«Mi sono sempre occupata di studiare i virus di origine animale, trasmissibili anche all’uomo: sono stati la mia passione, ma mi hanno anche procurato non pochi guai… Per non parlare dell’impatto recente con il Covid, che mi ha letteralmente “travolta”!». Così Ilaria Capua, laurea in Medicina veterinaria e oggi direttrice del Centro di eccellenza “One Health” dell’Università della Florida, ha esordito in occasione della conferenza “Idee circolari per sostenibilità e salute” nell’ambito dell’evento “Il Tempo delle Donne”, promosso da Corriere della Sera, Io Donna, la 27esimaOra, Valore D.
«Ho lavorato sui virus da quando avevo 23 anni e a furia di guardare il microscopio, a lungo andare mi sono quasi incurvata. Nel 2006 ho deciso, contro il sistema dell’epoca e affrontando non pochi problemi, anche di carattere giudiziario, di mettere a disposizione su un database ad accesso libero (“open source”), la sequenza genica del virus dell’influenza aviaria. Con questo gesto ho voluto in seguito rendere pubblici i dati genetici dei virus, come patrimonio collettivo per tutti gli Istituti e i Centri di ricerca mondiali, per poter affrontare le minacce globali come le pandemie, che stiamo ancora vivendo con il Covid, di cui oggi sono depositate ben 12 milioni di sequenze nelle banche dati mondiali».
Era prevedibile una pandemia come quella che è avvenuta con Sars-Cov2?
«Purtroppo quando individuiamo un virus presente in un animale, non possiamo prevedere la sua propagazione nell’uomo. Siamo riusciti a fermare il virus Ebola e quello della Sars, ma non siamo riusciti a fermare il Covid. La sua prima individuazione è stata nel pangolino, detto anche “formichiere squamoso”, perché ricoperto di squame, un animale che vive prevalentemente nelle zone tropicali dell’Asia. Da lì sembra poi essere passato ai pipistrelli e poi all’uomo in una nazione, come la Cina, dove i pipistrelli vengono anche consumati come alimenti. Non potevamo certo immaginare l’impatto così devastante che questo virus avrebbe avuto sull’uomo. E quando lo abbiamo scoperto, era ormai tardi per poterlo fermare».
Come ha affrontato questi anni di pandemia? L’abbiamo sempre vista in prima linea a parlare di questo virus cercando di convincere la gente ad assumere comportamenti di profilassi, in particolare la vaccinazione…
«Ho semplicemente fatto il mio lavoro di informare la gente sui rischi che questo virus ha comportato e comporta ancora, nonostante le vaccinazioni abbiano ridotto di gran lunga il rischio di contrarre forme gravi di infezione. Il virus circola e continuerà a circolare per diverso tempo: ora l’abbiamo relegato in un “recinto”, ma in autunno farà ancora capolino. E dunque non dobbiamo abbassare la guardia! Sono fondamentali le misure di prevenzione come lavarci spesso le mani, evitare spazi chiusi senza mascherine con persone estranee alla nostra “bolla” abituale. Il virus si trasmette tra persone e basta un soggetto infetto per diffondere l’infezione. È inoltre fondamentale vaccinarsi e sottoporsi alla 4a dose, più specifica per la variante Omicron. Il Covid non ucciderà più come negli anni passati, ma bisogna comunque evitarlo. Perché, a parte i pericoli imminenti più gravi, per fortuna scongiurati grazie ai vaccini, ci sono le conseguenze causate dal Long Covid. Diversi studi recenti confermano la presenza di problematiche a livello cardiocircolatorio, anche importanti. Così come la confusione mentale e altri sintomi. La mia speranza è che prevalga il buon senso e si cerchi in tutti i modi di evitare di essere contagiati».
Quanto alla vaccinazione, la consiglia a tutti o solo a categorie particolari? E chi ha avuto il Covid?
«Negli Stati Uniti la 4a dose di vaccino viene somministrata alle persone con più di 50 anni e adesso si può fare anche la 5a dose. La durata di questi vaccini è di circa 6 mesi: personalmente l’ho fatto in primavera, prima dell’ondata di Omicron e adesso, quando ritornerò negli Stati Uniti, farò la 5a dose più specifica per queste varianti. Da ottobre questi vaccini saranno disponibili anche in Italia. Per chi ha già avuto la malattia, direi, se sono trascorsi più di sei mesi, di fare comunque la 4a dose di vaccino».
In conclusione, oltre all’importanza di fare prevenzione e profilassi, cosa ci ha insegnato questa pandemia?
«Sicuramente ha dimostrato che la nostra salute non dipende solo da noi, ma dall’ambiente che ci circonda: dagli animali, con cui veniamo in contatto, dalle piante, dall’aria stessa che respiriamo. Diversi studi hanno confermato che l’inquinamento ha aumentato la diffusione dell’infezione da Covid. Se mantenessimo l’aria più pulita e meno inquinata, potremmo ridurre anche la diffusione di molte malattie respiratorie. La salute è un sistema circolare in cui tutto è connesso: una parte non può stare bene se non stanno bene anche le altre. È responsabilità dei singoli saper adottare buone abitudini per il bene di tutti. Ad esempio, se buttiamo gli antibiotici nell’immondizia e non nella raccolta differenziata, alteriamo il microbioma della terra che poi si ritorce contro di noi. Il nostro obiettivo è capire come trovare un nuovo equilibrio, perché “sono millenni che l’Homo sapiens si evolve e si reinventa e anche in questo caso saremo in grado di fare lo stesso, se solo apriremo bene gli occhi e avremo il coraggio di fare un po’ di autocritica”».
Concetti fondamentali che Ilaria Capua ha cercato di spiegare anche nei suoi ultimi due libri: “Il coraggio di non avere paura. La pandemia vista da una stella” (Collana Saggi) e “La meraviglia e la trasformazione: verso una salute circolare”, da poco uscito per Mondadori. Anche per i più piccoli ha voluto scrivere un testo dal titolo: “Girotondo è uno il mondo”, per far capire alle nuove generazioni l’importanza di rispettare l’ambiente per mantenersi in salute. Una testimonianza in più della grandezza di questa scienziata che riesce a spiegare, persino ai bambini, i grandi misteri della scienza.
di Paola Trombetta