Anche le associazioni di pazienti devono essere coinvolte nelle sperimentazioni cliniche. È la proposta del gruppo “Persone, non solo pazienti”, una coalizione di 16 associazioni (Acto, Aism, Ama, Amici, Anmar, Apmarr, Europa Donna, Famiglie SMA, Favo, Fedemo, Fimarp, Fondazione Paracelso, Lampada di Aladino, Lifc, Salute Donna, Walce) sostenuta da Fondazione Roche, allo scopo di far diventare i pazienti parte attiva di ogni decisione in ambito sanitario, economico e istituzionale. Le Associazioni sono rappresentative di diverse aree patologiche come oncologia, ematologia, neurologia, reumatologia e malattie genetiche. «Coinvolgere le Associazioni pazienti in un percorso di condivisione e dialogo, che punta a migliorare l’assistenza, la vita delle persone ammalate e la qualità del Sistema Sanitario: questo è l’obiettivo della piattaforma “Persone non solo pazienti” che da oltre sei anni lavora per mettere in relazione l’impegno delle 16 Associazioni e le risposte delle Istituzioni nei confronti delle esigenze sanitarie», ha confermato Mariapia Garavaglia, presidente di Fondazione Roche, in occasione dell’evento “La normativa sulla sperimentazione clinica: ostacoli, opportunità e ruolo delle Associazioni pazienti”, che si è tenuto a Roma, presso il Centro Studi Americani, dove è stata sottoscritta la Carta etico-deontologica per la partecipazione delle Associazioni pazienti ai trial clinici, messa a punto assieme a un gruppo di ricercatori di bioetica e biodiritto del CNR.
«Questa Carta dei principi e dei valori punta ad agevolare il riconoscimento formale del ruolo delle Associazioni pazienti, proponendosi come riferimento etico per tutti gli attori coinvolti in una sperimentazione clinica, dagli sperimentatori al personale sanitario, agli stessi pazienti, alle Istituzioni e ordini professionali che hanno il compito di elaborare le norme deontologiche», precisa la Presidente Garavaglia. «Da tempo le Istituzioni e gli sperimentatori hanno riconosciuto l’importanza di ottimizzare e rendere più fluidi i protocolli di sperimentazione dei farmaci sull’uomo. Grazie al coinvolgimento attivo delle Associazioni nelle varie fasi dei trial è possibile sviluppare terapie più appropriate e aderenti alla realtà dei malati, oltre a garantire una maggiore attenzione ai bisogni sanitari, alle esigenze dei pazienti e ridurre i costi organizzativi, con vantaggi per la ricerca, la salute e la sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale. Portare il punto di vista di chi affronta in prima persona la malattia nel cuore della sperimentazione fa si che le terapie possano essere costruite sempre più su misura, accelerando il percorso della ricerca clinica, con la possibilità di far arrivare prima i farmaci alla disponibilità dei malati e favorendo la comprensione e il dialogo tra pazienti e medici. La scoperta di un nuovo farmaco resta sempre compito dei ricercatori, ma oggi il contributo delle persone che convivono giorno dopo giorno con la malattia è considerato fondamentale per il progresso della medicina e l’innovazione».
Una risorsa da valorizzare adeguando al più presto le regole alla cornice normativa europea, per semplificare le procedure e non perdere importanti investimenti, ma anche attraverso il coinvolgimento dei pazienti, fattore decisivo per una ricerca clinica più forte e trasparente, recependo finalmente il principio della partecipazione dei pazienti in tutte le fasi della ricerca clinica, indicato nel Regolamento europeo e nella Legge attuativa italiana (Legge Lorenzin dell’11 gennaio 2018), ma rimasto finora inattuato nei Decreti applicativi. «La Legge 3 del 2018 che porta il mio nome riforma il Sistema Sanitario e della ricerca italiana, ma necessita di decreti attuativi perché, a distanza di quasi 5 anni, molti aspetti non si sono ancora concretizzati», afferma Beatrice Lorenzin, Presidente dell’Intergruppo Sperimentazione Clinica. «Tra questi il ruolo delle Associazioni pazienti: abbiamo bisogno del coinvolgimento e dell’arruolamento dei pazienti nei trial clinici, soprattutto per portare innovazione in quelle patologie che ancora oggi non hanno una terapia adeguata. Per questo mi sono impegnata per far nascere un Intergruppo parlamentare sulla sperimentazione clinica di cui sono Presidente. Grazie a una serie di emendamenti promossi dal nostro gruppo e già approvati, siamo riusciti a portare avanti parti della riforma, ma Governo e AIFA devono ancora fare molto, soprattutto per quanto riguarda la riorganizzazione dei Comitati etici. Attuare i decreti previsti dalla norma è un’assoluta priorità per evitare che i pazienti perdano l’opportunità di partecipare ai trial clinici, ma anche per evitare l’impoverimento della ricerca biomedica nazionale». La possibilità di accelerare il percorso dei farmaci, senza saltare alcuna fase della sperimentazione, è stata messa in evidenza dall’emergenza Covid: «La pandemia è stata un grande acceleratore di ricerca con un forte coordinamento nazionale ed europeo, ma soprattutto una condivisone rapida dei dati, con un sistema di pubblicazione dei risultati a livello internazionale», ha dichiarato Giuseppe Ippolito, Direttore Generale della Ricerca e dell’Innovazione in Sanità, Ministero della Salute. «È necessario consentire un rapido accesso all’innovazione terapeutica e il paziente diventa centrale nella conduzione delle sperimentazioni, con un ruolo che non è limitato a dare il proprio consenso, ma che comprende anche il monitoraggio di tutte le diverse fasi, dando ai pazienti la certezza che si tratta di reale innovazione attraverso percorsi codificati, di cui le Agenzie regolatorie sono garanti».
Secondo i dati più recenti, in Italia nel 2019 sono state approvate 672 nuove sperimentazioni cliniche, pari al 23% di quelle approvate nell’Unione Europea. Una quota importante che rischia però di ridursi se non si supereranno i ritardi nell’attuazione del Regolamento europeo sulle sperimentazioni cliniche, emanato nel 2014, con l’obiettivo di rendere l’Europa un ambiente attrattivo per lo svolgimento delle sperimentazioni e che ha avuto un passaggio decisivo con l’entrata in vigore lo scorso 31 gennaio del Clinical Trials Information System, punto di accesso unico per la presentazione e l’autorizzazione delle domande di sperimentazione clinica nell’Unione Europea e nei Paesi dello Spazio economico europeo. L’Italia è tra i Paesi tuttora in ritardo nell’attuazione. A mancare all’appello, finora, è proprio il principio espressamente indicato nella Legge Lorenzin relativo al coinvolgimento delle Associazioni pazienti in tutte le fasi della sperimentazione, che permette di definire gli obiettivi delle sperimentazioni in modo più rispondente alle reali esigenze dei pazienti in termini di efficacia, sicurezza, funzionalità e sopravvivenza: «La centralità dei pazienti e delle loro Associazioni nel sistema della ricerca clinica è ormai un dato assodato, come dimostra anche l’impostazione della recente iniziativa lanciata dalla Commissione Europea con le Agenzie Regolatorie Nazionali ed EMA, in contemporanea all’applicazione del Regolamento europeo Accelerate Clinical Trials in the EU (ACT-EU)», afferma Sandra Petraglia Dirigente Area Pre-Autorizzazione, Agenzia Italiana del Farmaco. «Una delle azioni prioritarie di ACT-EU è infatti dedicata alla creazione di una piattaforma che vede al centro i pazienti e le Associazioni pazienti, con un loro coinvolgimento diretto, per disegnare in maniera proattiva uno sviluppo dei farmaci che sia effettivamente orientato alle esigenze dei pazienti. È quindi da auspicare che il ruolo delle Associazioni pazienti trovi una sua collocazione più definita e formale mediante aggiornamenti normativi, in linea non solo con quanto già avviene a livello dell’EMA, ma anche con quanto fatto per il Centro di Coordinamento dei Comitati Etici, nel quale ormai già da quattro anni le Associazioni pazienti portano avanti con competenza le istanze dei pazienti».
Nei prossimi mesi l’impegno del Gruppo “Persone non solo pazienti” sarà tutto concentrato sull’obiettivo di accelerare l’emanazione dei Decreti attuativi, assicurando che venga salvaguardato il principio del coinvolgimento delle Associazioni pazienti e che vengano definiti requisiti omogenei e riconosciuti nei Paesi UE per l’accreditamento delle Associazioni come soggetti attivi nei trial clinici, garantendo loro l’accesso a tutte le informazioni sulle sperimentazioni cliniche europee nell’ambito del Clinical Trials System.
I 5 punti della Carta dei principi e dei valori
Nello specifico della Carta dei principi e dei valori, abbiamo chiesto un commento ad Antonella Celano, presidente dell’Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare (APMARR) e rappresentante del gruppo “Persone non solo pazienti”. «L’idea di questa Carta nasce da lontano, grazie al contributo di Roche che ha voluto un gruppo di Associazioni Pazienti trasversali per patologie e quindi molto diverse tra noi, ma con un unico obiettivo: lavorare insieme su una progettualità che potesse essere utile e proficua per i pazienti. Così nasce l’idea della Carta etica di “Persone, non solo pazienti” che vuole ribadire la necessità di coinvolgere le associazioni pazienti all’interno di tutte le fasi degli studi clinici, sottomissione dei trial clinici ai comitati etici, consenso informato, arruolamento dei pazienti, seguire lo studio passo per passo a garanzia che tutto quello che è previsto nello studio venga applicato, ma soprattutto vigilare che il paziente sia aderente allo studio, dare informazioni anche alla famiglia e collaborare anche con il ricercatore che deve accettare l’associazione pazienti, come un valore aggiunto. Per arrivare anche all’arruolamento, dove l’associazione pazienti potrebbe avere un ruolo importante, individuando già i pazienti più idonei, così come la successiva diffusione dei dati. È davvero un peccato che l’Italia sia indietro, rispetto al resto dell’Europa, perché potremmo veramente portare a casa grandi risultati!». In Europa dunque esiste già un coinvolgimento diretto dei pazienti nei trial clinici? «L’agenzia Europea del Farmaco (EMA) coinvolge direttamente i pazienti con call periodiche. Noi ci aspettiamo che si concretizzi quanto previsto dalla Carta e nel breve periodo si inizino a fare call con le associazioni per coinvolgere i pazienti e venga messo in atto ciò che da anni noi chiediamo e abbiamo sintetizzato nella Carta di cui presento qui di seguito 5 punti sostanziali».
Il coinvolgimento delle Associazioni di Pazienti (AP) e dei singoli pazienti e familiari nel processo di ricerca e sviluppo in tutte le aree terapeutiche:
- è sia una modalità, sia una strategia ampiamente accettata, poiché garantisce la pertinenza e l’idoneità dello sviluppo di farmaci, dispositivi, diagnostica e nuove terapie biomediche;
- è divenuto parte della buona pratica clinica ed è una forma di riconoscimento del ruolo e del contributo significativo dei pazienti al progresso della medicina;
- ha valenza etica ed è in primo luogo un dovere di equo trattamento, in quanto attribuisce il giusto valore alle preferenze e agli interessi di chi la malattia la vive, sia riguardo ai benefici terapeutici o riabilitativi attesi, sia relativamente al controllo dei sintomi, al perseguimento della migliore qualità della vita possibile e alla sua stessa definizione;
- è uno strumento essenziale per perseguire l’efficienza nello sviluppo dei farmaci: ne riduce i costi in termini organizzativi attraverso un più fluido e affidabile arruolamento dei pazienti, promuove l’appropriatezza prescrittiva e l’aderenza alla terapia nella misura in cui gli outcome dei trial clinici sono definiti in modo più rispondente alle reali esigenze dei pazienti;
- non deve essere episodico o focalizzato esclusivamente su tematiche specifiche, ma, per quanto possibile, deve essere strutturato e sistematico, e avvalersi di luoghi, procedure e strumenti dedicati prevedendo anche l’adozione di policy o strumenti di orientamento da parte di centri di ricerca, istituti di cura, agenzie regolatorie e case farmaceutiche.
di Paola Trombetta