Senso di affanno e dolore al petto quando si cammina: per non parlare di quando si corre e della fatica per salire le scale. La causa? Potrebbe essere l’alterata funzionalità del microcircolo a livello cardiaco, un disturbo che interessa soprattutto le donne e può portare ad angina pectoris e, nei casi estremi, anche a forme di scompenso cardiaco, una patologia in aumento nel sesso femminile, in particolare dopo la menopausa. Ne hanno parlato, tra i tanti argomenti affrontati, gli specialisti cardiologi in occasione dell’annuale Congresso “Conoscere e curare il cuore”, promosso dal Centro per la Lotta contro l’Infarto, che si è da poco concluso a Firenze.
«Secondo una definizione di recente accolta dalla Comunità internazionale, l’alterata funzionalità del microcircolo (Coronary Microvascular Dysfunction, CDM) potrebbe essere responsabile di angina, anche in assenza di stenosi significative», conferma il professor Francesco Prati, presidente del Centro per la Lotta contro l’Infarto, attualmente direttore del Dipartimento cardiovascolare dell’Azienda ospedaliera San Giovanni Addolorata di Roma e promotore del Convegno di Firenze. «Questo accade perché a mano a mano si chiudono i piccoli vasi che circondano il cuore e generano spasmi, senza tuttavia provocare stenosi delle coronarie. E ciò impedisce, nella maggior parte dei casi, che venga causato un infarto del miocardio. Sono comunque in corso studi per valutare la correlazione tra l’alterata funzionalità del microcircolo e l’insorgenza di infarto. È invece molto probabile che, se il disturbo prosegue nel tempo senza essere curato, potrebbe causare ispessimento delle pareti del cuore, con conseguente cardiomiopatia ipertrofica e scompenso cardiaco».
Quali esami o accertamenti vanno eseguiti in questi casi? «Il primo approccio diagnostico è l’ecocolordoppler, la metodica più immediata e a basso costo», precisa il professor Prati. «Lo stato funzionale del microcircolo si può indagare anche mediante Risonanza Magnetica Cardiaca (RMC) per individuare la presenza di eventuali ostruzioni. L’indagine tramite Tomografia ad Emissione di Positroni (PET), per la sua capacità di quantificare in maniera affidabile il flusso sanguigno, rappresenta attualmente il “gold standard” tra le metodiche di imaging per lo studio del microcircolo, anche se viene limitata dal costo elevato e dalla scarsa disponibilità. Una volta individuata questa patologia del microcircolo, si possono utilizzare con successo farmaci vasodilatatori per migliorare la circolazione ed evitare rischi peggiori».
«In particolare, durante la pandemia di Covid, si sono registrati casi di microtrombi a livello cardiaco, in soggetti che avevano probabilmente già una patologia del microcircolo, e questo ha provocato la comparsa di miocarditi, il cui incremento è stato evidente durante la pandemia», aggiunge la professoressa Eloisa Arbustini, direttore del Laboratorio di Diagnostica molecolare e Patologia cardiaca e dei Trapianti della Fondazione IRRS Policlinico San Matteo di Pavia. «Sempre in epoca pandemica si sono registrati ritardi diagnostici e mortalità per infarto superiore alla media degli anni passati, a causa del mancato ricorso al Pronto Soccorso, nonostante i dolori e la sintomatologia cardiaca evidente. A volte abbiamo visitato pazienti che si erano rivolti al pronto Soccorso dopo 40/50 ore dai sintomi acuti, per i quali è invece necessario correre nel più breve tempo possibile».
Durante il convegno sono stati affrontati tantissimi temi, come l’aumento di malattie cardiovascolari legate all’inquinamento atmosferico, l’importanza di un’indagine genetica (Poligenic Risk Score) anche nelle patologie cardiovascolari, soprattutto in età giovanile, il legame tra la comparsa di demenza nelle persone con fibrillazione atriale, una malattia anche questa prevalente nelle donne. «È documentato il rischio che, nei pazienti con Fibrillazione atriale, si possano staccare microtrombi in grado di migrare nel cervello, causando la comparsa di deficit cognitivi», puntualizza la professoressa Arbustini. «Per questo l’utilizzo di terapie anticoagulanti, in chi soffre di fibrillazione atriale, potrebbe scongiurare o quanto meno rallentare la comparsa di demenza senile».
Molto dibattuto anche il tema della Terapia Ormonale Sostitutiva TOS, in menopausa, e della correlazione con il rischio cardiovascolare. «Occorre personalizzare queste terapie e somministrarle alle donne che hanno effettivamente problematiche, come le vampate, che possono davvero peggiorare la qualità di vita. Se presa subito, appena la donna va in menopausa, la TOS potrebbe contribuire a mantenere integra la salute arteriosa: l’interruzione brusca degli estrogeni endogeni potrebbe infatti aumentare il rischio di trombosi. Le vampate sono il segno evidente di un disequilibrio circolatorio e possono accentuare l’infiammazione a livello dei vasi sanguigni. Su questo la TOS potrebbe agire efficacemente e ridurre l’infiammazione. Ritengo comunque fondamentale che ci sia un consulto congiunto tra il ginecologo e il cardiologo nella presa in carico della donna in menopausa per riuscire a personalizzare al meglio la cura, senza però cadere nell’eccesso opposto di una terapia come la TOS che vada bene indistintamente per tutte».
di Paola Trombetta