Aumenta del 7% il numero di nuovi casi all’anno di melanoma, il più pericoloso tumore della pelle. In compenso si registra un calo nei giovani sotto i 35 anni, per un evidente aumento della consapevolezza di questa malattia e la diffusione di buone abitudini di protezione solare nei confronti dei bambini da parte dei genitori. Lo confermano recenti studi dell’Associazione Italiana Registri Tumori, presentati in occasione del Congresso nazionale di Firenze promosso dall’Intergruppo Melanoma Italiano (IMI) in corso fino al 2 ottobre.
«Bisogna evitare facili trionfalismi, ma possiamo ammettere che il melanoma oggi potrebbe fare meno paura rispetto al recente passato», puntualizza il dottor Emanuele Crocetti, epidemiologo e past-president dell’Associazione Italiana Registri Tumori. «Grazie alla combinazione di un continuo miglioramento delle strategie terapeutiche e di un crescente aumento delle diagnosi precoci, la sopravvivenza a cinque anni ha raggiunto l’87% e il dato sale a oltre il 90% tra la popolazione italiana under 45. Rimane comunque un tumore particolarmente insidioso, che colpisce ogni anno più di 14.900 uomini e donne».
«Oggi siamo in grado di garantire buone prospettive ai nostri pazienti», aggiunge il dottor Corrado Caracò, del Dipartimento Chirurgia del Melanoma e dei Tumori cutanei dell’INT “Fondazione Pascale” di Napoli. «La chirurgia rimane il trattamento di elezione contro il melanoma, soprattutto negli stadi iniziali della malattia. Siamo in grado di svolgere interventi mirati e meno invasivi rispetto al recente passato».
«Allo stesso modo le nuove cure, come l’immunoterapia e le terapie target, hanno portato benefici a lungo termine a oltre la metà delle persone colpite da questa forma di cancro in fase avanzata e a una significativa riduzione delle recidive nei pazienti ad alto rischio operati radicalmente», sottolinea Mario Mandalà, professore di Oncologia Medica dell’Università di Perugia Ospedale S. Maria della Misericordia.
«Raccomandiamo comunque a tutti una visita di controllo con uno specialista dermatologo», ribadisce Ignazio Stanganelli, Presidente IMI, professore dell’Università di Parma e direttore della Skin Cancer Unit IRCCS IRST Istituto Tumori Romagna. «In particolare chi ha una cinquantina di nei sulla pelle dovrebbe controllarli periodicamente, almeno una volta l’anno. Non per forza un neo si trasforma in cancro, ma deve esserne monitorata l’evoluzione per arrivare eventualmente a una diagnosi precoce di malattia. Per questo bisogna intervenire sul medico di famiglia per aiutarlo nella selezione della popolazione a rischio e delle lesioni sospette da inviare al dermatologo».
Al congresso di Firenze sono stati presentati gli ultimi progetti di tele-dermatologia promossi dall’IMI. «Recentemente abbiamo avviato MelaMed (Melanoma Multimedia Education)», prosegue Stanganelli. «È un’iniziativa a carattere nazionale che si pone l’obiettivo di formare il medico nella prevenzione primaria e secondaria del melanoma cutaneo. Vuole inoltre fornire la relativa conoscenza delle basi essenziali dell’intero percorso diagnostico terapeutico del paziente. Si avvale della piattaforma on line www.imi-melamed.it, che presenta un’area di attività educazionali e un corso in Formazione a Distanza, con crediti ECM, patrocinato dalla Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (FNOMCeO). La piattaforma costituisce anche una biblioteca virtuale, con un atlante multimediale di rapido accesso e facilmente consultabile, corredata di tutti i capitoli fondamentali sulla patologia».
«La condivisione per via telematica delle immagini in dermatologia, come quella promossa con il progetto Melamed, è utile nella collaborazione tra medico di medicina generale e specialista», aggiunge Patrizia Re, Medico di medicina generale dell’AUSL Romagna. «La Formazione a distanza del progetto contribuirà inoltre a un approfondimento professionale che porterà a migliorare l’appropriatezza diagnostica e una più rapida presa in carico del paziente con sospetto onco-dermatologico».
«Sempre come IMI, con il coordinamento della professoressa Paola Ghiorzo dell’Università di Genova, stiamo promuovendo il progetto di teleconsulenza genetica», sottolinea il professor Giuseppe Palmieri dell’Università di Sassari e Direttore della Genetica dei Tumori del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). «Forniamo a specialisti un percorso on line al fine d’individuare i pazienti con criteri di accesso a test genetici per la diagnosi di melanoma ereditario o di condizioni sindromiche in cui la neoplasia possa essere un segno clinico oncologico associato».
«Infine, abbiamo avviato un progetto sperimentale di consulenza diagnostica istopatologia», conclude la professoressa Daniela Massi dell’Università di Firenze e Direttore del Servizio di Anatomia Patologica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Careggi. «Attraverso la nostra piattaforma di Second Opinion offriamo ai clinici della rete IMI uno strumento di supporto decisionale per tumori melanocitari atipici e forme rare di melanoma finalizzato a rendere omogeneo il percorso di cura nei casi di elevata complessità e rara osservazione tenendo conto della specificità del singolo paziente».
Buoni risultati del farmaco nivolumab per scongiurare le recidive
Risultati incoraggianti si sono ottenuti dallo studio di fase 3 CheckMate-76K che ha valutato l’utilizzo del farmaco nivolumab in monoterapia nei pazienti con melanoma in stadio II B/C completamente asportato: questo farmaco, utilizzato negli stadi iniziali del tumore, ha dimostrato un beneficio statisticamente e clinicamente significativo della sopravvivenza libera da recidiva rispetto a placebo. «I pazienti con melanoma di stadio IIB/C sono a rischio elevato di recidiva, con circa un terzo dei pazienti di stadio IIB e metà di stadio IIC che vanno incontro a recidiva entro cinque anni dall’intervento chirurgico. I risultati dello studio CheckMate -76K rappresentano un progresso significativo per i pazienti con questo tipo di melanoma», afferma Gina Fusaro, PhD, responsabile del programma di sviluppo melanoma, di Bristol Myers Squibb. «La recidiva è un evento che cambia la vita delle persone con il cancro. Il trattamento con nivolumab nelle fasi iniziali di malattia, quando il sistema immunitario può essere più reattivo, potrebbe potenzialmente prevenire la recidiva, un obiettivo fondamentale per migliorare l’outcome dei pazienti».
di Paola Trombetta