«Senso di precarietà, di paura, di ansia: sono tante le persone, 35-50% in più rispetto agli anni precedenti, che si sono rivolte alla nostra associazione Itaca, in questi ultimi due anni di pandemia. Ci è pervenuta la disperazione, il senso di solitudine, ma soprattutto la non convinzione di essere di fronte a una malattia neurologica vera e propria, ma a una semplice forma di malinconia o a uno stato d’animo pessimista. “Tirati su, datti una mossa, vedrai che ti passa, cerca di reagire”: questi incoraggiamenti non sono sufficienti per affrontare una malattia come la depressione, soprattutto quella maggiore, che richiede invece l’utilizzo di farmaci mirati». Lo puntualizza Felicia Giagnotti, Presidente di Fondazione Progetto Itaca. «La depressione è una patologia che porta con sé importanti ripercussioni sulla socialità della persona che ne soffre e di tutta la sua famiglia. Ecco perché oggi più che mai è fondamentale accendere i riflettori su questa malattia, spesso stigmatizzata e sottovalutata, portando avanti il messaggio sull’importanza della ricerca scientifica volta a individuare nuove frontiere terapeutiche, sull’accesso alle cure adeguate e la corretta informazione sulla malattia, i suoi sintomi, le cure per poterla gestire al meglio. La conoscenza e la consapevolezza rappresentano, insieme all’assistenza degli specialisti, la via maestra per combattere la patologia, con la presa in carico della persona nella sua interezza».
In particolare la depressione maggiore è un disturbo dell’ umore caratterizzato da periodi di malessere continuativo della durata di almeno due settimane, definiti episodi depressivi. Durante la fase acuta di un episodio depressivo il paziente manifesta un importante calo del tono dell’umore, apatia, riduzione di interesse nei confronti di tutte le attività, ridotta capacità di concentrazione, debolezza, alterazioni del ritmo sonno-veglia, alterazioni dell’appetito, pessimismo, sensi di colpa, fino a cambiamenti nel contenuto del pensiero, idee di morte, ideazione suicidaria e tentativi di suicidio.
A livello europeo si stima ne soffrano circa 40 milioni di persone. Per quanto riguarda il nostro Paese la prevalenza è del 5%, pari a circa 3 milioni di persone di cui 1 milione colpito da disturbo depressivo maggiore (MDD): solo la metà riceve però diagnosi e trattamenti adeguati. Avere oggi a disposizione nuovi farmaci, che agiscano in modo diverso, rappresenta una possibilità di cura in più per le persone con questa patologia. La novità viene da uno spray nasale, consigliato per combattere la depressione nella sua forma “maggiore”. Efficacia, rapidità e diversa modalità di somministrazione sono le principali caratteristiche di esketamina (questo il nome del prodotto), un vero e proprio antidepressivo spray nasale dedicato alle persone affette “da un episodio di disturbo depressivo maggiore che non risponde agli attuali trattamenti”.
Grazie al suo meccanismo d’azione nuovo, il primo dopo 30 anni, e alla specifica modalità di somministrazione per via intranasale, esketamina rappresenta un’innovazione nella strategia terapeutica. Approvato da Aifa, lo spray è già disponibile nel nostro Paese: viene somministrato nei centri di cura, in combinazione con un antidepressivo SSRI (inibitori selettivi del reuptake di serotonina) o SNRI (inibitori della ricaptazione della serotonina-norepinefrina).
«Il trattamento della malattia depressiva necessita di una maggiore integrazione del sistema che si occupa di salute mentale e il coinvolgimento di tutti gli attori scientifici e istituzionali, per “fare squadra” nell’interesse dei pazienti», spiega Antonio Vita, Professore ordinario di Psichiatria all’ Università di Brescia. Direttore del Dipartimento di Salute Mentale e Vice Presidente della Società Italiana di Psichiatria (SIP). «Solo così possiamo pensare di contrastare in modo adeguato la depressione severa che è una patologia con il maggior impatto sulla vita quotidiana in termini di sofferenza clinica del paziente, utilizzo delle risorse farmacologiche, perdita di giornate di lavoro, anche dei familiari, difficoltà nella diagnosi precoce, scarsa compliance dei pazienti alle terapie. La molecola esketamina appartiene alla categoria degli antagonisti del recettore N-metil-D-aspartato (NMDA). Agendo con un meccanismo d’azione innovativo sui circuiti cerebrali del glutammato, è in grado di ripristinare le connessioni cerebrali tra le diverse aree del cervello».
«Poter avere a disposizione un nuovo farmaco come esketamina è di fondamentale importanza nel trattamento della depressione maggiore farmaco-resistente», spiega Andrea Fagiolini, Professore ordinario di psichiatria Università di Siena e Direttore del dipartimento di salute mentale e organi di senso dell’Ospedale Santa Maria delle Scotte di Siena. «Con il suo meccanismo d’azione esketamina è in grado di essere più efficace delle attuali terapie oggi in uso. A differenza di altre molecole, che impiegano diverse settimane per raggiungere l’effetto desiderato, il farmaco in questione agisce in maniera rapida sui sintomi depressivi, mantenendo l’effetto sul lungo periodo e riducendo nettamente il rischio di ricaduta del 51% tra i pazienti con remissione stabile. Caratteristiche rilevanti se si considera la resistenza ad altri trattamenti e la frequente tendenza alle ricadute nei pazienti affetti da queste forme di depressione».
«Le sperimentazioni che hanno portato all’approvazione di esketamina hanno dimostrato che con questa molecola è possibile controllare bene la malattia nei pazienti depressi», puntualizza Giuseppe Maina, Professore ordinario di psichiatria all’Università di Torino e Direttore dell’Unità complessa di Psichiatria dell’Ospedale San Luigi Gonzaga di Orbassano (TO). «In particolare, gli studi hanno mostrato che esketamina, in associazione con un antidepressivo orale nei pazienti farmaco-resistenti, determina una significativa riduzione dei sintomi già entro 24 ore dalla somministrazione, mantenendo l’effetto sul lungo periodo. Sul fronte della sicurezza, gli studi a lungo termine hanno mostrato che risulta ben tollerata durante tutta la durata del trattamento».
«Il trattamento standard della depressione maggiore dipende dalla gravità della sintomatologia», commenta Mauro Percudani, Direttore del Dipartimento di Salute Mentale e delle Dipendenze dell’Ospedale Niguarda, Milano. «In generale si interviene con la somministrazione di un farmaco antidepressivo in associazione o meno ad un trattamento psicoterapico. Quando il paziente non risponde alla prima linea di terapia farmacologica si procede con la somministrazione di un antidepressivo differente. Purtroppo, nel 30% dei casi, le persone con depressione maggiore non rispondono trattamento. Tali situazioni vengono identificate come depressioni farmaco-resistenti».
«Oltre all’effetto sulla qualità di vita dei pazienti, la depressione ha un impatto socio-economico rilevante, con un elevato numero di giornate lavorative perse», commenta Francesco Saverio Mennini, Professore di Economia Sanitaria e Microeconomia, dell’Università degli Studi di Roma “TorVergata” e Presidente SIHTA. «Questo contribuisce a un impatto molto importante, sia in termini di costi sanitari diretti, quanto ai costi indiretti, relativi alla perdita di giornate di lavoro, sottolineando l’impatto sociale della patologia».
di Paola Trombetta