo è importante intervenire in maniera tempestiva con terapie in grado di ridurre fino al 50% il rischio di fratture da fragilità.
«L’improvvisa riduzione degli estrogeni causata dalle terapie ormonali adiuvanti ha forti ripercussioni sulla salute in generale e su quella delle ossa in particolare, perché questi ormoni hanno un ruolo fondamentale nel processo di rimodellamento osseo», spiega Maria Luisa Brandi, Presidente dell’Osservatorio Fratture da Fragilità (OFF) «Queste terapie, infatti, causano fragilità ossea e fanno impennare il rischio di fratture anche in seguito a minimi traumi. L’avambraccio è statisticamente quello che ne fa maggiormente le spese, ma anche le vertebre e tutte le ossa diventano più fragili. Queste pazienti vanno sottoposte a un’analisi attenta del metabolismo osseo, per verificare i parametri di rimodellamento osseo. Quando una donna deve seguire una terapia ormonale adiuvante cronica per almeno 5 anni e in alcuni casi può arrivare a 10, è indispensabile che venga anche impostata una terapia antiriassorbitiva in grado di prevenire le fratture nel momento stesso dell’inizio della terapia ormonale antiestrogenica. La fragilità ossea è un problema che deve essere preso in carico dalle Breast Unit, fin dalla diagnosi di tumore. A volte accade che la donna, dopo diversi anni dalla diagnosi, sia costretta a seguire un percorso molto costoso di esami diagnostici specialistici, perché si pensa alla presenza di metastasi ossee, quando si tratta invece di fragilità ossea, causata da osteopenia che potrebbe facilmente essere evitata con l’utilizzo precoce di un’adeguata terapia antiriassorbitiva, come denosumab, un farmaco biologico da somministrare per via sottocutanea ogni sei mesi, che si è rivelato molto efficace (riduce il rischio di frattura dal 50 al 70%) e dovrebbe essere assunto da tutte le donne in terapia antiestrogenica, dopo un tumore».
di Paola Trombetta