Tumore del seno HER2+: una nuova terapia migliora la sopravvivenza

Ogni anno in Italia più di 3.800 donne ricevono una diagnosi di tumore al seno metastatico. In totale oggi 37 mila pazienti vivono con la malattia in questo stadio. In particolare il carcinoma mammario metastatico HER2 positivo (HER2+) costituisce un’area di grande attenzione: è la neoplasia più aggressiva e caratterizzata da una peggiore prognosi. Oggi, grazie alla ricerca clinica, una nuova terapia mirata, tucatinib, è in grado di migliorare la sopravvivenza in pazienti che hanno già ricevuto due linee di trattamento e portare un beneficio significativo anche in presenza di metastasi cerebrali.

È quanto emerge dallo studio HER2CLIMB, di cui si è parlato nei giorni scorsi al convegno “Research Generators – Widening options in HER2+ metastatic breast cancer” che si è da poco concluso a Milano, promosso da Seagen.
«HER2, cioè il recettore 2 per il fattore di crescita epidermico umano, è una proteina presente con livelli elevati nel 20% di tutti i tumori della mammella», afferma Giuseppe Curigliano, Professore di Oncologia Medica all’Università di Milano, Direttore della Divisione Sviluppo di Nuovi Farmaci per Terapie Innovative allo IEO e Responsabile Scientifico del Convegno. «È una neoplasia molto temuta, perché caratterizzata da una maggiore aggressività e probabilità di recidiva, rispetto ai carcinomi mammari HER2 negativi. Circa la metà delle pazienti con malattia avanzata sviluppa metastasi cerebrali attive, che rendono molto più difficile il trattamento». Al convegno di Milano sono stati discussi i dati aggiornati dello studio HER2CLIMB pubblicato su Annals of Oncology, che valuta le potenzialità offerte da tucatinib, in combinazione con l’anticorpo monoclonale (trastuzumab) e chemioterapia (capecitabina). «Per la prima volta al mondo, lo studio ha valutato anche pazienti con metastasi cerebrali attive, finora escluse dalle sperimentazioni», aggiunge il professor Curigliano, prima firma dello studio. «HER2CLIMB ha arruolato 612 pazienti di cui, per la prima volta, quasi la metà (48%) con metastasi cerebrali. Tucatinib, in aggiunta a trastuzumab e capecitabina, ha dimostrato di essere efficace dopo due linee di terapia anti HER2, incluso un farmaco anticorpo coniugato (ADC), quindi in donne già trattate, dove lo standard di cura offre scarsi benefici. La combinazione con la terapia mirata migliora la sopravvivenza globale e, a due anni, il 51% è vivo rispetto al 40% con soli trastuzumab e capecitabina. La sopravvivenza globale media è stata di 24,7 mesi con il regime a base di tucatinib rispetto a 19,2 mesi. Il maggior beneficio ottenuto con tucatinib è stato quindi di 5,5 mesi. Passi avanti anche per la sopravvivenza libera da progressione, che a un anno si attesta al 29% rispetto al 14%».
«Questo farmaco orale agisce come inibitore tirosin-chinasico della proteina HER2», spiega Lucia Del Mastro, Professore ordinario e direttore Clinica di Oncologia Medica dell’Irccs Ospedale Policlinico San Martino, Università di Genova. «Risulta quindi facile da somministrare e garantisce una buona qualità di vita. In più, dato molto importante per le donne, non provoca perdita di capelli. L’analisi finale dei dati di HER2CLIMB dimostra che i vantaggi già evidenziati da tucatinib sono mantenuti nel follow up di 29,6 mesi e questa terapia mirata aiuta a vivere più a lungo. I benefici sono stati osservati in tutti i sottogruppi delle pazienti, incluse quelle con metastasi cerebrali. A 24 mesi ha dimostrato una sopravvivenza globale quasi raddoppiata anche in presenza di metastasi cerebrali (48,5%) rispetto al braccio di confronto (25,1%). Tucatinib è una molecola così piccola da attraversare la barriera ematoencefalica e raggiungere il cervello, bloccando lo stimolo di proliferazione della proteina HER2».

In Italia la terapia è disponibile in classe CNN e viene garantita dall’azienda produttrice: si sta discutendo la rimborsabilità presso l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). Il suo utilizzo è già stato inserito in numerose Linee Guida nazionali e internazionali. Il tumore del seno ogni anno, in Italia, fa registrare oltre 55mila nuovi casi. «Colpisce soprattutto le donne nella fascia d’età 55-69 anni», puntualizza Saverio Cinieri, Presidente Nazionale dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM). «La sopravvivenza a 5 anni è alta e si attesta all’88%. Al tempo stesso però causa ogni anno più di 12.500 decessi: non possiamo permetterci di abbassare la guardia. Esistono diversi sottogruppi di carcinoma mammario, con caratteristiche differenti. La combinazione di tucatinib con trastuzumab e capecitabina può rappresentare un’importante opzione terapeutica per un numero crescente di pazienti e ha le potenzialità per cambiare la pratica clinica quotidiana».

di Paola Trombetta

Presentato il rapporto sul valore delle Associazioni di volontariato

È stata presentata l’Analisi riferita al 2021 del Valore sociale dalle Associazioni di volontariato per le donne con Tumore al seno, promossa da Europa Donna Italia con il supporto di PwC Italia. Le associazioni che hanno partecipato all’Analisi rappresentano il 79,8% della rete di Europa Donna Italia, inclusi 22 comitati A.N.D.O.S. (Associazione Nazionale Donne Operate al Seno). «Questo rapporto ci offre la fotografia di un anno particolare, condizionato dalle restrizioni da Covid-19, dove tante associazioni hanno scelto di continuare ad essere in trincea perché i percorsi di prevenzione e cura del tumore alla mammella non fossero lasciati indietro. Numeri importanti, che testimoniano cosa significhi essere a fianco delle donne nella lotta contro questa patologia, dando voce alle paure e alle speranze di ognuna, affiancando le loro famiglie, la comunità di medici e operatori sanitari coinvolti nel percorso terapeutico», ha commentato nell’introduzione al report Maria Elisabetta Alberti Casellati, Presidente del Senato. Rosanna D’Antona, Presidente di Europa Donna Italia, spiega: «La voce delle pazienti è diventata parte del sistema sanitario, ma non faremmo un buon lavoro se, concentrandoci solo sulle pazienti, non ci impegnassimo a consolidare le relazioni con tutti gli altri stakeholder del sistema sanitario per comprendere cosa si attendono dalla collaborazione con le associazioni pazienti presenti in tutte le regioni italiane. Le loro voci ci restituiscono la qualità e l’importanza di quello che facciamo e ci aiutano a capire come possiamo essere sempre più integrate e utili per fare scelte giuste e appropriate».

Chi sono i volontari 2021? Il profilo è ben delineato dall’Analisi, racconta Gaia Giussani, ESG Director PwC Italia. «Sono 4.533, con un’età media di 54 anni, donne in oltre otto casi su dieci e nel 2021 hanno dedicato al volontariato oltre 285 mila ore. Lo scorso anno, il 62% dei volontari ha dedicato 2,8 mila ore alla formazione in materia di advocacy, accoglienza, contabilità, management del terzo settore, fundraising, innovazioni terapeutiche e sperimentali, bisogni e problemi dei familiari e ruolo del caregiver, restituendo un quadro di volontarie professionali e preparate. Questo valore fa riferimento al 60% delle associazioni che hanno risposto al questionario e quindi, immaginando di aver ricevuto il 100% delle risposte, si può ritenere che la somma rilevata possa essere molto superiore a quella dei 9 milioni indicata dalla rilevazione. I team multidisciplinari delle Breast Unit e dei loro coordinatori sono interlocutori importanti per le Associazioni che svolgono la loro attività nei centri di cura e per questo il loro coinvolgimento è stato decisivo per “misurare” il valore percepito dalle strutture che l’associazione offre in un centro di senologia multidisciplinare. A questo proposito Lucio Fortunato, Direttore del Centro di Senologia, Azienda Ospedaliera San Giovanni-Addolorata di Roma, aggiunge: «I bisogni delle donne con diagnosi di tumore al seno sono enormi e spesso ancora insoddisfatti: è per questo che abbiamo bisogno, non solo di “task-force” multidisciplinari per curare, ma anche di terapie e servizi dove l’apporto delle associazioni di volontariato è indispensabile». Nel 2021 si è osservato un loro minor accesso a causa delle restrizioni Covid. Anche l’attività formativa non ha ancora raggiunto i livelli pre-pandemia, ma nell’ultimo anno è aumentata, coinvolgendo il 56% dei dipendenti, contro il 6% dello scorso anno».  P.T.

 

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