Sono stati giorni concitati quelli che hanno aperto il mese di settembre, non solo per i preparativi di inizio dell’anno scolastico, ma per le “novità” attese. Accanto alla voglia, e a un misto di speranza, di far rientrare la scuola alla normalità, ai tempi cioè pre-Covid, resta un pizzico di timore da parte di insegnanti e genitori. Più attenuato nei ragazzi, motivati e proiettati all’incontro dei compagni di sempre, “dimenticati” da un paio di anni. A dirimere i dubbi e le incertezze ci hanno pensato le decisioni di esperti e politici: niente più DAD (Didattica a Distanza), neppure per gli studenti positivi, niente più mascherine, fatta eccezione per alunni e docenti fragili, con l’adozione però di misure di sicurezza quali finestre aperte per garantire il ricambio dell’aria; frequenza consentita (indossando la mascherina) a chi presenta sintomi respiratori di lieve entità e in buone condizioni generali, ma senza febbre. Ecco le novità che aprono l’anno accademico 2022-2023.
Si prepara, dunque, una “prova del nove” almeno per il primo mese: la scuola sarà pronta a rettificare quanto stabilirà, in caso di variazione nell’andamento dei numeri della pandemia. Misure e decisioni che destano pareri favorevoli e contrari da parte degli specialisti. «Consentire la frequenza scolastica è prioritario – spiega Valentina Grimaldi, pediatra di famiglia, psicoterapeuta, consigliera Omceo Roma. In questi due anni in cui i ragazzi hanno seguito le lezioni a distanza, senza contatti con i coetanei, hanno perso tanti momenti di socialità che hanno causato anche lo sviluppo di alcuni problemi di tipo comportamentale, relazionale e di crescita. L’orientamento verso un ritorno in presenza è quello giusto».
C’è condivisione in ambito educazionale, mentre le perplessità convergono tutte sull’uso (o meno), ovvero sull’obbligatorietà della mascherina in classe. «In relazione alla circolazione ancora importante del virus e alle previsioni per l’autunno – dichiara Massimo Andreoni, primario di Infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma – sarebbe stato più opportuno iniziare la scuola con la certezza di avere tutti le mascherine in aula, docenti e alunni, così da tenere sotto controllo eventuali focolai in classe. Iniziare con misure blande a scuola e poi dover correre ai ripari per un aumento dei casi e una pressione sugli ospedali, è la cosa peggiore che si potesse fare».
A dare ragione di queste affermazioni saranno i 20 giorni successivi dall’inizio della scuola, ritengono gli esperti. «Stiamo facendo una sorta di esperimento: questo arco di tempo – aggiunge Massimo Ciccozzi, responsabile dell’Unità di Statistica medica ed Epidemiologia della Facoltà di Medicina e Chirurgia del Campus Bio-Medico di Roma – ci consentirà di valutare l’andamento epidemiologico e di adottare eventuali misure necessarie al contrasto di una eventuale crescita dei casi. La questione resta sempre la stessa: il problema non sono i ragazzi, ma la possibile presenza di familiari fragili e nonni molto anziani nel contesto abitativo. Infatti, nonostante la vaccinazione da parte di tutte le persone del nucleo familiare, un certo grado di rischio permane». Occorre dunque saper prevenire ed essere pronti ad avviare adeguate strategie in caso di necessità. «Dobbiamo avere già in mente soluzioni per la scuola rispetto a diversi possibili scenari – suggerisce Fabrizio Pregliasco, virologo e Direttore Sanitario dell’IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano – sull’esempio di quanto abbiamo visto in Australia: il loro inverno agostano è stato tormentato da tanti casi di influenza. Dunque la mascherina non è la soluzione al 100%, ma è un elemento che aiuta a limitare i contagi. Credo tuttavia che essere in grado di avere misure progressive per la scuola, significhi anche preservare la didattica in presenza».
Allora come fare prevenzione dal rischio di una nuova crescita del virus? Se si accetta e si condivide l’allentamento delle norme, dall’altro bisogna essere responsabili nell’adozione di comportamenti più consapevoli e rigorosi, a livello sociale e comunitario, iniziando dalle famiglie. «Tra le misure di prevenzione di base – ricorda Grimaldi – è raccomandata l’igiene delle mani e l’osservanza della cosiddetta “etichetta respiratoria”, cioè la messa in atto di corretti comportamenti per tenere sotto controllo il rischio di trasmissione di microrganismi tra le persone, quali ad esempio proteggere la bocca e il naso durante gli starnuti o i colpi di tosse, utilizzando fazzoletti di carta. Inoltre è fondamentale non mandare i bambini a scuola se stanno male, essere ancora più accorti di fronte a un raffreddore che non convince, facendo un tampone di controllo in più».
Sopra qualsiasi misura, la vaccinazione anti-Covid resta l’arma vincente: la sua promozione è prioritaria. «La situazione epidemiologica in cui ci troviamo oggi – conclude la pediatra – è anche frutto della campagna vaccinale. Allentare le misure non vuol dire che non si debba più ricorrere ai vaccini».
di Francesca Morelli