“Tutta la mia vita, breve o lunga che sia, sarà al servizio vostro e del nostro Paese”. Così si espresse la principessa Elisabetta durante la sua prima visita ufficiale oltremare a Capetown in Sudafrica il 15 aprile 1941. Uno storico discorso indirizzato al Commonwealth britannico. Una promessa importante e difficile forse da mantenere per una ventunenne, spensierata e piena di vita, che sapeva di dover diventare la regina del Regno Unito. Ed è proprio così che è andata. Ha speso la sua vita dedicandosi fino all’ultimo dei suoi giorni interamente ai compiti e doveri di sovrana. Settant’anni di Regno, con una popolarità rimasta intatta. Non era affatto scontato quando la regina Elisabetta salì al trono il 2 giugno 1953 (dopo la prematura morte del padre, re Giorgio VI) e dopo le tante crisi e scandali che si sono accumulati nella vita della famiglia reale. Si è spenta l’8 settembre, all’età di 96 anni, nella sua amata residenza, il castello di Balmoral in Scozia. “Sua Maestà è morta pacificamente”: l’annuncio ufficiale è arrivato con una nota di Buckingham Palace. Solo 48 ore prima la sovrana aveva incontrato Liz Truss per nominarla ufficialmente nuovo Premier del Regno Unito. L’ultima immagine che abbiamo visto, osservando le foto che hanno fatto il giro del mondo, è stata Elisabetta dimagrita e curvata dagli anni, appoggiata al bastone e quella mano coperta da lividi violacei, evidenti segni di ematomi sulle mani (secondo alcuni sarebbero la prova di disturbi vascolari, una condizione dovuta forse a flebo o altri trattamenti medici; a peggiorare la situazione sarebbe stata una caduta accidentale). Fragile, ma sempre sorridente e perfetta: con la gonna che amava di più, kilt a pieghe in colori tenui azzurro e beige, cardigan di lana grigio perla e camicetta. E un filo di rossetto. Con lei se ne va un secolo di storia. Il suo è stato il Regno fra i più lunghi al mondo. Ha governato amata dai suoi “sudditi”: la roccia della nazione. Ha raccolto rispetto e simpatia ovunque nel mondo.
Record di longevità. Merito sicuramente di un buon DNA (la regina madre è morta a 101 anni), di un accesso privilegiato alle migliori cure, alla sua curiosità e costante attività mentale per rimanere al passo con tutti gli sviluppi politici e sociali: questo le ha permesso di mantenere il cervello attivo, cosa che dovrebbero fare tutte le persone in età avanzata. La Regina quotidianamente si è dedicata allo studio dei documenti nella famosa scatola rossa (despatch box), utilizzata per lo scambio di documenti confidenziali fra Parlamento e Corona, per garantire il buon governo del Paese. Sempre attenta a una dieta equilibrata. L’anno scorso aveva persino rifiutato il premio all’Anziano dell’anno: “Non ho i requisiti”, aveva risposto con ironia e inappuntabile humor inglese alla direzione del premio istituito dalla rivista “Oldie”. “Si è vecchi quando ci si sente vecchi”.. e lei non si sentiva affatto vecchia. Solo acciaccata dai malanni dell’età. Unica rinuncia obbligata dai medici? Il Martini serale.
Sotto gli inseparabili cappellini bizzarri Elisabetta II aveva una tempra d’acciaio, una scorza dura e tenace (nel 1945 si arruola al Servizio Ausiliare Territoriale, impara a guidare ambulanze e camion), capace di farle superare indenne momenti difficili, sapendo avvicinare la monarchia al popolo, divenendone un simbolo che ora non sarà facile sostituire. Ha subito le tempeste maggiori in famiglia: ha saputo affrontarle e domarle, riuscendo a imporre la sua personalità, in un mondo totalmente maschile quale quello del potere regio. Difficile immaginarla obbedire e impossibile contraddirla. Dando sempre prova di solidità e fermezza, ha avuto l’uomo che desiderava. Quella con il principe Filippo è stata una grande storia d’amore che Elisabetta ha vissuto con trasporto. “Filippo è stato la mia forza”. Leggenda narra che fu amore a prima vista: lei aveva 13 anni e lui 18, giovane ufficiale di marina, quando si incontrarono per la prima volta. E che si impuntò sino a riuscire a sposarlo. I biografi concordano nel sottolineare la capacità di Elisabetta di abbracciare il progresso, mantenendo l’attenzione ai valori della tradizione: onorando ad esempio con il titolo di baronetti gruppi rock come i Beatles o personaggi della moda come Mary Quant.
Quali insegnamenti morali ci ha lasciato? Innanzitutto il senso del dovere e l’amore per il suo Paese. Dignità, misura, compostezza, grazia, gentilezza. Un momento memorabile? Quando chinò il capo durante il passaggio del feretro al funerale di Lady Diana. Un gesto inaudito, potente e simbolico, attraverso cui ha mostrato la sua sofferenza e ha riconquisto il legame con il sentimento dei sudditi, che sembrava stesse vacillando per il suo atteggiamento poco partecipe di fronte a tale perdita, mentre il suo intero regno era in lacrime.
Regina di stile. I cappellini con le piume e i fiori di seta sempre a tesa larga per non nascondere il viso. Colori sgargianti per gli abiti: verde, arancione, fuxia, turchese, rosa e viola (perché tutti devono vederla anche a grande distanza, dopo aver atteso pazientemente). L’ombrello trasparente, a cupola e antivento, coordinato cromaticamente all’outfit e borsette tutte uguali (si dice che a seconda che la poggiasse in terra o sulla sedia accanto, la regina lanciasse segnali di noia o di fretta al suo staff). Ma anche l’immancabile foulard legato sotto il mento, la giacca impermeabile, gli stivali. Era in campagna che Elisabetta ritrovava davvero sé stessa: sono tante le immagini che la ritraggono felice nelle vesti di cavallerizza e con i suoi adorati cani i Corgi, che sono stati con lei fin da quando era bambina.
Leggendo il libro “Elisabetta. Per sempre regina” (Sperling & Kupfer) pubblicato lo scorso anno da Antonio Capranica (corrispondente per oltre un ventennio dalla capitale inglese per la Rai) scopriremo le sue abitudini quotidiane, la sveglia regolare alle 7,30, la colazione servita su un vassoio d’argento, il rituale preferito, un tè pomeridiano di Darjeeling senza zucchero, accompagnandolo con mini panini dolci (gli scones) farciti al salmone affumicato, uova e cetrioli. E una vera passione per la crostata con crema pasticcera, panna e scaglie di cioccolato nero e bianco. Sapremo anche della borsetta da cui non si separava mai, con dentro il rossetto, uno specchietto, un fazzoletto, le foto dei propri cari. Scopriremo una Lilibeth adolescente che ogni sera prima di addormentarsi baciava la foto di Filippo, ufficiale di marina, che la fissava dalla parete vicino al letto; lo storico ballo con il presidente del Ghana Kwame Nkrumah quattro anni dopo l’indipendenza del Paese dal dominio coloniale inglese. E, come racconta Ilaria Grillini nel libro“Elisabetta la regina italiana” (edito da Rai Libri), sapremo tutto di quel viaggio in Italia nel 1992 a pochi giorni dall’attentato di stampo terroristico-mafioso nei pressi di Capaci, dove vennero assassinati il giudice Giovanni Falcone, sua moglie, i tre agenti e gli altri uomini della scorta. La sosta della regina è uno strappo al protocollo, un fuori programma voluto dalla sovrana (i servizi segreti britannici avevano sconsigliato Palermo). E davanti alla voragine della bomba, il suo sgomento in un silenzio irreale. “Incredibile, incredibile”, pronunciato sottovoce, mentre deposita una corona di fiori.
Elisabetta è rimasta sempre fedele a sé stessa. Forse non è stata una donna tenera, per dovere regale, è vero, forse solo negli ultimi anni abbiamo visto Elisabetta sorridere con una frequenza inusuale, o mostrarci la commozione con una lacrima sul viso in chiesa ai funerali del suo amato Filippo, ma è altrettanto vero che con il suo umorismo gentile, la sua capacità di ascolto, la sua saggezza si è saputa guadagnare un’autorità morale e di immagine che pochi altri statisti possono vantare. Molto ormai intorno alla sua figura è e resterà leggenda.
La cerimonia funebre per l’ultima grande regina si terrà lunedì 19 settembre all’Abbazia di Westminster. God save the Queen: ci saranno altri sovrani, ma sarà lei l’ultima Regina.
di Cristina Tirinzoni